Pubblichiamo il lungo racconto di una lettrice. Una sera in Pronto Soccorso all’Ospedale Valduce di Como. Toni e istanti a tratti forti: passaggi su cui ciascuno, leggendo, avrà da aggiungere, legittimamente, la propria opinione. Per questo, come sempre, ospitiamo riflessioni e controdeduzioni: redazionecomozero@gmail.com
Ma vi invitiamo a leggere per intero la missiva, parola dopo parola, perché non si limita a osservare l’altro come diverso scomodo sgradevole o, viceversa, a sintetizzare l’accoglienza in un buonismo generico. E’ una storia (che genuinamente non cerca plauso o offesa) e come tale merita di essere letta. Nella sua (lunga, in effetti) e sincera interezza.
Doveroso premettere: la nostra lettrice, Roberta Ardino, nella mail che accompagna il racconto specifica: “Caro Davide […] ora ti mando le mie riflessioni sulla cronaca della mia serata al PS fra malati e senzatetto. Lungi da me la polemica, che trovo sterile. E’ una semplice cronaca, un focalizzare un problema di cui tutti dovremmo
prender coscienza e cercare, se non di risolvere, di alleggerire“.
Ecco il racconto:
UNA SERATA INDIMENTICABILE
Passare una serata nella sala d’attesa di un Pronto Soccorso, è paragonabile all’immersione in un mondo parallelo. Il tempo si ferma e si dilata all’infinito mentre ti dibatti tra l’apprensione per le condizioni del tuo congiunto e l’osservare ciò che ti circonda e la vita che si snoda in quel piccolo universo parallelo rappresentato dalla sala d’aspetto.
L’attesa si fa lunga e guardo e sento ciò che mi circonda in modo diverso… parenti che attendono di sapere la sorte dei loro cari, malati che attendono lì perché non considerati gravi e poi loro…i senzatetto, “i barboni” che bivaccano qui per passare la notte in un posto caldo. Siamo in dieci, massimo dodici, persone di cui quattro senza tetto…
Ed è così che mi accorgo che forse c’è qualcosa, anche più di qualcosa, che non va: la signora con forti dolori addominali attende da ore su una sedia della sala d’attesa, accanto al marito che non sa più come alleviare la sua pena, si vede che soffre, in modo dignitoso, con pazienza.
Una coppietta, ormai in là con gli anni, che quasi ti commuove per la tenerezza che dimostrano l’uno per l’altra. Poco più in là c’è un senzatetto seduto su una sedia a rotelle dell’ospedale. su cui passerà buona parte della notte. Ha vistose fasciature alle gambe, ma non ha ragione di trattenersi in quanto non deve essere visitato: è sporco e maleodorante ma viene lasciato lì e nessuno lo invita ad andare altrove come se tutto ciò fosse normale.
Altri due intanto dormicchiano allungati su un paio di sedie. Ne arriva un altro e appoggia le sue buste sul tavolino, ne estrae fogli da disegno e matite varie e inizia uno schizzo grattandosi a più non posso, anche lui è sporco e malvestito e non certo profumato.
La sua condizione è fisiologica, direi, considerato che vive per strada.
Posso entrare a vedere come sta mio padre, anche lui è sporco e non profuma di fresco perché ha vomitato in ambulanza e nonostante sia qui da un paio d’ore non è stato ripulito. Sarà ancora così anche il giorno dopo quando verrà dimesso, grazie a Dio. Eppure sprechiamo fiumi di parole sull’importanza dell’igiene, su come lavarci le mani per prevenire contagi.
Devo ritornare in sala d’attesa e tutto è più o meno invariato, solo l’uomo che disegnava si alza e se ne va salutando i “colleghi senza tetto “con la promessa di ritornare.
Si fanno quasi le 11 di sera, arriva una guardia. “Finalmente”, penso perché qui sorveglianza e sicurezza non ce ne sono. Arrivasse qualcuno alterato dovremmo sperare solo che Qualcuno guardi giù? Ma la guardia chiude la porta a vetri che conduce all’astanteria e ad altri ambienti ospedalieri: questioni di sicurezza, penso.
Il bagno si trova al di là della porta a vetri chiusa, chi ha necessità deve farsi aprire dalla guardia che rimane al di là a vigilare. I senzatetto più volte varcano quella soglia per accedere al bagno, ci stanno a lungo. Nessuno passa a pulire e comprensibilmente i parenti in attesa evitano di andare in bagno.
Il tempo passa e mentre alcuni pazienti attendono sulla sedia della sala d’attesa, il senzatetto sulla sedia a rotelle continua a dormicchiare, imprecare, bestemmiare fra sé e sé. E a grattarsi con le stampelle le gambe che ha parzialmente sfasciato e da cui si staccano piccoli brandelli di pelle che cadono sul pavimento dove già ci sono tracce di biscotti spezzati.
Ritorna il senzatetto artista, dopo un giro in via Milano. Racconta: fa freddo e quindi torna lì, prende un panino dalla sua sportina e mangia e beve abbandonando bottiglietta e resti del panino sul tavolino, ride e si vede che è alterato rispetto a prima, fissa insistentemente alcuni parenti in attesa. Gli altri due continuano a dormire, sembra fondamentalmente una persona innocua ma quel suo fissare crea un po’ di disagio. Poi esce di nuovo e se ne sta appena lì. Fuori, all’aperto. Si capisce che fatica a stare al chiuso.
Passa da poco la mezzanotte quando mi comunicano che mio padre rimarrà in osservazione. Mi faccio venire a prendere da mia figlia, le dico di aspettarmi in macchina perché non mi fido, non avverto sicurezza: fuori è buio, non c’è nessuno (a parte il senzatetto) e la guardia è sempre al di là della porta a vetro.
