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Via Anzani: il coprifuoco già vacilla. Ma 32 consiglieri muti e invisibili a che servono?

“Violenze, droga e ora il coprifuoco alle 18. Una bomba sociale terrorizza via Anzani”. Poteva sembrare un titolo forte, persino eccessivo, quello con cui domenica scorsa abbiamo dato conto della chiusura anticipata calata via ordinanza – di concerto tra Comune e Prefettura – su 3 esercizi commerciali della zona (bar, sala scommesse e “Asian” minimarket).

Non lo era.

Basta andarci, nel tranquillo quartiere a pochi metri dal centro. Noi l’abbiamo fatto. E tra due chiacchiere all’edicola, negli androni dei palazzi o vicino al bar finito al centro del provvedimento, la tensione che pervade l’isolato è palpabile, evidente.

Conta poco che la forma della protesta sia e sia stata fino ad ora (grazie al cielo), civilissima e composta. La fredda carta scelta dai residenti per accendere i riflettori su disagi, caos e una collana di episodi miracolosamente non cruenti, nulla toglie alla miccia già innescata (qui l’elenco).

Abitanti, esercenti, semplici passanti ed avventori dei locali vivono da tempo in condizione di tensione, di scomoda convivenza con volanti giorno e notte, zone oscure dello spaccio, scoppi di violenza, clima avvelenato ed intimidatorio. L’ultimo episodio, ieri, in pieno giorno, è documentato nel video sotto: ora di pranzo, un uomo, fuori di se, si accanisce contro la vetrina del minimarket, sullo stesso marciapiede da cui passano bimbi, mamme, anziani e chissà chi altro. Inaccettabile.

No, non è questione di pelle. Non è questione di razzismo. Non è questione etnica in senso stretto. E’ questione di genesi ed origine di un fenomeno. Di (in)volontaria autosegregazione di gruppi ferreamente distinti e separati, finiti chissà come sullo stesso suolo ma non comunicanti e – ormai – persino avversi l’uno all’altro.

E’ il principio del recinto: dove manca l’integrazione, dove l’afflusso di un qualsiasi gruppo prosegue senza regole e senza contaminazione con l’ambiente-madre che lo accoglie, il cozzo con “gli indigeni” è inevitabile.

Chi in quella zona viveva prima, si sente d’improvviso accerchiato e minacciato dall’estraneo.

Chi in quella zona arriva e si raduna dopo, cercando un’isola diversa e separata dal contesto ma cementata dalla solidarietà tra simili, resta alieno a ciò che lo circonda e ambirà sempre di più – nel tempo – a ritenere suo quel metro quadro, strappato a suon di solitudini e (forse) di disperazioni. Locali e attività si fanno totem, si potrebbe quasi dire enclavi o micropatrie immaginarie, e il danno è fatto.

Su presupposti identici, quanto accade in via Anzani potrebbe reiterarsi quasi ovunque, a qualunque latitudine, e – questa è una certezza – a “colori” della pelle tranquillamente invertiti.

E’ il concetto generale della macchia d’olio che nell’acqua non si scioglie, il problema vero. Sono i cerchi impermeabili che ingabbiano fazioni, l’origine delle tensioni.

In quell’angolo di Como sta accadendo esattamente questo: sull’onda di istinti eterni e primordiali, non di certo giusti ma largamente inevitabili, due comunità – una storica e una nuova – si trovano gomito a gomito, senza darsi mai la mano. Il che alimenta sospetti e diffidenze, pregiudizi e cattiveria. Se poi si sommano trasgressioni più o meno gravi e la frattura sedimenta e non si salda, il disastro è a un passo.

Può essere utile anticipare di qualche ora la chiusura dei locali di maggior riferimento per la comunità neoarrivata? Difficile, onestamente. La pesca a strascico qualcosa coglie sempre, ma fa danni a lungo termine e talvolta irreparabili. Per ora, l’unico effetto-reazione certo è che in molti sono pronti a raccogliere firme contro l’ordinanza, in particolare a sostegno di Fabiana (sotto, a sinistra) e del suo Bar Maiorca.
Più utile, forse, sarebbe capire, indagare, conoscere chi e perché oggi – al confine tra lecito ed illecito – si raduna in massa nella zona e non trova modo di integrarsi in quell’ambiente.

Ecco, forse anche la politica dovrebbe alzare un attimo la testa da tombini, commissioni e subemendamenti e ficcare il naso in quella potenziale polveriera. Forse anche chi questa città amministra – che non è soltanto il sindaco, ma pure i consiglieri: 32 ne abbiamo! – potrebbe dire una parola, sottrarre qualche ora ai cambi di casacca e al mulinare di determine, e passare al bar, dal marciapiede “incriminato”, dai bilocali del quartiere.

Lunedì scorso, quando la vicenda era già esplosa, a palazzo non una parola: la banale presa d’atto di un’ordinanza e un coprifuoco, come fosse la normalità. Per il resto mutismo, come in tutti i giorni dopo.

Chissà, magari aver già agito sugli orari potrà pure rivelarsi un buon passo, un domani. Ma non si vorrà sul serio caricare su 3 pagine in A4 e una pattuglia in pianta stabile il peso di capire, andare incontro ed aiutare un quartiere in ebollizione?

Sapranno uscire dal dorato mondo delle sottocommissioni, i nostri eroi?

Fatta qualche lodevole eccezione (bisogna ammetterlo, soprattutto i rapinesiani) in questo mandato è davvero una rarità vedere o sapere di un consigliere nel mezzo di un rione, tra la gente, di persona in qualche zona “calda” che non sia il tragitto casa-palazzo. O l’immancabile, noiosissimo, gazebo di partito.

Potrebbe essere l’occasione giusta, questa, per i tanti eletti di vetro (un motivo ci sarà se le preferenze personali sono crollate) per sporcarsi in senso buono con le prime due ditate di realtà.

Segnalazioni, interventi, foto e video a: redazionecomozero@gmail.com oppure tramite la pagina Facebook di Comozero

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Un commento

  1. Ma si , come al solito… quando bisogna prendere una decisione drastica o dire quello che si pensa , nella consapevolezza che questo puo’ andare contro il pensiero del Padrone non si trova mai nessuno !
    Politicanti da strapazzo che invece di metterci la faccia si nascondono sotto le pezze.
    Comozero questo significa non saper amministrare il proprio territorio ma essere servi di qualcuno.
    Allora dico una cosa che si cambi al piu’presto e che i molti consiglieri che non si sono esposti pubblicamente alle rischieste dei cittadini di quella zona cambino hobby !!!
    La politica e’ al servizio del cittadino e non il contrario.

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