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Casa di Bambola, storia e segreti del magnifico museo di Ponna. Emma: “Da bambina nemmeno ci giocavo, oggi sono la loro mamma”

Per alcuni le bambole sono solo il dolce ricordo dell’infanzia ormai perduta, giocattoli dimenticati, dentro vecchi scatoloni, in qualche soffitta polverosa, per altri invece rappresentano molto di più.

Tra questi sicuramente si schiera Emma Bolla, che con una collezione di ben 1.000 pezzi, ha aperto qualche anno fa un vero e proprio museo: “In realtà quando ero bambina non mi piacevano le bambole, preferivo giocare a pallone con i maschi – racconta – Anche a 9 anni, quando ne ricevetti una per regalo da un parente tornato da Monaco, la misi in uno scatolone senza mai giocarci. Ma i miei genitori non si arresero, e quando mia madre andò al Giubileo a Roma mi portò una bambola della Guardia Svizzera Pontificia. Negli anni continuai a riceverne fino a quando iniziai ad apprezzarle e la mia passione ebbe inizio”.

Il tempo passa ed Emma nei più svariati modi raccoglie sempre più pezzi: “Mia sorella lavorava in un hotel a Lanzo Intelvi e gli ospiti ogni volta mi portavano delle bambole da tutto il mondo – spiega – sono arrivata ad un punto in cui non sapevo più dove metterle, e inoltre, essendo molto fragili, non sapevo nemmeno come spostarle, perché si rischia sempre di rompere un braccino o oppure di perdere un cappellino”.

Così, circa sei anni fa, Anna decise di acquisire un piccolo immobile a Ponna Superiore inaugurando così il museo: “Mio marito insieme a 10 volontari ristrutturarono la casa, creando una cucina e un salotto a tema. La partenza non fu delle migliori, perché il giorno dell’inaugurazione mi rubarono una bambola, a cui, tra l’altro, ero molto affezionata. Ma nonostante tutto non mi scoraggiai e, grazie ai giornali e ad alcune mostre sul territorio, la casa delle bambole è stata conosciuta su larga scala, infatti molte volte sconosciuti da tutto il mondo mi spediscono pezzi pregiatissimi e rarissimi. Tutti a loro modo mi danno una mano, addirittura una volta una bambola, acconciata con capelli veri, aveva perso una ciocca e una signora era corsa a casa per tagliarsene una per ripararla”.

“Per me non sono solo dei semplici oggetti – racconta – è un po’ come se io fossi la loro madre, e anche mio marito e i miei parenti mi aiutano sempre nella gestione del museo e nella sua manutenzione. Ogni pezzo ha il suo ruolo preciso all’interno della casa, infatti ogni qual volta devo inserirne uno nuovo ci metto almeno due settimane per scegliere quale sarà la sua esatta collocazione”.

I progetti per il futuro non terminano qui e, appena possibile, per gli appassionati ci saranno grandi novità: “Il numero di bambole aumenta sempre di più, e quindi a breve apriremo un nuovo museo intitolato ‘C’era una volta’, quando la fine della pandemia lo permetterà. Rispetteremo sempre l’ambientazione della casa, dividendo la mostra per stanze a tema. Io credo che il mondo sia di tutti i colori così come le bambole, e quindi così come ognuno ha il suo posto nel mondo, così anche loro devono avere una giusta collocazione”.

Che dire, sicuramente una passione sconfinata, che però non si limita al singolo oggetto: “Per me le bambole non solo dei semplici giocattoli – conclude – ognuno di loro ha la sua storia: mi ricordano chi me l’ha portata, il motivo, o anche semplicemente dove l’ho acquistata; sono per me una fonte preziosa di ricordi, in un certo senso sono tutta la mia vita”.

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