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Como e Lombardia, Cisl contro Moratti: “I medici di base lavorano poco? Siamo pochi e oberati. Ecco i numeri”

Un paio di giorni fa l’assessore regionale al Welfare, Letizia Moratti, rispondendo al sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che metteva in evidenza il problema della carenza di medici di base, aveva affermato che “il problema non è il numero dei medici, ma il fatto che il numero di ore di lavoro dei medici di base è di parecchio inferiore a quello dei medici ospedalieri”.

Dura la reazione della segreteria della Cisl Medici Lombardia e della Cisl Medici dei Laghi.

“La crisi del Servizio Sanitario Nazionale, già presente da decenni, si è manifestata prepotentemente dopo la pandemia ed è stata aggravata dal pensionamento anticipato di molti Medici di Medicina Generale – si legge in una nota – Non è un mistero che le difficoltà del territorio si riversano inevitabilmente sugli ospedali, che già arrancano. La popolazione invecchia e la domanda aumenta, mentre l’assistenza capillare sta diventando sempre più carente”.

“Speriamo vivamente che la semplicistica soluzione dell’assessore Moratti, secondo la quale i medici sono sufficienti, dovrebbero semplicemente lavorare di più, sia frutto di una risposta avventata e non frutto di una valutazione attenta delle criticità della Medicina Generale – proseguono i medici Cisl – Vogliamo far notare che nella sola ATS Insubria ci sono ben 163 ambiti carenti e i superstiti Medici di Medicina Generale devono spesso assistere fino a 2.000 utenti, invece dei 1.500 che rappresentano l’ottimale. In una situazione di questo genere circa 250.000 pazienti dovranno ricorrere a cure a pagamento per avere una assistenza di base e anche di notte la Continuità assistenziale, con una carenza di quasi 4.000 ore, è in grossa difficoltà”.

Secondo il sindacato dei camici bianchi, inoltre “l’ambizioso progetto delle Case di comunità previsto dalla Regione Lombardia non tiene conto delle risorse umane disponibili nel Servizio Sanitario Nazionale. La riorganizzazione del lavoro dei Medici di Medicina Generale non può banalmente essere identificata in una variazione di orario, che in queste condizioni non potrà essere completato senza l’ausilio dei privati, a cui il Servizio Sanitario Nazionale fornirà nuove e funzionali edifici che potranno funzionare solo con una contribuzione da parte dei cittadini”.

“Sarebbe ora di fare in modo che le incombenze burocratiche sempre più onerose che occupano gran parte del tempo che potrebbe essere dedicato all’assistenza non ricadano più sulle spalle dei Medici di Medicina Generale, che potrebbero così riappropriarsi del loro ruolo professionale e fornire una maggior produttività in termini di salute – conclude la nota – Prima di mortificare tanti professionisti che hanno dovuto procurarsi i Dispositivi di protezione individuale, che non hanno avuto alcun supporto nella fase pandemica e che in molti casi hanno anche perso la vita per garantire l’assistenza territoriale contro un mostro sconosciuto, l’Assessore dovrebbe confrontarsi in maniera costruttiva con i professionisti del settore per cercare di trovare realistiche soluzioni condivise”.

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