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Covid – Perché Conte ha detto: “Concreto rischio ritorno del contagio”. Ecco lo studio che lo ha convinto

Lo scrivevamo ieri, non serviva una lettura in controluce tra le parole del premier, Giuseppe Conte, domenica sera alla presentazione dell’ultimo Dpcm, per comprendere l’immensa esitazione in vista della minima apertura del 4 maggio.

Indipendentemente da ogni singolo, sacrosanto e legittimo bisogno di sopravvivenza e lavoro, da settimane epidemiologi e esperti di ogni ordine e grado hanno sollevato dubbi circa la Fase2.

E giustappunto ieri sera Conte, approdato in Lombardia, è stato netto:

Conte in Lombardia è tranciante: “Non ci sono condizioni per tornare alla normalità, lo dobbiamo dire in modo forte e chiaro” 

Ebbene, cosa ha convinto il primo ministro? Un documento, uno studio evidenziato dal Comitato Tecnico-Scientifico (lo trovate integrale, sotto).

E’ denso di informazioni pesantissime, per esempio dice: “I risultati mostrano che riaprire le scuole innescherebbe una nuova e rapida crescita epidemia di COVID-19. In particolare, la sola riapertura delle scuole potrebbe portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia intensiva attualmente disponibili a livello nazionale”.

Il documento evidenzia anche una tabella che esprime i fattori di rischio collegati alle future aperture e che riguardano ogni attività.

IPOTESI TUTTO APERTO

Si ipotizza, in sostanza, la situazione estrema. Cosa accadrebbe se tutti avessero un’apertura immediata? Cioè senza smartwork e scuole operative. Lo studio sostiene che vi sarebbe il bisogno di 151mila posti nelle Terapie Intensive già il prossimo giugno. Oltre a un numero di ingressi in ospedale, entro fine 2020, pari a 430.866.

“L’impatto sul sistema sanitario – si legge – sarebbe notevole, è evidente che lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto.

MANIFATTURIERO EDILE OK, PERCHE’ NO COMMERCIO E RISTORAZIONE

Si legge ancora: “Assumendo che i contatti in comunità non aumentino, la riapertura dei settori manifatturiero, edile, commercio e ristorazione avrebbe un impatto minimale sulla trasmissibilità dell’infezione. Tuttavia, mentre per il settore edile e manifatturiero questo scenario può considerarsi realistico, per il settore commerciale e di ristorazione un aumento di contatti in comunità è da
considerarsi un’inevitabile conseguenza dell’apertura di tali settori al pubblico, e può potenzialmente innescare nuove epidemie“.

COME APRIRE IN SICUREZZA

“I risultati ottenuti suggeriscono che”:

1. la riapertura delle scuole aumenterebbe in modo significativo il rischio di ottenere una nuova grande ondata epidemica con conseguenza potenzialmente molto critiche sulla tenuta del sistema sanitario nazionale;

2. per tutti gli scenari di riapertura in cui si prevede un aumento dei contatti in comunità, la trasmissibilità supera la soglia epidemica, innescando quindi una nuova ondata epidemica;

3. nella maggior parte degli scenari di riapertura dei soli settori professionali (in presenza di scuole chiuse), anche qualora la trasmissibilità superi la soglia epidemica, il numero atteso di terapie intensive al picco risulterebbe comunque inferiore alla attuale disponibilità di posti letto a livello nazionale (circa 9000).

4. Se l’adozione diffusa di dispositivi di protezione individuale riducesse la trasmissibilità del 15%, gli scenari di riapertura del settore commerciali alla comunità potrebbe permettere un contenimento sotto la soglia epidemica solo riuscendo a limitare la trasmissione in comunità negli over 60 anni.

5. Se l’adozione diffusa di dispositivi di protezione individuale riducesse la trasmissibilità del 25%, gli scenari di riapertura del settore commerciale e di quello della ristorazione alla comunità potrebbe permettere un contenimento sotto la soglia solo riuscendo a limitare la trasmissione in comunità negli over 65 anni.

Leggi lo studio integrale (click per sfogliare):

Riaperture_report (1)

CORONAVIRUS: TUTTI GLI AGGIORNAMENTI DA COMO, LOMBARDIA E TICINO

 

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