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Como, l’altro portico senza stelle. Materassi e borsoni, una casa chiamata Crocifisso

(Fotoservizio Matteo Congregalli)

Questa è una storia senza persone e senza voci. Nessuna vita spericolata, nessun racconto di viaggi in cerca di fortuna. Non fa neppure freddo, quindi manca anche l’effetto piccola fiammiferaia capace di smuovere persino i cuori più duri.

A raccontarla ci sono solo comunissimi oggetti, quelli che trovi in qualsiasi casa: un letto in legno, un materasso per gli ospiti, una trapunta, coperte piegate su una sedia, un tappeto colorato, la ciotola del cane, una bicicletta.

Peccato però che questo non sia il monolocale di un single, ma uno dei portici della Basilica del Crocifisso, in viale Varese.

Non solo l’ex Chiesa di San Francesco, dove, come al solito, dopo la chiusura di Emergenza Freddo sono tornati a dormire numerosi senzatetto. In attesa che il consiglio comunale si pronunci sulla mozione Maesani-Lissi-Minghetti che chiede l’istituzione di un dormitorio cittadino permanente (voto in luglio).

Tutto è iniziato qualche mese fa, quando un uomo (italiano) ha scelto di dormire qui. Un cartone, una coperta, e al mattino tutto spariva. Poi, un po’ alla volta, ha deciso di “mettere su casa” ed ecco un arredamento quasi completo e un angolo per le proprie cose, e quelle degli altri ospiti. Un’occupazione in piena regola, giorno e notte.

“Qui dormono più o meno 6 o 7 persone, per lo più italiani – spiega l’unica voce di questa storia, quella di Leonardo Argentieri, parrocchiano e volontario di Como Accoglie – E altri spesso occupano il secondo portico”.

 

E i borsoni pieni di coperte accatastati in un angolo raccontano del tentativo, da parte dell’associazione di volontariato comasca, di aiutarli: “Sono piuttosto refrattari – aggiunge – Hanno preso i sacchi ma, invece di riportarceli ogni mattina come chi dorme a San Francesco, hanno deciso di tenerli lì con le loro cose”.

Il che, a due passi dall’ingresso della chiesa, dell’asilo e dell’oratorio, non è proprio il massimo. E si parla di questioni prima di tutto umane e igieniche, e non di un dibattito puramente estetico.

“La situazione è tornata sotto controllo”, è l’unico commento del priore del Crocifisso, Padre Enrico Corti riferendosi, probabilmente, al caos aggiuntivo causato dagli abiti dismessi accumulati qui dopo la rimozione del cassone Caritas. Sotto controllo, ma non risolta.

Ma chi sono le persone che vivono qui? Ecco il tassello mancate di questa storia. Forse per il caldo, in queste notti nessuno è tornato a dormire sul letto con la trapunta di Cars ma gli oggetti parlano da soli. E raccontano, al di là di vite certamente complicate, una voglia di casa e di un posto in cui ritrovare ogni sera le proprie cose che non può lasciare indifferenti, anche se non fa freddo.

“Conosciamo molto bene la situazione di chi dorme qui e siamo in contatto con le associazioni di volontariato. Ma occorre fare i conti con la loro volontà e capacità di intraprendere i percorsi che proponiamo. Non tutti riescono a rispettare le regole minime richieste e c’è chi rifiuta il nostro aiuto – chiarisce Alessandra Locatelli, assessore ai Servizi Sociali – Occorre tutelare la sicurezza, il decoro e l’igiene e il prossimo Regolamento di Polizia Urbana darà delle linee guida ma se decidessimo di portare via queste persone con la forza, saremmo al limite della deportazione. Ci vuole rispetto”.

La situazione, però, è a rischio. “So che c’è chi si lamenta. Stiamo lavorando al potenziamento delle unità di strada per provare ad aiutare anche chi è più restìo. Può essere un ulteriore via da percorrere per trovare una soluzione”.

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