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Covid, nei supermercati la trincea dei cassieri. Dario: “Gente assembrata e stress. Noi dimenticati”

Dall’avvento della pandemia, le casse dei supermercati non si sono mai fermate.

I prodotti hanno continuato ad essere posizionati sugli scaffali e le persone che arrivavano ai banchi servite. Neppure a marzo dello scorso anno, nei giorni del lockdown più duro, la macchina della grande e piccola distribuzione alimentare si è fermata.

“Abito a Montorfano e mi reco ogni giorno al lavoro a Como – racconta Dario, dipendente di un noto supermercato – arrivavo in bicicletta senza incontrare nessuno sulla mia strada: poi dentro al supermercato era tutto un altro mondo, malgrado in quel momento i Dpcm governativi avessero istituito gli ingressi contingentati che invece oggi non sono più richiesti”.

Soprattutto all’inizio della scorsa primavera, quando il coronavirus era qualcosa di nuovo e sconosciuto, era estremamente difficile e stressante stare in mezzo alla gente: impossibile dimenticare le code fuori dai supermercati perché la gente voleva fare scorta nella dispensa.

“Il primo mese non avevamo neppure la mascherina perché era impossibile trovarle per chiunque – ricorda Dario – poi finalmente arrivarono, ci aggiunsero il plexiglass in cassa però a un certo punto dissero che non era più necessario il contingentamento degli ingressi. Non è stata una buona idea perché il supermercato non è come il cinema, un luogo statico; può capitare che la gente si ammassi tutta nella stessa zona, in cassa ad esempio. Trovo assurdo che si sanzionino gli assembramenti in una piazza ma su ciò che accade in un qualsiasi supermercato nessuno dica nulla”.

A fronte di tutto ciò, in molti, Dario compreso, speravano in un occhio di riguardo per la categoria all’inizio della campagna vaccinale.

“E’ chiaro che non siamo medici o infermieri costantemente a contatto con i malati ma siamo sempre in mezzo a tanta gente – sottolinea il dipendente – ancora oggi non abbiamo mascherine Ffp2 e da un anno a questa parte la sensazione che proviamo è di trascuratezza. C’è tanto stress tra di noi: durante la terza ondata il virus era tra di noi, molto più vicino rispetto a marzo, alcuni colleghi lo hanno preso. Per questo ci si aspettava un aiuto all’inizio della campagna vaccinale, che venissimo presi in considerazione per essere tra i primi, e invece anche questa volta siamo stati tagliati fuori”.

Cgil e Cisl: “Tanti contagi, nessuna priorità per il vaccino”

A dare un quadro più completo della situazione che da un anno stanno affrontando i lavoratori della grande distribuzione è Milena Padovani, funzionaria sindacale territoriale Filcams Cgil di Como.

“Al momento la tensione è alle stelle – sottolinea – al di là dell’ultimo periodo, sono state cancellate molte norme che tutelavano i dipendenti della grande distribuzione come ad esempio gli ingressi contingentati. Sono stati aboliti ma ora i dipendenti devono quotidianamente battagliare con i clienti per l’accesso alle strutture di vendita. In molti casi si presentano famiglie intere: come possono i dipendenti far rispettare la regola dell’accesso a un solo membro della famiglia?”.

E aggiunge: “Inoltre molte aziende prevedono il rispetto della capienza massima, altre invece assolutamente no e questo è un pericolo per i dipendenti e per i clienti. Non a caso abbiamo registrato negli ultimi mesi un alto numero di contagi tra i dipendenti del settore”.

Per questo le richieste dei sindacati sono molto chiare. “Nei futuri Dpcm serve che venga rivista la parte sui protocolli e i comitati di sicurezza – aggiunge Milena – perché al momento non tengono conto delle caratteristiche specifiche della grande distribuzione”.

Le ha fatto eco Giuseppe D’Aquaro della Fisascat Cisl dei Laghi. “In questo anno di pandemia i lavoratori della grande distribuzione sono stati quelli presi meno in considerazione – spiega Giuseppe – malgrado fin dal primo giorno non si siano mai fermati. Sono sempre stati in prima linea, in mezzo alla gente, costantemente esposti al rischio. Eppure nessuno li ha presi in considerazione come tali. Non c’è stato alcun riconoscimento di questo rischio, neppure all’inizio della campagna vaccinale”.

Vista questa situazione, D’Aquaro è chiaro nelle richieste che la sigla sindacale sta cercando di portare avanti: “E’ un dato di fatto che in questi mesi è aumentata la malattia tra i dipendenti del settore – spiega – per questo è necessaria maggiore responsabilità da parte delle aziende con l’utilizzo dell’accesso contingentato per portare più sicurezza tra i dipendenti ma anche tra i clienti”.

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2 Commenti

  1. Posso solo dirle che anche io, come dario, lavoro in un supermercato e da inizio pandemia a oggi nel mio luogo di lavoro quasi il 50% dei dipendenti ha contratto il virus. Non sarà una dilagazione incontrollata, ma sicuramente è una bella percentuale.

  2. E’ obbligo del datore di lavoro (supermercato) proteggere i propri dipendenti e dei responsabili della sicurezza interni e delle forze dell’ordine verificare l’applicazione delle regole. Evidentemente non è stato fatto così male se, pur avendo lavorato in continuazione, non c’è stata una dilagazione incontrollata del virus tra i lavoratori dei supermercati. Il vaccino quindi probabilmente è effettivamente superfluo. Che poi con una FFP2 si sia e soprattutto ci si senta effettivamente più sicuri è un altro discorso, in questo caso direi più psicologico che altro. Complimenti a tutti, avete tenuto duro facendo e mantenendo il vostro lavoro.

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