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Studio dell’Università di Basilea: “Natale senza neve e senza sci per il cambiamento climatico”

Natale è sinonimo per molti comaschi di neve. Magari non proprio in città ma nelle amate montagne dove poter andare per concedersi delle giornate sulle piste. Tra le mete preferite anche molte stazioni invernali svizzere. Ma, secondo uno studio dell’Università di Basilea, che ben si può estendere alle montagne italiane con le medesime caratteristiche evidenziate, non ci sono notizie incoraggianti. Anzi. L’analisi evidenzia come, nei prossimi decenni non sarà più possibile sciare sotto Natale, neppure ricorrendo alla neve artificiale. Colpa dei cambiamenti climatici. E per arrivare a questa conclusione, ovvero per valutare le ripercussioni per le stazioni sciistiche, i ricercatori hanno preso come riferimento la destinazione turistica di Andermatt-Sedrun-Disentis, a cavallo tra Uri e Grigioni. I risultati dell’indagine sono stati poi recentemente pubblicati sulla rivista scientifica “International Journal of Biometeorology”.

Secondo lo studio, l’innevamento artificiale garantisce lo svolgimento di una stagione sciistica “della durata di 100 giorni, almeno per quanto riguarda le località ad alta quota. Tuttavia, per il futuro i ricercatori stimano che anche gli impianti di risalita situati a più di 1.800 metri sopra il livello del mare avranno difficoltà ad essere operativi sotto Natale, dato che durante il periodo che precede le festività, spesso le temperature non sono sufficientemente basse per garantirne l’apertura. In questi casi, anche l’innevamento artificiale necessita di condizioni atmosferiche favorevoli”, ha dichiarato l’autrice dello studio Erika Hiltbrunner in un comunicato stampa diffuso oggi.

I ricercatori sottolineano che la situazione potrebbe essere compensata solo in parte con l’utilizzo di innevatori all’avanguardia, dato che per generare neve artificiale l’aria deve essere sufficientemente fredda e non troppo umida. “Gli affari però si possono ancora fare, perché l’innevamento artificiale permette ai gestori del comprensorio di mantenere aperte almeno le piste più alte per 100 giorni consecutivi. Ma il prezzo per questo è piuttosto alto: i calcoli dei ricercatori mostrano che il consumo di acqua per l’innevamento artificiale aumenterà in modo significativo, di circa l’80% per l’intero comprensorio sciistico. In un inverno medio, in futuro, il consumo ammonterebbe quindi a circa 540 milioni di litri d’acqua, contro i 300 milioni di litri odierni”, spiega lo studio.

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Un commento

  1. Chissà se il crociato Fermi saprà leggere questo studio, per capire che l’idea di trasformare il San Primo in un comprensorio sciistico suona come una colossale idiozia!

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