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Sgombero ex Scalo Merci, Como Senza Frontiere: “Nel giorno più freddo dell’anno, Comune totalmente assente”

Arriva una dura pesa di posizione da pare di Como Senza Frontiere dopo l’allontanamento dall’ex Scalo Merci, accanto alla stazione San Giovanni, di circa una trentina di senzatetto che aveva adibito i capannoni in disuso a precaria dimora.

VIDEO – La cucina all’aperto e cataste di bagagli, ex scalo merci: ecco come vivevano i senzatetto

Il motivo dello sgombero è l’avvio delle operazioni per il progetto di completo recupero dell’area (qui tutti i dettagli).

La alleghiamo di seguito.

Nel giorno più freddo all’inizio di questo inverno, si procede allo sgombero dell’area dell’ex scalo merci, rifugio di decine di persone senza altra dimora, e destinata in funzione della città turistica a diventare sede di un albergo.

La situazione è nota. È risaputo in tutta la città che quel capannone non lontano dalla Stazione di Como San Giovanni ospitava da tempo (da anni, addirittura) persone davvero spinte in fondo alla scala sociale, ultime tra gli ultimi, esattamente come si sapeva che quel capannone sarebbe stato prima o poi demolito.

Eppure si è atteso l’intervento delle ruspe, che stamattina incombevano, enormi, poco lontano dal capannone, senza predisporre nessuna soluzione alternativa.

Nelle ultime ore, si è saputo che qualche persona verrà accolta nei dormitori aperti, ma per altre la soluzione è ancora da trovare… mentre è evidente la totale assenza del Comune di Como che pure dovrebbe prendere in carico questa situazione di estremo disagio (ancora in tarda mattinata nessuno dell’Assessorato alle Politiche sociali era presente in loco, mentre era ben visibile la Polizia locale).

Quel “rifugio” non può essere in alcun modo rimpianto (era a tutti nota la gravità della situazione ambientale e sanitaria), ma non può essere ignorata la necessità di trovare risposte non episodiche, non emergenziali ai diritti umani fondamentali e alle esigenze di sopravvivenza.

La situazione questa mattina era tranquilla anche per l’opera di chi per attivismo e volontariato si faceva carico di provare a ridurre il danno e di mediare la gravità della situazione.

Ma tutto ciò non può e non deve bastarci.

Le istituzioni – così come la cittadinanza intera – hanno il dovere di mobilitarsi per trovare in tempi brevi le soluzioni più idonee, mettendo definitivamente da parte l’illusione che questi problemi si possano nascondere o anche parzialmente risolvere volta per volta.

È indispensabile un piano di intervento per il disagio sociale e per le gravi fragilità che si vanno sempre più diffondendo, rispettoso delle persone e dei loro inalienabili diritti.

È in gioco, una volta di più, il futuro di una città civile

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