La nomina di Como a Città Creativa Unesco, decretata un mese fa, è stata festeggiata ufficialmente domenica al Teatro Sociale in occasione di una presentazione pubblica alla quale hanno partecipato anche il coordinatore della rete delle Città Creative Unesco italiane e i rappresentanti delle altre città che hanno ottenuto questo riconoscimento.
“Sono estremamente orgoglioso di condividere con la cittadinanza questo riconoscimento, esito del grande valore della nostra città nonché delle sinergie tra tutti gli attori del territorio”, sono state le parole del sindaco di Como Mario Landriscina invitato, invece del tradizionale taglio del nastro, a legare tra loro i lembi di due cimose, quasi a simboleggiare questo risultato nato da un lavoro di squadra che ha unito tanti attori diversi per raggiungere un obiettivo comune.
“La designazione è un importante riconoscimento alla creatività e al saper fare dell’intero distretto lariano, sempre più decisamente ancorato ai valori dell’innovazione e della sostenibilità in tutte le sue declinazioni – ha sottolineato il presidente della Camera di Commercio di Como e Lecco Marco Galimberti – valori che è importante condividere con tutti i cittadini”.
E proprio il tema della condivisione con la città di un riconoscimento così alto che vede Como entrare a far parte di una rete mondiale che coinvolge quasi 300 città in 90 paesi e che si pone come obiettivo quello di porre la cultura come fattore chiave di uno sviluppo sostenibile (che è anche uno degli obiettivi dell’Agenda 2030), è al centro di una riflessione tutt’altro che scontata fatta da Luca Levrini, presidente di Fondazione Volta, incaricata del coordinamento operativo e della gestione amministrativa. “La nomina a Città Creativa è prima di tutto un tributo alla città ma, mentre il tessuto imprenditoriale e le istituzioni hanno risposto con entusiasmo, i comaschi devono ancora rendersene pienamente conto – dice – forse siamo spesso così abituati ad autocelebrare le nostre bellezze e il nostro patrimonio da non vedere che, in questo caso, è un’istituzione di importanza mondiale come Unesco a dire che abbiamo un’identità così unica e preziosa legata ai tessuti e alla moda sostenibile da chiederci di entrare a far parte di una rete e di esportare tutto questo sapere”.
La nomina appena ottenuta, infatti, oltre a essere il riconoscimento di un patrimonio di creatività e competenze artigianali unico nel suo genere, è molto più di una semplice medaglia da appuntarsi sul petto ma è uno strumento vivo che, se usato bene, nei prossimi anni sarò capace di creare occasioni di collaborazione e sviluppo con ricadute importanti anche sulla città: “Il percorso che ci ha portati qui è iniziato già due anni fa con l’intuizione di Daniele Brunati e il lavoro fatto dagli Amici di Como, che ci hanno permesso di non partire da zero, e il titolo che ci siamo guadagnati ora va coltivato presentando a Unesco una rendicontazione periodica sui progetti che porteremo avanti – spiega Levrini – ma abbiamo tutti gli ingredienti per fare bene, sono molto fiducioso”.
Nel futuro, tra gli altri progetti, il sogno di un forum nazionale o internazionale sul tema della moda sostenibile ma anche programmi di educazione su quella che può essere definita “Slow Fashion”: “Occorre sicuramente stimolare una riflessione sull’esigenza di comprare non meno ma meglio – dice – e in questo Como e il suo settore tessile hanno oggi un valore riconosciuto con prodotti di altissima qualità capaci di durare nel tempo a cui si lega, non ultimo, il tema dell’acqua e della tutela di questa risorsa importantissima legata al mondo dei tessuti ma anche all’identità del nostro territorio. E speriamo davvero che, al di là delle istituzioni, l’intera città abbia voglia di unirsi in questa sfida”.