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Covid, un anno dopo. Landriscina: “I confini cadono di fronte alla natura. Il male di uno è il male di tutti”

A un anno esatto dall’identificazione del caso di Codogno si celebra la giornata nazionale dei Camici Bianchi.

Covid – Impegno e sacrificio di tutti i Camici Bianchi, il 20 febbraio la giornata voluta da Ozpetek e Mogol

In questo senso il sindaco di Como, Mario Landriscina (che ricordiamo, è medico), ha diffuso una lettera aperta. La pubblichiamo integralmente:

“La nostra solitudine di medici è quella dei nostri malati, nel limbo che divide la vita dalla morte noi siamo cura e conforto. Non ci sono famigliari a vegliare i loro cari. È la nostra mano che tiene la loro, che ci stringe in un legame nuovo e profondo e dissolve la divisione tra malato e curante”.

Sono parole della dottoressa Annalisa Malara: un’anestetista, una collega, che all’ospedale di Codogno, esattamente un anno fa, per prima intuì la possibilità che un paziente fosse affetto dal covid e lo sottopose al tampone, assumendosene la responsabilità.

A partire da queste parole voglio esprimere la partecipazione viva e sincera alla prima Giornata dei Camici bianchi, istituita per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio di medici, infermieri, operatori e volontari, farmacisti, veterinari, nel corso della pandemia. Ringrazio a nome mio e dell’intera cittadinanza i presidenti dei rispettivi ordini provinciali e per loro tramite tutti gli iscritti.

E’ trascorso un anno, dal quel primo caso di coronavirus identificato in Italia. Un anno di passione e sacrificio per tutti noi, ma soprattutto per coloro che sono rimasti in prima linea a fronteggiare il dramma che ha stravolto le nostre vite, in primis sul nostro territorio.

Circondati dal silenzio surreale di quei primi giorni, ricorderemo certamente lo smarrimento, la paura, il bisogno di capire qualcosa che nemmeno potevamo concepire nei termini che poi si sarebbero manifestati, di fronte all’improvviso arrestarsi di tutto proprio nella dinamica Lombardia.

L’inimmaginabile ha modificato le matrici stesse della nostra quotidianità.

Al silenzio è seguito l’umano bisogno di sperare nella scienza, nei ricercatori, e di affidarsi ai medici, agli operatori che più di chiunque altro sono stati i nostri punti fermi in un mondo nuovo, ostile, di cui non capivamo chiaramente le dinamiche e le evoluzioni.

In loro, tutti coloro che celebreremo con questa giornata, oggi e negli anni a venire, testimoniando questa tragedia alle nuove generazioni, abbiamo riposto la nostra fiducia e le nostre speranze, con la consapevolezza del valore enorme del sacrificio di ciascuno e con la certezza che i nostri “camici bianchi” non si chiameranno fuori dalla lotta contro questo nemico funesto e invisibile.

Il nostro pensiero oggi deve andare al contempo alle tante, troppe vittime della pandemia, anche tra il personale sanitario, e a quanti hanno perduto i propri cari.

Non possiamo arrenderci. I confini geografici e mentali decadono di fronte alle logiche della natura, e oggi più che mai ci rendiamo conto che il male di uno è il male di tutti. Ma dalla nostra parte abbiamo la ricerca, i nostri migliori talenti e le nostre profonde energie che non dobbiamo esitare a spendere per gli altri, ognuno nel proprio ruolo.

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