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Due secoli di Panettone Baj, capolavoro comasco di Natale. “Abbiamo creato un dolce culturale”

C’è una storia – tutta comasca – che sa di dolce e di Natale. E’ quella del Panettone Baj, nato a Milano nel 1768 e rinato nel 2016 a Como. La storia è quella della famiglia Baj, appunto, che oggi coniuga editoria e pasticceria.

“Il nostro è un panettone storico, tra i più antichi d’Italia – spiega Tomaso Baj che con papà Cesare ha riattivato la produzione – è tornato sul mercato nel 2016 con soli 400 pezzi. La risposta sul prodotto è stata subito ottima, ormai abbiamo clienti fidelizzati che lo aspettano ogni anno. Lavoriamo prettamente su Como e provincia ma grazie all’e-commerce arriviamo in tutta Europa. Da quest’anno siamo anche in Romania, Svizzera e Francia”.

E con i negozi chiusi l’e-commerce è stato fondamentale. “E’ un settore che è letteralmente esploso con un più 200% rispetto all’anno scorso – spiega Tomaso – anche se a causa del Covid, con i ristoranti e i bar chiusi, che sono nostri rivenditori importantissimi, abbiamo venduto la metà rispetto all’anno scorso. Ma va bene così perché avendo dovuto fermare la produzione a inizio dicembre, abbiamo esaurito tutto quello che avevamo in magazzino”.

Una storia familiare di cui Tomaso va particolarmente fiero. “Il panettone è il dolce più venduto al mondo e l’Italia è famosa ovunque per questo prodotto – spiega Baj – e mi rende molto orgoglioso il fatto che ad averlo lanciato oltre due secoli fa sia stato il mio antenato Giuseppe Baj”.

Tomaso e papà Cesare non stanno in pasticceria come il loro antenato ma hanno saputo dare nuova linfa al prodotto e alla sua storia per renderlo appetibile sul mercato odierno.

“Noi oggi siamo editori, non più pasticceri – spiega Tomaso – in laboratorio c’è un nostro fidatissimo collaboratore che ha fatto la storia della pasticceria italiana mentre noi raccontiamo le origini di questo panettone e degli altri dolci lombardi che produciamo, come la Resta e il Mataloch: i nostri dolci infatti sono sempre accompagnati da dei libretti con la loro storia. Insomma facciamo dolci culturali”.

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