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Ha senso uno sport dove l’obiettivo è il dolore dell’altro? Ricordate Muhammad Alì ad Atlanta? Ecco perché la boxe va abolita, almeno dalle olimpiadi

Tutta Italia, ma cosa dico, tutto il pianeta si è interrogata quest’estate chiedendosi se la pugile Carini avesse dovuto incrociare i guantoni con l’algerina Khelif o al contrario ritirarsi subito. Anzi, si incolpa il CIO, il comitato olimpico, per non aver impedito a una pugile con tanto testosterone di battersi con altre dotate maggiormente di altri ormoni.

Crediamo invece che la domanda corretta sia: è giusto, anzi, è normale uno sport che ha come obiettivo un partecipante che debba far male e abbatterne un altro? Possibilmente colpendogli/le la faccia? Diciamola tutta: se si mira al “knock down”, cioè atterrare, è tramite un trauma al cervello che tolga per un attimo, o per sempre, i contatti con il midollo spinale e quindi faccia cadere l’avversario.

Vi sembra un risultato sportivo cui ambire o un gesto di aggressività censurabile? Beh, c’è la cintura, non si può colpire sotto la stessa per evitare conseguenze, e tra le donne ci sono altre aree del corpo protette dai pugni.

La faccia no, invece, dagli sotto allora, rovinagli/le il naso, le labbra, gli occhi e il contenuto cranico. Conseguenze? Nell’immediato un pugno in faccia può creare strappamento di arterie e vene posizionate tra il cranio e le meningi o tra queste e il cervello o dentro lo stesso: ematomi epidurali, sottodurali acuti e cronici, emorragia subaracnoidea e financo intraparenchimale, cioè all’interno del tessuto cerebrale. Ma no, dai, hanno i guantoni che attenuano i colpi, e i dilettanti si mettono anche i caschetti. Beh, chiedetelo, se li trovate in giro, agli oltre 500 morti nell’ultimo secolo di boxing (dati ufficiali, metteteci poi gli incontri clandestini).

Ma poiché non tutti per fortuna muoiono, andate a vedere quelli che sono sopravvissuti all’ emorragie cerebrali elencate sopra. Ma non ci sono solo paresi, carrozzine, letti di degenza, afasie e deficit neurologici focali vari. Chi ha conosciuto Muhammad Alì, la libellula che saltava sul ring di Kinshasa il 30 ottobre 1974 contro George Foreman (“Ali bomaye” gridavano, cioè “Ali uccidilo”, a proposito di sport appunto) in “The Rumble in the Jungle”, l’ha poi riconosciuto ad Atlanta 1996 accendere a fatica il braciere olimpico? Da libellula danzante a uomo rigido e tremante per effetto della “punch drunk syndrome”, l’encefalopatia traumatica cronica dovuta a ripetuti traumi cerebrali (i pugni ricevuti in faccia appunto). E non esiste una statistica ufficiale a tale riguardo, cioè quanti pugili, che non sono morti o si sono ammalati prima, hanno sviluppato questa condizione 20-30 anni dopo.

È quindi uno sport? È uno sport accettabile o è una barbarie cercare di fare del male a un altro tuo simile? “Mi ha fatto male, mi ha fatto troppo male” frignava la pugile italiana sotto i colpi dell’algerina. E che cosa si aspettava? Delle carezze? Se al posto della presunta transgender ci fosse stata una corpulenta filippina o una montagna di muscoli Maori sarebbero stati più sopportabili i colpi? Con gli anni cambiano le sensibilità della popolazione e i suoi valori sociali, è possibile immaginare ancora uno sport che ha come obiettivo, ripeto, non come effetto collaterale, il male dell’avversario, e con questo le possibili conseguenze patologiche a breve e a distanza di tempo che abbiamo sopra elencato? Allora vediamo se qualcuno ci segue: basta boxe, o per lo meno mai più nel nome dello sport olimpico.

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5 Commenti

  1. Perché ha un senso la caccia come hobby, divertimento, o passione come definita dai trogloditi praticanti, infliggere dolore fisico e morte, previa angoscia e terrore ed estremo stress psicologico, ad essere viventi senzienti e sofferenti, con pratica vigliacca e codarda della abnorme sproporzionalitá tra i due contendenti?

  2. Non che la boxe sia l’unica attività a mostrare questi problemi, però appunto ho sempre faticato molto a “digerire” questo sport.
    Non è difficile, anzi è auspicabile, che il mondo (occidentale forse, in primo luogo) abdichi a questa attività sportiva.

  3. Perché non abolire anche: automobilismo, motociclismo, alpinismo, sci, nautica, lavori pericolosi, cibi cancerogeni, stili di vita pericolosi, stress……..

    1. perché nell’automobilismo lo scopo è arrivare primo al traguardo, non coprire di pugni un avversario cercando di procurargli una commozione cerebrale.

    2. La differenza è che negli sport e nelle attività citate il fine non è l’abbattimento dell’avversario ma eventuali danni sono incidentali e non voluti. Detto questo non lo so, gli sport da combattimento ci provengono addirittura dalle olimpiadi dell’ antica Grecia e sono insiti nell’essere umano. È vero che la boxe può provocare danni più gravi rispetto alla lotta greco-romana, ma non sono convinto sulla sua abolizione.

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