Dopo la lettera-denuncia (firmata ma con richiesta di anonimato) giunta qualche giorno fa in redazione, dal titolo “Impianti sportivi, l’indifferenza del Coni e quel progetto dimenticato”, e dopo la successiva replica di Katia Arrighi, attuale delegato Coni, non si arresta il dibattito nel e sul mondo mondo sportivo comasco. Oggi riceviamo e volentieri pubblichiamo una terza opinione, quella di Marco Botta, ex delegato sempre del Coni.
Gentile Comozero,
leggo con una certa amarezza, tra commenti su Facebook e le pagine del Vostro sito, recenti affermazioni parecchio confuse dell’attuale delegato CONI di Como che, pur senza mai nominarmi esplicitamente, mi attribuisce affermazioni mai fatte e oltremodo imprecise.
Nutro un profondissimo rispetto per l’istituzione CONI e per chi al suo interno vi lavora, avendo avuto tra l’altro l’onore di rappresentarLa per quattro anni sul nostro territorio, ed avendo a sua volta mio padre presieduto il comitato provinciale per quasi 30 anni, e per questo motivo mi sono sempre astenuto da qualsiasi commento, ed avrei continuato a farlo anche in questo caso.
Siccome però l’attuale delegata provinciale, nel replicare alla lettera di un vostro lettore, peraltro confondendo palazzetto dello sport e campo di atletica, contesta all’anonimo dirigente il fatto di aver ricordato mio padre (per fargli dei sinceri apprezzamenti, del quale lo ringrazio), quando appena prima la stessa delegata ne rivendica una presunta familiarità, sapendo di non poter essere eventualmente smentita, con l’evidente scopo di legittimare e rafforzare le proprie parole, allora mi vedo costretto a chiarire le numerose inesattezze riportate.
Mi riferisco in particolare alle seguenti affermazioni:
il CONI avrebbe perso tempo a proporre “progetti faraonici su una proprietà non CONI”;
“i proprietari hanno deciso che quel progetto ( non richiesto ) non fosse idoneo”;
il CONI non ha nessuna competenza sul “Campo CONI”.
Sul fatto che il lavoro svolto dal CONI provinciale relativamente all’area sportiva di Muggiò (che comprende, tra impianti funzionanti e dismessi: piscina olimpica, palazzetto, campo di atletica, campo di calcio / rugby, pista di pattinaggio, campi da tennis) fosse inutile, mi permetto di dissentire totalmente.
Quando abbiamo iniziato questo cammino, insieme ad un gruppo di società sportive di varie discipline che aveva deciso di rispondere positivamente all’idea, ci eravamo posti due obiettivi in merito a tre impianti che ritenevamo fondamentali per il territorio: piscina olimpica, palazzetto dello sport, e “campo CONI” di atletica.
Il primo, minimo, era quello di dotare la città di uno studio di fattibilità che raccogliesse le istanze delle società sportive del territorio, traducendole in una proposta di intervento le cui linee principali erano state fin da subito condivise con il Sindaco e l’Assessore allo Sport in carica, in modo che la città potesse, al presentarsi dell’occasione, partecipare a bandi o richieste di finanziamenti.
Il secondo obiettivo, molto più ambizioso, era quello di provare a sostenere un gruppo di società sportive del territorio affinché, mettendosi in pool, potessero farsi carico del progetto di intervento e, unendo le forze, ambire ad assumersi la gestione del nuovo centro sportivo, eventualmente coinvolgendo, in una fase successiva, professionisti della gestione di centri sportivi che avessero reputato opportuni. Vedevamo quale compito del CONI quello di supportare le società sportive in questo percorso difficilissimo, ma che avrebbe potuto svincolare il futuro dell’impiantistica sportiva comasca dalle disponibilità sempre più limitate della finanza pubblica locale.
