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Maesani: “Visitai San Patrignano, non vidi catene e ceffoni. Muccioli? Carisma visionario, né santo né criminale”

“Non vidi catene né ceffoni pur sapendo che catene e ceffoni a Sanpa c’erano stati e forse c’erano ancora”. Scrive così Patrizia Maesani, avvocato comasco ed ex consigliere comunale, raccontando in un lungo post su Facebook la sua esperienza a San Patrignano.

Perché mentre c’è chi della comunità di recupero per tossicodipendenti e del suo fondatore Vincenzo Muccioli ha solo sentito parlare, letto o conosciuto grazie alla docu-serie Netflix “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano” uscita proprio in questi giorni con lunghissimo carico di discussioni e polemiche, c’è anche chi lì è entrato davvero.

“Era l’estate del 1990 e stavo preparando la mia tesi di laurea sull’affidamento ai servizi sociali dei tossicodipendenti come alternativa al carcere – spiega Maesani che abbiamo contattato per ascoltare il racconto di quell’esperienza – erano anni difficili, in cui la politica sembrava disinteressarsi del problema mentre la droga e l’Aids facevano vittime tra i giovani”.

“Una fila infinita di ragazzi e ragazze, o meglio, di quasi cadaveri – li descrive parlando del suo primo incontro con gli ospiti della comunità – i ricchi mandavano i figli eroinomani in clinica a Londra o in un kibbutz in Israele ma se eri figlio di un povero Cristo eri solo e con te era sola la tua famiglia devastata da un problema enorme. Alcuni genitori chiedevano aiuto alle forze dell’ordine denunciando i figli. Non capivano né sapevano che il carcere non era la strada per recuperare queste persone”.

E in questo quadro spettrale, l’avvocato comasco tratteggia un ritratto di Vincenzo Muccioli al quale non risparmia critiche pur riconoscendo il merito di aver sollevato con forza il velo sul problema: “Muccioli era un uomo di buona volontà ma era un autodidatta e i suoi metodi erano sicuramente discutibili anche per quanto riguarda le famiglie, tenute lontane, e per la totale mancanza di reinserimento nella società – racconta Maesani – Però non può essere massacrato e liquidato come fu fatto allora da Cuore (giornale satirico di cui era collaboratore Gianluca Neri, oggi creatore della serie Netflix SanPa Ndr). Condivisibile o meno, ha obbligato a fare i conti con un problema offrendo una soluzione al carcere e battendosi affinché venisse modificata la legge Gozzini e i tossicodipendenti venissero affidati alle comunità”.

La riflessione di Patrizia Maesani, però, non si ferma ai ricordi ma guarda il presente con la stessa lucidità: “Dagli anni ‘90 siamo ripiombati negli anni ’70 – scrive nel suo post – la solita guerra fra bande incapaci di confronto e proposta comune. Fazioni di parolai incapaci di vedere allora i morti di Parco Sempione ed ora quelli di Rogoredo. Oggi, con il ritorno alla grande dell’eroina mi attendo un film sugli errori del passato per evitare, nel presente, di ripetere ossessivamente lo stesso tragico copione, con le Comunità lasciate sole o con Comunità beneficiate dalla politica e dai soldi pubblici che invece dovrebbero esser beneficiare di provvedimenti di chiusura immediata”.

La situazione è davvero così terribile? “Decisamente sì – è la sua risposta – mi piacerebbe rivedere la politica fare qualcosa senza scaricare tutto sul terzo settore. E invece resto sconcertata nel vedere Salvini che si fa i selfie a San Patrignano così come esponenti della sinistra che vanno da don Ciotti o azioni spot come i cani antidroga nelle scuole o i raid nei boschi dello spaccio mentre servirebbe dare risposte concrete ai giovani e al vuoto esistenziale di molti di loro”.

A questo scopo, due anni fa, l’allora consigliera Maesani insieme al collega Vittorio Nessi (Svolta Civica) aveva presentato la proposta di un consiglio comunale aperto a esperti che potessero spiegare come affrontare i temi del disagio giovanile.

“Erano appena stati arrestati alcuni ragazzini di una baby gang e la nostra proposta era stata accolta con favore da maggioranza e opposizione ma poi è finita in un nulla di fatto – racconta – eppure a Como ci sono numerose realtà impegnate a favore dei giovani. Forse servirebbe una voce tonante, un nuovo don Aldo Fortunato capace di risvegliare la politica dal suo torpore prima che sia tardi”.

Di seguito il testo completo del post pubblicato da Patrizia Maesani

“Arrivare lì non era stato facile. Era prevedibile, entrare in una comunità terapeutica come tesista, per giunta sui casi di affidamento in prova alla comunità in alternativa al carcere poteva portar scompiglio o destare una certa diffidenza.

