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Partiti e leader romani al collasso: mai come ora il sindaco di Como sarà questione locale e di credibilità

Nell’evidente collasso dei partiti per l’elezione del presidente della Repubblica – le “macerie” come le ha definite il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana – c’è senza dubbio un avviso fortissimo e chiaro anche per le elezioni comunali che si terranno a Como la prossima primavera.

Troppo ambizioso stabilire un parallelo tra il Mattarella bis e la scelta del sindaco del capoluogo? In assoluto forse sì, ma nel concreto probabilmente meno di quanto si possa pensare d’acchito.

La clamorosa e trasversale inconcludenza del sistema dei partiti a Roma – e ancor più dei loro leader, reduci da prove sconfortanti – lascia un messaggio pesante sul terreno. Ed è un messaggio che è difficile confinare soltanto nella Capitale. La sensazione che ha trasmesso la necessità del sistema di ricorrere per disperazione alla rielezione del presidente della Repubblica uscente, infatti, è che se le teoriche e debolissime parole d’ordine dei capi dei partiti valgono poco nel chiuso dei palazzi romani, che pur dovrebbero essere il terreno prediletto, ancora meno possano pesare una volta uscite dalla bolla che racchiude Camera, Senato e segreterie nazionali.

Se con tattiche più o meno solide o improvvisate, i peones del Parlamento sono riusciti a imporre agli inconcludenti leader il bis di Mattarella, pur nel segreto e nei giochetti delle insalatiere romane, c’è da credere che difficilmente i comizi elettorali di questa debole classe politica potranno essercitare la presa di un maglio una volta che saranno sbarcati sul Lario per la corsa a Palazzo Cernezzi.

Salvo imprevedibili e difficilmente immaginabili recuperi di credibilità e solidità nell’arco dei prossimi 3-4 mesi, sembra piuttosto favolistico pensare che i Salvini, i Conte, i Tajani possano sfilare a Como come se nulla fosse, tra qualche settimana, e convincere nel profondo gli elettori comaschi della bontà delle loro tremolanti indicazioni sul candidato sindaco, sul partito o sulla coalizione da votare a scatola chiusa. Lo scollamento tra una teorica classe dirigente nazionale e la sua base parlamentare sembra anzi destinata a trasformarsi in voragine una volta che quegli stessi doppiopetti sgualciti arringheranno stancamente da qualche palco o da qualche sala comasca.

Se a questo aggiungiamo la tendenza già clamorosa alla disaffezione verso le urne degli elettori italiani a qualsiasi latitudine e – più vicini nel tempo – i disastri collezionati a livello locale dal centrodestra in particolare nelle elezioni amministrative dello scorso autunno (Milano e Roma insegnano), allora è davvero facile pensare che la partita per il Comune di Como si giocherà molto lontano da quelli che un tempo erano i sentimenti di appartenenza politica e partitica o il riconoscimento fideistico nelle indicazioni di un leader.

Più di ogni sigla o input dall’alto, saranno con ogni probabilità la credibilità del candidato o della candidata sindaco, la sua storia, la sua capacità di mostrare una visione di città e di coinvolgervi la fetta più ampia degli elettori, a decidere l’esito della prossima sfida per Palazzo Cernezzi. Sarà insomma la “pasta” toccabile con mano delle figure in gioco, molto più che uno scenario nazionale confuso e fragile, a poter decretare il nuovo primo cittadino di Como.

I partiti sono avvisati: sbagliare scelta, contando sulla forza di persuasione automatica di ordini di scuderia, o su nomi e sigle che ormai pesano come piume al vento, sarà fatale. Su questo non c’è dubbio.

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7 Commenti

  1. Ha ragione. Ma c’è una differenza fondamentale tra Beppe Grillo, il suo Movimento e la nostra “imitazione in salsa laghee”: Beppe Grillo ha un movimento, l’imitatore, a causa del suo patologico protagonismo, non riesce neppure a tenere unita una squadra di tre Consiglieri. È riuscito nell’impresa di farne scappare due. Se sarà Sindaco, si troverà da solo dopo un anno. Se potesse farsi eleggere dittatore dello stato libero di……., ma non è possibile! Povero lui, l’ennesima ambizione frustrata.?

    1. A questo punto se i comaschi nn vorranno essere masochisti , Dovrebbero finalmente dare la chance a Rapinese ,l’ unico vero appassionato e profondo conoscitore della città e dei suoi problemi
      Da tantissimi anni in Consiglio comunale si batte solo contro i vari partiti che dopo aver espresso i loro candidati ,hanno poi dimostrato di aver fallito

  2. Salvini disse che Como sarebbe stato un laboratorio nazionale. Come non dargli ragione. A Como, infatti, il fidanzamento tra PD e M5S non è decollato, Azione e +Europa si sono unite da un po’ in Agenda 2030 (a Como c’è anche Italia Viva) e la coalizione di centrodestra si è frantumata tra la mediocrità dei nuovi leader, i giochi di potere dei partiti maggiori e il declino di Forza Italia. Se si guarda bene, Como ha anticipato tutto e forse anticiperà ancora visto che da più parti si guarda allo spazio moderato tra destra e sinistra che sarà il baricentro del “nuovo” che avanza. Mattarella e Draghi non sono forse quelli che rispecchiano lo stile, le modalità di comunicazione, gli scopi e le capacità di Governo che furono di chi in passato navigava da quelle parti? Mah….
    PS. Complimenti per l’articolo.

    1. Como laboratorio nazionale.
      Vero tranne che per il refrain del Movimento 5 Stelle in salsa laghee.
      Per qualcuno il Beppe Grillo de noantri sa ancora di rivoluzione e pulizia morale.

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