Esco, prendo il maglione che mi ha portato mia figlia. Mentre lo porto a mio padre (lo ripulisco un po’ con della carta) mia figlia si trova spiaccicata sul finestrino la faccia del senzatetto: non fa nulla, non sembra cattivo o pericoloso. Però un po’ d’ansia te la mette.
Finalmente torno a casa più tranquilla perché mio padre è in ripresa. Angosciata per lo spaccato di umanità con cui ho condiviso la serata mi chiedo come tutto ciò sia possibile: in che baratro stiamo finendo?
Non è normale che dei senzatetto passino la notte nella sala d’attesa del Pronto Soccorso. Che utilizzino servizi come bagni pubblici e sedie a rotelle mentre chi sta male sta su una sedia. Che appoggino ovunque le loro masserizie perché in un ospedale c’è gente che sta male, che è fragile e ha diritto ad un ambiente almeno pulito.
Mi chiedo se disinfetteranno la sedia a rotelle e il resto della sala a dovere , considerato che in sette ore della mia permanenza lì nessuno è passato a pulire, mentre in altri Pronto Soccorso (in cui ho avuto modo di passare la notte a causa dei malori dei miei congiunti) passavano a pulire sala d’attesa e bagni anche nelle ore notturne. Sarà mancanza di fondi causati dai tagli alla Sanità? Sarà carenza di personale? Sarà negligenza?
Ma non è normale che una persona in astanteria non venga ripulita, che non ci siano brandine per tutti e coperte di lana per chi, stando male, avverte ancor di più il freddo. Peraltro medici e infermieri sono gentili e preparati, per quanto ci riguarda sono scrupolosi e attenti e nulla da ridire su questo, anzi!.
Mi chiedo come sia possibile che gli stessi infermieri siano consapevoli di questa “invasione di senzatetto”, così come la guardia e nessuno intervenga. Probabilmente non avranno possibilità di intervenire , magari avranno già segnalato a chi di dovere.
Non credo che tutto ciò accada per una sorta di buonismo o di assistenzialismo, lo definirei piuttosto menefreghismo. Permettere questo non è dignitoso e rispettoso per chi sta male e per chi attende il proprio caro, ma neppure per i senzatetto perché il Pronto Soccorso non è un luogo in cui bivaccare, peraltro la soluzione non è allontanarli e rimandarli in strada.
Che poi fra poco è Natale e qualcuno penserà che non è decoroso per la città avere chi dorme per strada. Non è chiuderli in una struttura perché è chiaro che alcuni non ce la fanno proprio a stare a lungo al chiuso nello stesso posto.
Il problema è socio/sanitario, enorme e complesso e non può essere risolto scaricando le colpe sulla gestione dell’ospedale, della sicurezza, del Comune o dello Stato, o sposando la tesi del “tanto è così non si può far niente”.
Penso che siamo tutti indistintamente colpevoli e vittime del degrado dei valori che si ripercuote nella nostra quotidianità e non c’è farmaco specifico per questo.
Da quella sera son passati due giorni e ancora ho queste immagini davanti agli occhi mentre mi chiedo cosa ci sia di umano in questo spaccato di umanità e che cosa si possa fare per migliorare la situazione, che cosa io possa fare nel mio piccolo.
Ah dimenticavo, ero al Pronto Soccorso cittadino e non in una landa desolata e questi senzatetto non sono extracomunitari, non sono quelli “che vanno rimandati a casa loro”, ma quattro italiani. Il disagio e le difficoltà non hanno ne’ colore ne’ religione.
5 Commenti
Mi è successa la medesima cosa un paio di giorni fa nel pronto soccorso della mia citta’ Cuneo, un senzatetto o forse ha solo dimenticato dove ce l’ha il tetto… Entra ubriaco e fatto e si accomoda su una sedia del PS gremito di persone ( domenica sera) si toglie le scarpe appoggia i piedi su un altra sedia e si addormenta. (sembrava privo di sensi) Non sono schizzinosa, ma una puzza da togliere il fiato, molti si alzano e si spostano. Un odore davvero acre. Chiamo le infermiere anche perche’, giuro, sembrava morto. Vengono e con i guantini alle mani, lo imbarellano e lo conducono fuori dalla sala di attesa del PS, dove non so. Areare il locale prima di soggiornarvi. Deve esserci un minimo di guardiano alla porta di accesso !!!!
La direzione del Valduce dovrebbe pensare meno alla pulizia dei pavimemti e più a quella igienica degli ammalati, e dei servizi. Ma perché la guardia deve stare al di là della porta?
Alla signora,come a tanti altri consiglierei di offrire la propria disponibilita’come volontaria per l’EMERGENZA Freddo. Sarebbe una esperienza che le farebbe capire meglio l’esperienza che ha vissuto.
Buongiorno,
Leggendo questa testimonianza ho rivissuto i momenti passati in ps nello stesso ospedale l’anno scorso con il mio caro papà, confermo tutto e ad oggi non è cambiato assolutamente nulla?
Nel mio piccolo ho fatto segnalazioni via email alla direzione del Valduce ma purtroppo è una realtà più grossa di me!
Il mio papà Gennaro Lanna si è addormentato X sempre il 30 gennaio di quest’anno è purtroppo ha subito tt ciò!
Io, mia mamma e le mie sorelle gli siamo stati accanto ogni istante non ricevendo purtroppo lo stesso dal ps del valduce?
Stefania Lanna
Sante parole, che dire: chi può faccia qualcosa…