Muccioli era stato assolto definitivamente da pochi mesi dalla Cassazione (marzo 1990) mai io quel giorno di luglio mentre salivo zaino in spalla la collina che porta a Coriano, gli atti del processo li avevo letti ed avevo posto un’infinità di domande alla mia relatrice sul difficile concetto della revoca del consenso, concetto sui cui erano ruotate le tre tappe processuali.

Quella salita sembrava non finire, il sole era quello della Bassa in estate che come descriveva il buon Guareschi “picchia in testa e spacca i cervelli”. Dopo un tornante mi apparve una fila infinita di ragazze e ragazzi o meglio di quasi cadaveri. A renderli così erano l’eroina e l’Aids che in quegli anni maledetti imperversava.

Andrea al telefono mi aveva detto “vedrai un po’ di persone fuori dal cancello. Tu arriva al citofono e chiedi di chiamarmi”. Dal momento del mio ingresso fui affiancata da un cd angelo custode. Con quel nome o altri sinonimi ironici veniva chiamato l’ex tossicodipendente che affiancava il percorso delle persone sottoposte a recupero. Era mezzogiorno ed entrammo in mensa Un enorme e luminoso spazio dove sedevano 2000 persone in contemporanea.

Non vidi catene né ceffoni pur sapendo che catene e ceffoni a Sanpa c’erano stati e forse c’erano ancora. Quando incontrai Muccioli compresi che quest’uomo istrionico e carismatico aveva molto probabilmente tanti difetti ma su due cose era difficile dargli contro. Era stato fra i primi a capire che l’eroina si stava portando via una generazione, per giunta aiutata dall’Aids e che lo stato se ne stava bellamente fottendo. I ricchi mandavano i figli eroinomani negli anni 70 in clinica a Londra o in un kibbutz in Israele ma se eri figlio di un povero Cristo eri solo e con te era sola la tua famiglia devastata da un problema enorme.

Non dimentichiamo i padri o le madri che si erano uccisi. Alcuni genitori chiedevano aiuto alle forze dell’ordine denunciando i figli. Non capivano né sapevano che il carcere non era la strada per recuperare queste persone. In questo quadro desolante dove la politica a dx come a sx faceva errori madornali che servivano solo ad ingrossare la mafia e rincoglionire a botte di metadone questi ragazzi apparve lui, Muccioli.

Da alcuni definito un criminale, da altri un “patacca” da altri un Santo. Per me, arrivo quindi alla seconda cosa che riconosco a Muccioli, era un uomo con un empatia molto forte. Un visionario senza il senso del limite.

Dopo San Patrignano approdai da Don Picchi. Altri metodi, apertura versi gli psicologi, aiuto al reinserimento sociale e supporto alle famiglie. Discussi non poco con la relatrice, che me la fece pagare per le mie critiche a Muccioli sul metodo. Però nella mia tesi di laurea scrissi a chiare lettere che Muccioli non poteva esser liquidato da una brutta prima pagina di Cuore (giornale satirico di allora). Muccioli aveva capito il dramma che si stava spazzando via vite umane ed a suo mondo aveva sollevato il coperchio della pentola.

No, non guarderò Sampa ma non per altro, perché trovo inutile una cronaca di fatti decontestualizzata e volutamente di parte. Ricordo a tutte le anime belle a sinistra e destra che Muccioli, decisamente non antiproibizionista, accolse Pannella organizzando a Sampa un convegno proprio sul tema. Né Muccioli né Pannella mai si sottrassero al confronto ed al tentativo di trovare una soluzione comune, erano consapevoli che il problema esisteva e necessitava di azione preventiva e di recupero. Entrambi si batterono affinché la legge Gozzini venisse modificata e venisse data con la comunità una seria alternativa al carcere.

Dagli anni 90 siamo ripiombati negli anni 70. La solita guerra fra bande incapaci di confronto e proposta comune. Fazioni di parolai incapaci di vedere allora i morti di Parco Sempione ed ora quelli di Rogoredo.

Oggi, con il ritorno alla grande dell’eroina mi attendo un film sugli errori del passato per evitare nel presente di ripetere ossessivamente lo stesso tragico copione, con le Comunità lasciate sole o con Comunità beneficiate dalla politica e dai soldi pubblici che invece dovrebbero esser beneficiare di provvedimenti di chiusura immediata”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

2 Commenti

  1. come al solito chiara, obiettiva e senza pregiudizi di sorta, complimenti avvocato Maesani, troppo capace e lucida per la politica italica, peccato davvero, una persona che non si può che stimare, anche se si è dalla parte opposta.

  2. Maesani scrive: “Non vidi catene né ceffoni pur sapendo che catene e ceffoni a Sanpa c’erano stati e forse c’erano ancora.”
    Ne deduco che il titolo di questo articolo è sostanzialmente sbagliato…

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