Pubblichiamo un’articolata riflessione sul turismo a Como a firma di Giorgio Albonico, medico e scrittore, ideatore del Concorso Letterario Premio Città di Como.
Giulio Cesare quando decise di fondare Novum Comum si limitò a fare piantare alberi di limoni e aranci. Poi, molto più tardi, nella zona della Zoca de l’Oli, golfo di Ossuccio, un ingegnoso sconosciuto decise di immettere alberi di gelso. Da lì la vocazione di Como nell’allevamento del baco da seta e più tardi nello sviluppo di una fiorente industria tessile. Poi venne la pebrina, malattia del baco da seta, e ben peggio una concorrenza con la Cina, la seta indiana e una crisi pervadente insieme alla scomparsa degli imprenditori che con la loro tenacia fecero grande Como. In quei tempi,quando imperversava il tessile, del turismo importava poco ai comaschi.
E del loro lago men che meno. Ma ora Como ha trovato un altro modo per fare i “danè” che a andare bene a fondo è poi una attività che il comasco quasi sempre predilige. Niente di male si capisce: pecunia non olet e le bollette vanno pagate. Ecco spuntato il turismo di massa.

Tuttavia c’è anche il rischio intervenga se non proprio una pebrina, magari una saturazione del mercato con conseguente successiva crisi. Quando Montanelli fece una indagine su Como per il Corriere della Sera, scrisse che la città e il suo lago non erano fatti per un turismo di massa chiassoso e a volte becero, scrisse proprio così. Aveva compreso tutto.
Certi angoli del Lario sono magici. Pensiamo alla soave Zoca dell’Oli quel braccio di lago davanti all’isola Comacina,ai sagrati delle chiesette appese a mezza costa, alla camomilla selvatica, agli orti, alle darsene con lo sciabordio sommesso delle acque. Al percorso dei venti del lago, la Breva e il Tivano a sollevare spume bianche,al lento roteare della poiana che si getta sul pesce. Non sono angoli alla portata di tutti, occorre una percezione raffinata per comprenderli nella loro giusta dimensione. Il turismo di massa, pur contribuendo in modo significativo all’economia , presenta anche limiti e pericoli, sia dal punto di vista ambientale, sia sociale e culturale. Vediamoli.
Degrado del paesaggio con costruzioni che modificano l’ambiente naturale non inserendosi nei contorni dei luoghi. Pensiamo alle sponde del lago caratterizzate da una architettura povera, dalle linee essenziali, dove si inseriscono mostri in cemento che nulla c’entrano con le nostre rive, deturpate all’insegna di un esotico alieno. Enorme aumento dei prezzi con affitti e servizi che divengono inaccessibili per i residenti e tradizioni locali che vengono banalizzate, per soddisfare un turismo esigente ma poco attento.

Lavori precari perché molti impieghi nel turismo sono solo stagionali e magari privi di tutele. Degrado del lago percorso da un esagerato traffico di barche e natanti vari con abbandono di rifiuti e uso delle risorse naturali magari a compromettere l’ecosistema. Altri effetti sulla città potrebbero essere le strade del centro difficilmente percorribili per i residenti, e anche per i turisti stessi, ingorghi, mancanza di parcheggi e aumento dell’inquinamento.
Inoltre come effetto consequenziale troppe abitazioni vengono convertite in B&B o case vacanza, riducendo l’offerta abitativa per i residenti e alzando i prezzi. E come si sta già osservando spopolamento del centro: i residenti tendono a trasferirsi altrove, lasciando i centri storici quasi esclusivamente a uso turistico.
Le città dovrebbe essere a misura d’uomo e percorribile, a mio avviso, possibilmente a piedi. Vale la pena sacrificare la qualità della vita per genuflettersi al dio quattrino per i residenti? Vale la pena passare ore sotto il sole per andare sul lago e vedere quanto non vale la pena di vedere o prendere un mezzo come la funicolare per salire in cima e ridiscendere subito con lo stesso mezzo schiacciati come sardine, per i turisti? Non si potrebbero conciliare le varie esigenze: economia, qualità della vita e fruizione migliore dei luoghi?
E magari riproporre medèn ágan degli antichi, il giusto mezzo, la sobrietà, il nulla di troppo.
Se la risposta fosse che occorre il turismo ma gestito in modo più sobrio si aprirebbe poi il discorso sul come fare a realizzare questa legittima aspirazione. Qualche idea: promuovere destinazioni, percorsi alternativi distribuendo meglio i flussi, incoraggiare i viaggi fuori stagione, creare incentivi per muoversi a piedi, sistemi di prenotazioni obbligatori e così via.
E qualità nelle persone a cui è dato il compito di decidere e di organizzare i flussi. Lasciato andare in questo modo, alla fine, a mio avviso, il sistema imploderà, con danno per tutti: residenti, turisti e indotto creato dal turismo. I segnali si vedono già: perché non cercare qualche rimedio prima sia troppo tardi?