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Punti di vista, Sanità

Indennità per medici e infermieri di confine: bene, ma i soldi da soli non bastano. Ecco perché

Ben venga la recente decisione di Regione Lombardia di assegnare un’indennità di confine agli operatori sanitari, soprattutto della provincia di Como (ne parlavamo qui), tentati dai ricchi stipendi svizzeri. In attesa di conoscere i dettagli dell’intesa, ma soprattutto della cifra da mettere sul piatto, mi preme, da antico frequentatore di ambienti ospedalieri, elencare ai lettori quali sono i motivi che spingono un medico specialista a rimanere, o al contrario scappare, dal nosocomio dove lavora. Possiamo riassumerli in tre, anzi quattro linee di indirizzo. La prima, ma non per importanza, è la leva economica. Quando ai congressi internazionali confrontiamo i nostri stipendi non solo con i colleghi elvetici, ma anche tedeschi, francesi, persino spagnoli, ci sentiamo dei morti di fame. Quindi, se un centro clinico ticinese offre tre volte la cifra base, è probabile che ci tremino i polsi.

Ma è forse più importante la motivazione professionale. Direi la più rilevante per quanto riguarda i medici. Studiamo tanto perché vogliamo curare i nostri malati, guarire la gente, cambiare, nel nostro piccolo, il mondo. Spesso la struttura gerarchica ospedaliera non ci consente di farlo come vorremmo noi. Primari che operano solo loro, o consentono di farlo solo ai loro preferiti, carriere bloccate, limitate. Direttori che impongono linee guida bollite o desuete. Se volete trattenere nei vostri reparti un bravo medico dategli autonomia, non strozzatelo. Terza azione: qualsiasi lavoratore si porta dietro i propri guai familiari. Sono balle quando ti dicono: i problemi personali restano fuori dall’ambiente di lavoro.

Eccome se ci entrano. Quindi si tratta di offrire orari, turni di lavoro, guardie, reperibilità, ritagliate per ogni professionista. Certo, è difficile accontentare tutti, ma a ben guardare c’è chi ha bisogno del fine settimana per stare con i figli mentre altri hanno bisogno di giorni feriali per portare cure ai vecchi genitori. Insomma, ogni lavoratore va seguito, dal proprio manager-direttore, e “fidelizzato” alla struttura sicuramente con la leva economica, ma anche con le altre azioni che ne migliorino la qualità del proprio lavoro. Ultimo, ma non per importanza, il bisogno di “sburocratizzare” il lavoro sanitario. Ma sapete che per dieci minuti passati con il malato, ne servono poi almeno venti per compilare referti, certificati, lettere, piani terapeutici, moduli, ricette, denunce e altre cartacce (anche se elettroniche)? Ottima l’indennità, ma per essere competitivo l’ospedale deve essere globalmente più attraente perché non si scappi.

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