Nemmeno a farlo apposta, nella homepage di ComoZero trovate proprio in queste ore un’intervista ad Attilio Terragni che diceva testualmente queste parole: “Como non è all’altezza del suo passato. Non è semplice esserlo, a Gorgonzola sarebbe più facile, è vero. Ma se dal Dopoguerra a oggi forse soltanto l’ex sindaco Lino Gelpi potrebbe rivendicare quel ruolo, un problema in questa città esiste”.
Attilio flagello: Terragni cattivissimo Bane, e le tenebre culturali che avvolgono Como
Il discorso era più ampio e riguardava il rischio stagnazione culturale del capoluogo. E non citare almeno Antonio Spallino tra i grandi sindaci di Como dal ’45 a oggi, più che un filo ingeneroso.
Ma oggi, sulla scorta di quella citazione e con la segnalazione sconfortata e venata di arrabbiatura di una personalità della cultura e dell’amministrazione come Barbara Minghetti sulle indecorose condizioni in cui versa una delle opere più importanti volute proprio da Gelpi con forza e lungimiranza, ovvero la Passeggiata a lago ad egli intitolata, si apre lo spazio per una piccola riflessione.
Il punto specifico, che grazie alle immagini ricevute qualche giorno fa da un altro cittadino già avevamo trattato anche con amaro sarcasmo nell’articolo “Questo è un pezzo di Como. Cosa succede? Caro lettore, se lo riconosci vinci un premio”, è la condizione di Eterna Tenebra che avvolge la passeggiata che unisce la cittadella razionalista con Villa Olmo. Un buio lugubre, nerissimo, che peraltro proprio da oggi, con l’ora solare, inizia prestissimo, rendendo infida, insicura, pericolosa la camminata.
Ma c’è qualcosa di persino più grave – almeno sul piano simbolico – dell’insicurezza in cui una tale situazione getta i cittadini in uno dei suoi angoli potenzialmente più prestigiosi, pregiati e celebri.
C’è l’affronto a Lino Gelpi, sindaco effettivamente leggendario in carica dal 1956 al 1970 e capace – pensate – di sfidare per un fine superiore, ovvero il bene della città e la sua prospettiva turistico-paesaggistica ben prima delle urgenze emerse oggi, i proprietari dei terreni che vennero espropriati con inevitabile vulcano di polemiche, contestazioni, accuse.
Gelpi tolse a ricchi proprietari – comprensibilmente sbigottiti e furiosi – piccoli pezzi dei loro giardini affacciati direttamente sul lago per rendere più bella la Como di tutti, per fare più felici tutti i comaschi e i visitatori dell’epoca. Il futuro, insomma, con larghissimo anticipo.
Una scelta di prospettiva, di coraggio, di sapienza politico-amministrativa. Che oggi, senza nemmeno voler gettare la croce addosso a nessuno (i guai di quella linea di illuminazione pubblica sono antichi e mal curati dal lustri), viene ignominiosamente oltraggiata con il buio sinistro che avvolge la passeggiata, la sua storia, il suo autore primo.
E allora, senza chiedere miracoli (è ovvio e comprensibile che non serva a nulla invocare bacchette magiche e che i lavori per un vero risanamento della linea richiederanno tempi e soldi) almeno il classico cerotto-tampone lo si metta subito. E se si “staccasse”, lo si rimetta. Anche cento volte, nel caso.
Per far camminare e correre sicuri i comaschi, naturalmente. E per non oscurare la storia della città e la stella di uno dei suoi più nobili artefici: Lino Gelpi.