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Como, via San Bernardino e le case comunali dalle finestre che non ridono (ma battono i denti)

Colpiva il silenzio totale l’altra mattina, attorno alle case comunali di via San Bernardino da Siena visitate in due tappe: prima al civico 45, poi al 32. In entrambi i casi nessuno fuori, nessun rumore attorno, nessuno incrociato nemmeno per sbaglio.

Che metafora straordinaria diventavano dunque, soprattutto al 45, quelle porte murate con i mattoni ben disegnati, come quelle di un cartone animato triste.

Com’è lontano da questo risvolto di periferia il famoso spirito del Natale. I due agglomerati di palazzi in via San Bernardino, distanti in linea d’aria non più di duecento metri, sembrano i polmoni stanchi ai lati di un quartiere in cui vene e arterie sono strade, vie e viuzze che trasportano umanità da un punto all’altro. Senza avere mai l’impressione che qualcuno ci si voglia fermare.

Al 45, la storia è sempre la stessa. Da decenni. Promesse, annunci, proteste. E poi ancora la cappa senza voce che si divora pezzettino dopo pezzettino la resistenza degli inquilini di Palazzo Cernezzi. O almeno dei pochi rimasti: un terzo degli appartamenti ha gli ingressi cementati. Chi non pagava, chi proprio non aveva diritto, chi ha detto addio a luoghi di non ritorno della fatiscenza. E soldi per sistemare, mai abbastanza per un lavoro compiuto.

Dunque, varcato il cancellone di ingresso, la prima cosa che noti sono le finestre sbarrate a colpi di chiodi e mattonelle di legno. Il lato B delle porte murate, in sostanza. E tutt’attorno? Dignità difesa con le unghie e con i denti da chi ci vive. Per il resto, androni senza porte e senza vetri, finestre rotte, ante senza denti, tendoni anneriti dal fumo di speranze bruciate.

E pensare che tra affitto e spese – già tre anni fa, ben prima dell’Ucraina, del gas a peso d’oro e delle bollette dalle fauci enormi – si arrivava a 5-600 euro al mese. Ma qui non ci sono boschi verticali e influencer. Pensioni e stipendi striminziti, semmai.

La musica – quella del pianoforte accatastato davanti a una porta di cemento, per esempio – cambia di poco lo spartito al 32, mezzo rettilineo e una svolta più in là. Sempre case comunali sono.

Quelle, per stare alla cronaca più recente, che erano riuscite a ottenere le barriere antirumore da Società Pedemontana per spingere il frastuono del traffico vicino. Funzionavano. E dunque, la scorsa estate, sono state eliminate dal Comune.

 

Perché il viavai di auto e furgoni è diminuito, direte voi. Il contrario: è stato pure inaugurato a due passi il maxiparcheggio della stazione unica di Camerlata. Dunque più traffico e baccano. Grandi paradossi dei nostri tempi, aspettando che – davanti alla proteste degli abitanti – il Cernezzi decida se ripensarci. Per ora, non resta che chiudere le finestre per bene. Solo che c’è un problema: pareti e vetri, nel polmone spompo al civico 32, regalano i rigori di stagione anche in casa.

“Tredici gradi questa mattina, 17 se cuciniamo”, dice un residente, termometro alla mano. Freddo vero. Quello che entra nelle ossa e non ti lascia fino a marzo. Poi forse sarà il tempo dei topi nel cortile, fino a settembre. E allora si potrà parlare d’altro.

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