Un quartiere ricco di sorprese e tesori. A Camerlata lo spirito della Como di un tempo è ben custodito nella memoria inossidabile di cittadini e artigiani che ancora oggi preservano e difendono la storia della città. Chi sicuramente ha molto da raccontare è Giuseppe Tosca, professione calzolaio – anche se a vedere alcuni dei lavori realizzati è quasi riduttivo definirlo così – classe 1934. Nato quando nella piazza ancora non era stata realizzata la fontana, ha sempre vissuto e lavorato a Camerlata. Oggi il suo laboratorio è proprio all’imbocco di via Scalabrini e se ci si sofferma sull’uscio si può ammirare proprio quella fontana diventata uno dei simboli di Como. Varcata la soglia più che in un normale negozio si entra in un vero e proprio tempio di tutto quanto ha a che fare con il mestiere.
“Conservo tutto, pensi che molti colleghi, una volta deciso di chiudere le loro attività venivano da me a lasciare i loro oggetti da lavoro. Io li ho tenuti tutti e raccolti qui”, ci racconta Giuseppe mentre, come ogni giorno, è all’opera. E in effetti osservando gli scaffali e le mensole che riempiono ogni angolo si possono osservare oggetti antichi, calchi di scarpe, vecchie macchine da cucire ancora funzionanti, attrezzi da usare rigorosamente con le mani, pochi macchinari e tante foto d’epoca. E su queste pareti ricche di storia, incorniciata in un quadretto, anche la licenza di Giuseppe datata 1958.
Immagini che fanno riaffiorare una vita passata, dai ritmi decisamente differenti rispetto ad oggi. Ecco allora che vivido emerge, ad esempio, il ricordo della Fisac in piena attività e subito con un sorriso Giuseppe racconta di quando “le impiegate, vestite con gonne e scarpe con il tacco, uscite dallo stabilimento, passavano da me per farsi sistemare una scarpa”. Inevitabilmente con il passare del tempo il quartiere si è sempre più modificato, svuotato e impoverito fino a raggiungere le fattezze consunte di oggi. “Un tempo era un vero paese, oggi è una strada di passaggio. Tutto è mutato, a partire dal mio mestiere che va scomparendo. In passato finita la quinta elementare si andava a bottega, oggi nessuno ha più voglia di impegnarsi in certi mestieri, anche perché, complice la tecnologia e la concorrenza, tutto si è fatto più complicato”.
Ma Giuseppe mantiene intatta la voglia e anche la clientela. E infatti, durante il tempo dell’intervista, in tanti sono entrati nella bottega. “Non mi lamento. Ci sono i clienti affezionati, persone che conosco da tanto, ma non solo. C’è chi viene semplicemente per rifare un tacco, chi a sistemare una scarpa. Faccio ancora le calzature su misura”. Il signor Giuseppe compone anche oggetti in pelle e cuoio, e, visti tutti gli strumenti di ogni forma e tipo, sarebbe probabilmente in grado di realizzare di tutto. Come la scultura di un cavallo che anni fa per diletto ricavò lavorando un pezzo di legno e che ancora oggi è ben visibile su uno scaffale.
Il rimpianto per un quartiere che si è completamente snaturato è presente, e la situazione si è rapidamente andata deteriorando con “la chiusura dell’ospedale e l’arrivo, anche se sono stati effettuati pregevoli opere di riqualificazione, dell’Esselunga. Prima qui c’erano molti negozi, ricordo due mercerie e ogni tipo di servizio. Tutto è andato lentamente svanendo. Oggi Camerlata è sempre più zona di passaggio. Vedo sfrecciare le auto fuori dalla vetrina, sembra di essere in autostrada”. Insieme a lui, impegnata nel mantenere viva la memoria di Camerlata c’è anche la figlia Isabella. Cantante di musica jazz e bossanova, ha nel cuore il quartiere e ha anche realizzato un volume dal titolo “Camerlata”, dove vengono proposti i ricordi della zona.
Il tutto corredato da una serie di splendide foto d’epoca che fanno rivivere questo angolo di città con suggestive immagini dei negozi di un tempo passato, delle botteghe scomparse e della gente che lì viveva. E mentre il signor Tosca ci mostra un dipinto che raffigura una diligenza pronta a mettersi in marcia dalla piazza con direzione il San Gottardo, visto che “Camerlata era una stazione di partenza”, ecco comparire su una parete anche la foto di una delle primissime formazioni del Calcio Como. “Da me, negli anni ’80, venivano diversi calciatori del Como. Si facevano sistemare le scarpe da gioco, se le facevano allargare o chiedevano di mettere a posto i tacchetti. Con il tempo siamo entrati in confidenza e parlavamo di tutto. Nella mia bottega arrivavano Ezio Cavagnetto, Domenico Volpati ed Enrico Todesco”, ci dice salutandoci, pronto a tornare subito al lavoro.
3 Commenti
Di fronte ad una persona di grande capacità non ci sono parole e dire grazie è troppo poco.
Grazie Esselunga : deserto, consumo territorio, traffico, distruzione tessuto sociale…
Basta supermercati a raffica.