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Punti di vista

I musei di Como sono una noia mortale. E odiano gli stranieri

Tutti a urlare allo scandalo per i Musei Civici chiusi il giorno di Pasqua (che poi a Pasquetta, Giornata Mondiale della Gita Fuori Porta, hanno fatto la miseria di poco più di 300 ingressi, tanto per intenderci, e addirittura meno il 25 Aprile e 1 Maggio) e io chiedo: ma quando è stata l’ultima volta che ci siete entrati?

Di vostra spontanea volontà intendo, non in fila per due in gita alle elementari, troppo facile. E come ne siete usciti? Pensando “Caspita che meraviglia!” o “Vabbè dai. Si va a prendere un gelato ora?”? No perché detto tra noi, e qui la mia laurea prenderà fuoco nel cassetto, i musei di Como sono una noia mortale.

Pinacoteca Civica di Como – Ph© visitcomo.eu

E odiano i turisti stranieri. Non aggiungerò una parola sul Tempio Voltiano perché è come sparare sulla Croce Rossa. Ma immaginatevi un turista, o anche solo un comasco, che decidesse di andare oltre i luoghi comuni e offrire una chance al termine “museo”. Che, abbinato all’aggettivo “archeologico”, forma in mix potenzialmente letale, soporifero, che sa già di noia, polvere e “chi me l’ha fatto fare”. E’ vero, non siamo i Musei Vaticani, ma due o tre cosette di tutto rispetto (e anche di più) le abbiamo anche noi, diciamolo.

Tempio Voltiano – Ph© Carlo Pozzoni Fotoeditore

Ma si vede che siamo gentili e non ci piace distruggere le certezze del visitatore riguardo al connubio “museo = noia”, e quindi? Audio guide in diverse lingue? Ma và! Avanti con i reperti affiancati da numeretti che rimandano a didascalie rigorosamente solo in italiano, mi raccomando, che rimandano a loro volta a pannelli appesi ai muri (in italiano anche loro, sia mai!) e ricostruzioni grafiche che, nell’era del digitale e del virtuale, appaiono quasi contemporanee agli oggetti esposti.

Capolavori assoluti in Pinacoteca, qui Antonio Sant’Elia – Ph© Credit visitcomo.eu

Il tutto in splendide sale di uno splendido palazzo di cui non è dato sapere niente, un puro contenitore e amen. E se sei straniero? Un ciclostilato in inglese da leggere e restituire in ogni sala e stop. Ho reso l’idea?

“Vabbè l’archeologia è più roba per le scuole”, penserete. Come no! Provate a tenere inchiodati alle vetrine venti ragazzini abituati alla multimedialità e a fargli capire che la ricostruzione del volto della mummia, i cui passaggi sono tenuti chissà perché segreti, è stato un processo fighissimo e non il gioco, anche un filo inquietante, di un archeologo con la passione per il Didò. Un’impresa al limite tra Indiana Jones e Giucas Casella.

Altro gioiello di Palazzo Volpi: Mario Radice – Ph@ credit visitcomo.eu

“Si – direte – ma la Pinacoteca sarà tutto un altro pianeta, no?” No, è pure peggio! Prendiamo la sezione dedicata ai Razionalisti ad esempio. Dovrebbe esserne il fiore all’occhiello e invece non ha nemmeno i ciclostilati in inglese ma solo in italiano. Si salva solo la sala dedicata a Sant’Elia, realizzata grazie al contributo del Rotary. Peccato che abbia un video su due fuori uso.

E davvero pensate che la gente vada a visitarli così? Non sono mica il lago, che è bello di suo anche (o meglio ancora) se noi non facciamo niente. La gente nei qui devi portarcela conquistandola. E quindi? Di chi è la colpa? Di certo non è dei musei, che sono pieni di tesori semisconosciuti persino ai comaschi e meriterebbero di essere ripensati, valorizzati, modernizzati, trasformati in un luogo affascinante e sorprendente in dialogo con la città.

E chi deve farlo? Già, chi? Perché se il patrimonio culturale di Como è come una Bella Addormentata (praticamente in coma a dire la verità), scordatevi che per svegliarla dal sonno in cui è caduta da anni basti un solo principe qualsiasi: serve un esercito di principi, ma principi “con le palle” (ops! Si può dire?). Qui non basta la buona volontà ma servono figure molto competenti a tutti i livelli e un progetto politico e tecnico basato su una vera conoscenza e su una visione globale del patrimonio della città.

A meno di pensare alla cultura solo come a un calendario di eventi temporanei. E che le grandi mostre siano l’unico metro di giudizio per valutare il lavoro di un’Amministrazione. Mentre “fare cultura”, nei musei ma anche nei percorsi cittadini, dovrebbe essere qualcosa per cui tutti i giorni valga la pena rinviare di qualche ora la battellata o allungare di qualche metro il giro in centro per vedere cosa ha da raccontare di se stessa questa bellissima principessa addormentata sulle rive di un bellissimo lago. E vissero tutti felici e contenti.

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2 Commenti

  1. Sono passati più di traent’anni da quando aprii la galleria a Milano e chiusi quella di Como. In questa esposi grandi mostre personali di Radice, Terragni e tanti altri. Vedo che la stessa inedia di allora si perpetua oggi. Forse peggio. Che peccato. Como merita di più.

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