La Giunta del Comune di Como n. 190 del 24 maggio 2017 ha deliberato di presentare a Regione Lombardia, nell’ambito del “Patto per la Lombardia”, una richiesta di finanziamento per 6,9 milioni di euro, di cui poi circa la metà effettivamente concessi, per il rifacimento del Palazzetto di Muggiò. “Di particolare interesse ed ispirazione è stato lo studio presentato all’amministrazione comunale dal delegato provinciale del CONI”, recita il documento di fattibilità allegato alla delibera.
Tradotto, significa che il nostro primo obiettivo era stato raggiunto: la disponibilità di uno studio di fattibilità ha consentito alla città di partecipare, con esito positivo, ad una importante possibilità di finanziamento regionale.
Quindi il progetto non era affatto “non richiesto” e non era “non idoneo”: era stato condiviso con l’amministrazione comunale fin dall’inizio, ed ha avuto un ruolo importante per l’ottenimento di importanti finanziamenti per il Comune. Se questo significa perdere tempo in lavori non richiesti e non idonei, spero di continuare a sbagliare in molte altre occasioni.
Rimane il secondo obiettivo, assolutamente non incompatibile con l’attuale situazione, ma, anzi, facilitato dalla possibilità di accedere ai fondi regionali, se si avesse la volontà di continuare a perseguirlo.
Nella nostra visione, compito del CONI era quello di accompagnare e supportare le società sportive nello svolgere la loro attività, laddove queste ne avessero bisogno. E, nello specifico, credo sia evidente a tutti che, nella città di Como in particolare, le società sportive necessitino di supporto per trovare nuove modalità di gestione degli impianti sportivi, la cui situazione è a dir poco drammatica, senza dover più dipendere dalle disponibilità finanziarie e dai tempi della pubblica amministrazione. Così potranno anche “cambiare in autonomia le lampadine” senza dover chiedere il permesso a nessuno.
Se non per occuparsi di questi problemi, a cosa servirebbe il servizio –gratuito- di consulenza in materia impiantistica ed in materia fiscale del CONI?
Dice il delegato CONI che non si possono proporre progetti in casa d’altri? Ignora, così come i suoi evidentemente mal consigliati clienti/dirigenti intervenuti in suo supporto, almeno un paio di fattori:
Il vigente Piano di Governo del Territorio del Comune di Como, definitivamente approvato con la procedura di “variante al PGT” dal Consiglio Comunale l’11/07/2016, prevede espressamente nella “Relazione di variante”, all’art. 2.3, la volontà di attivare le procedure ad evidenza pubblica e/o di partenariato pubblico/privato per riqualificare la Piscina di Muggiò e lo Stadio Sinigaglia, mentre all’art. 8, oltre a ribadire lo stesso concetto per entrambi gli impianti sportivi, si prevede la possibilità di insediare destinazioni d’uso complementari (commerciali e terziarie) per favorire tali interventi.
Ed ancora, l’articolo 23 – Attuazione del Piano dei servizi, al comma 5 recita “La valorizzazione e la riqualificazione anche funzionale degli ambiti relativi allo stadio Sinigaglia ed al Palazzetto di Muggiò potrà essere conseguita anche mediante procedure ad evidenza pubblica e/o di partenariato pubblico/privato, con la possibilità di insediare destinazioni d’uso complementari ed integrative dei servizi e delle attrezzature di uso pubblico, interesse pubblico o generale, quali le destinazioni terziarie, turistico-ricettive e commerciali (esercizi di vicinato, esercizi pubblici e medie strutture di vendita) dedicate e funzionalmente connesse.”
L’art.15, comma 1, del D.L. 25 novembre 2015, n. 185 prevede che le Associazioni o Società Sportive Dilettantistiche (ASD e SSD) senza fini di lucro possano presentare agli enti locali, sul cui territorio insiste l’impianto sportivo da rigenerare, riqualificare o ammodernare, un “progetto preliminare” accompagnato da un “piano di fattibilità economico finanziaria” per la rigenerazione, la riqualificazione e l’ammodernamento e per la successiva gestione con la previsione di un utilizzo teso a favorire l’aggregazione sociale e giovanile.
