E’ una di quelle icone che oggi spiega benissimo l’idea di retro-futuro, cioè come immaginavano in nostri padri, nonni e bisnonni (in questo caso a fine ’50) quello che sarebbe diventato, o avrebbe dovuto diventare, il Paese.
Il Villoresi Ovest è stato per oltre mezzo secolo il simbolo del boom, di un’Italia pronta e scattante. Poi, vabbè, per certi versi qualche desiderio è stato pure tradito.
E’ stato parzialmente abbattuto in queste il mitico punto pausa autostradale, rimasti in piedi “solo” gli archi autoportanti (oggettivamente meravigliosi, sarebbe stato un orrore perderli), mentre lo spazio ristoro-vendita è stato demolito.
Inaugurato nel 1958, sull’A8 Varese-Milano fu fortemente voluto dall’imprenditore Mario Pavesi. Un’epoca in cui fermarsi in autostrada per caffé-pipì-rustichella era abitudine per pochi, anzi pochissimi.
Nel pieno del boom economico Pavesi chiamò Angelo Bianchetti, architetto esordiente specializzato in fiere, spazi espositivi e strutture ispirate alla pubblicità. Serviva visione e fortissima volontà di osare, spingere, dire, pronunciare plasticamente il futuro.
A presentare i due fu Mario Bellavista, editore ma soprattutto pubblicitario che lanciò il prodotto più noto dell’imprenditore: i Pavesini.
Negli ultimi anni il Villoresi Ovest ha idealmente dialogato con la sua controparte contemporanea, il Villoresi Est, inaugurato nel 2013, ben noto come “Il Vulcano” (qui un affascinante approfondimento)