In realtà, o almeno all’apparenza, cattivo davvero non è. Però, il super villain nemico di Batman, il crudele Bane tradotto in Italia come “Flagello”, ha quella maschera sulla bocca che talvolta sembra mettersi metaforicamente anche lui. Per non dire troppo o forse per andare oltre. Soprattutto quando parla dello stato della cultura a Como.
Intanto, però, qualcosa di interessante e spietato l’architetto Attilio Terragni lo dice qui, alla vigilia – come un po’ tutti gli artisti di queste pagine – della partenza per Roma per la mostra che inaugurerà il 25 ottobre con 8 sue grandi tele alla FORMEstudio Art Gallery.
“Come mai gli artisti comaschi vanno via?
Beh, in parte è naturale, fa parte del lavoro. Io ora parto per Roma, sono stato in Australia e in molte altre parti del mondo. Il problema semmai è un altro – morde Attilio “Bane” Terragni – E’ che oggi lo scambio non è paritario: noi lasciamo Como, ma Como non attrae, non stimola, non attira”.
Perché?
“Beh, iniziamo col dire che sul fronte culturale, e non soltanto, Como ha oggi una delle peggiori giunte di sempre. Ma il fattore politico, anzi, il fattore umano in senso lato, non è l’unico responsabile. La storia di ogni città è fatta di alti e bassi. Qui, oggi, siamo nel basso”.
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Ma si sarà dato delle motivazioni per maturare un giudizio così tranchant.
“Giunta a parte, oggi a Como non vedo voglia di imparare, voglia di cultura e scambio. Piuttosto primeggiano i personalismi, le piccole invidie, i discorsi incattiviti su cose che non interessano nessuno, l’assenza di capacità critica unita alla mancanza di voglia di imparare. Eppure dovrebbe essere il contrario: il vantaggio delle piccole città dovrebbe essere la velocità del fare, la rapidità dei mutamenti. Invece la modernità avanza e la città sembra ancora una casa dell’800, con la sua struttura famigliare, le sue abitudini, le sue tradizioni. Como è nella modernità ma inconsapevolmente”.
E pensare che con il Razionalismo Como, sul fronte architettonico-culturale, fece un balzo nel futuro.
E quell’hardware, se possiamo chiamarlo così, resta un tesoro inestimabile. Come la Basilica di Sant’Abbondio, giusto per citare un altro capolavoro. Ma è il software che non va. Eppure in altre città, quando arrivi, ti senti invaso dalla voglia di fare, dai sogni, dalle idee delle persone. Qui no, la città è cotta. E non siamo all’altezza del nostro passato.
Ammetterà, però, che essere all’altezza di un passato come il nostro non è semplice.
“A Gorgonzola sarebbe più semplice, è vero, ma se dal Dopoguerra a oggi soltanto l’ex sindaco Lino Gelpi potrebbe rivendicare quel ruolo, un problema in questa città esiste”.
Ma quali sono i segni concreti che le trasmettono questa desolante sensazione?
“Veda lei: oggi siamo impegnati a parlare di parcheggi, a disegnare rotonde gialle sull’asfalto, a mettere paletti al centro delle strade, a partorire una Ticosa che sembra uscita dalla prima classe della scuola geometri. E soprattutto, ogni cosa è imbrigliata da leggi, norme, regole, ancora leggi, altre norme, più regole. Tutti, a partire dai bambini, per qualsiasi cosa devono prima pensare a norme, leggi, regole. E invece io dico: no, prima facciamo le cose, poi le leggi. La Casa del Fascio era fuorilegge, il Novocomum era fuorilegge. Ma è meglio averli o no?”
E quindi come si cambia questo stato di cose?
“Con l’Urbanistica che dipende dalla cultura e non più viceversa. Non dobbiamo più essere soltanto al servizio delle leggi, ma della cultura. Che è tutto, è, il centro vitale delle idee”.
L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.
2 Commenti
Ma non si era candidato con Fratelli d’Italia?
Beh, abbiamo votato noi chi ci governa…