Se gli enti locali riconoscono l’interesse pubblico del progetto affidano la gestione gratuita dell’impianto all’associazione o alla società sportiva per una durata proporzionalmente corrispondente al valore dell’intervento e comunque non inferiore a cinque anni.
Quindi, anzitutto, se è vero che generalmente non si fanno progetti in casa d’altri, non è assolutamente vero che soggetti privati non possano di propria spontanea iniziativa proporre interventi su impianti sportivi comunali: anzi, è espressamente previsto, e direi auspicato, tanto dalla normativa nazionale quanto dal PGT comunale.
Così come, se è vero che il Comune non ha un obbligo di mettere a bando la gestione degli impianti sportivi, potendo decidere di gestirli in proprio e limitarsi ad affittarli alle società sportive, è anche vero che le società sportive, ai sensi della L. 185/2015, possono farsi promotrici in proprio di progetti di recupero, senza alcuna sollecitazione dal Comune, il quale, anzi, ai sensi della L. 147/2013 (comunemente nota come “Legge sugli stadi”) ha tempi molto stringenti per valutare tanto il pubblico interesse di un intervento su impianti sportivi (90 giorni) quanto, successivamente, la pubblica utilità (120 giorni).
Quindi, volendo, si può. Poi si può anche decidere di non volere, ma questa è una scelta strategica di cui bisogna anche assumersi la responsabilità, e magari non lamentarsi se, in una struttura a gestione pubblica, “non ci è permesso cambiare in autonomia nemmeno le lampadine”.
Ultimo punto: la delegata dice che il campo CONI non è del CONI, e quindi non ha nessuna competenza in merito. Ignora però alcuni aspetti importanti:
Il campo Coni, o più correttamente “campo sportivo scolastico CONI”, è stato costruito, in virtù di apposita convenzione, nel 1957 su terreni di proprietà Comunale dal CONI con finanziamenti del ministero dell’Istruzione pubblica (attuale MIUR);
Nel 1980 è stata firmata una nuova convenzione tra Comune, CONI e MIUR, con cui il provveditore agli studi ha restituito il campo sportivo al Comune, il quale si è fatto carico della gestione, con compiti condivisi con CONI e MIUR;
La convenzione prevede infatti importanti ruoli per il CONI provinciale, tra cui, in particolare, il potere (e quindi il dovere) di verificare in qualsiasi momento sia le condizioni sia la destinazione d’uso dell’impianto, per il quale è previsto come primario l’utilizzo da parte delle scuole (statali e non statali) del territorio per lo svolgimento di attività sportiva scolastica e para-scolastica;
Vi erano contatti in corso tra CONI, ufficio di educazione fisica dell’ufficio scolastico, e Comune per giungere ad un rinnovo della convenzione del 1980, vecchia ormai di quasi 40 anni e bisognosa di adeguamenti, visti anche i mutati poteri territoriali di CONI ed ex provveditorato agli studi, ora ufficio scolastico. Deduco che sia stato tutto abbandonato.
Quindi dire che il CONI “non ha competenza alcuna” relativamente al Campo CONI credo sia, come minimo, una visione estremamente superficiale della realtà, se non, ben più grave, un rifuggire dalle proprie responsabilità e propri compiti istituzionali.
Concludo: senza nulla togliere al non facile lavoro fin qui svolto dall’Ass. Galli e da tutti i suoi collaboratori dell’assessorato allo sport, il rifacimento del Campo Coni è stato deliberato e appaltato dalla precedente amministrazione comunale, presieduta dal Sindaco Lucini.
L’assessore Galli, che è persona di sicura competenza in ambito sportivo, per svolgere al meglio il suo incarico non penso abbia bisogno di appropriarsi dei meriti (o demeriti) di delibere altrui, né di un CONI ridotto al ruolo di tifoso in preda a spudorata partigianeria politica, ma di una silenziosa e leale collaborazione per provare a sostenere le società sportive e soddisfare, ove possibile, le loro esigenze.
Cordialmente,
Marco Botta