L’esplosione dell’epidemia di Coronavirus in Cina sta dominando le cronache internazionali da diverse settimane, tra il timore che la malattia si estenda ad altri paesi e gli sforzi da parte del Governo di Pechino di contenere il contagio, originato nella zona di Wuhan e diffusosi i a gran parte del Paese.
Tra gli stranieri che si trovano in Cina al momento c’è Nicola Butti, comasco trasferitosi nel 2006, e attualmente residente nella città di Wuxi, nella provincia di Jiangsu, dove ha il proprio studio di design industriale “BUTTIstile” e dove si sono già registrati alcuni casi di Coronavirus.
Ci puoi descrivere la situazione?
A Wuxi ci sono stati dei casi di Coronavirus in persone di ritorno da Wuhan. Al momento il Governo ha imposto la chiusura di uffici pubblici, aziende e negozi in modo da guadagnare del tempo per trovare un vaccino. Ci sono forti limitazioni degli spostamenti.
Tu e la tua famiglia come avete reagito all’emergenza e come vi state adattando?
L’epidemia è scoppiata quando eravamo nelle Filippine in vacanza per festeggiare il capodanno cinese. Siamo stati presi alla sprovvista ma abbiamo deciso di rientrare in ogni caso. A Wuxi siamo stati accolti da una lunghissima coda in autostrada. Funzionari del governo in tuta ermetica hanno misurato la temperatura a tutti i passeggeri delle auto. Una volta a casa abbiamo fatto scorte di cibo al supermercato. Dovremmo essere autosufficienti per almeno due o tre settimane.
La vostra vita quotidiana come ha risentito delle misure straordinarie volute dal governo?
Fortunatamente viviamo in un complesso di abitazioni che si affaccia sul lago di Tai Hu, zona che ha una densità di popolazione minore rispetto al centro. Il coronavirus si trasmette per via diretta e qui non si incontrano molte persone. Quindi siamo al sicuro e possiamo fare passeggiate sul lungolago e rompere la noia dell’essere costretti in casa.
Che tipo di informazioni ricevete dai media cinesi?
I mezzi di informazione cinesi forniscono alcuni dati. I media internazionali ne danno invece altri. E’ molto difficile capire quale sia il tasso di mortalità effettivo, ad esempio, rispetto ad altre malattie simili come Sars e Mers. Al momento quindi l’unica certezza è rimanere al riparo.
A che punto potreste pensare di spostarvi in Italia?
Qualora tutte le attività rimanessero ferme, il cibo potrebbe cominciare a scarseggiare. A quel punto rientrare potrebbe essere la soluzione. I genitori di mia moglie Mei, però, sono anziani e non possiamo lasciarli indietro. Abbiamo anche un cane che non potremmo portare con noi. Nostra figlia non ha un passaporto italiano e gli uffici visti sono chiusi fino almeno al 10 di febbraio. Scappare non è così semplice.