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Il gran ritorno di Camesasca e i 7 punti per il turismo a Como: “Gardaland per gossip e vip o identità?”

Imprenditore, fine osservatore, studioso e anticipatore del fenomeno turismo sul territorio lariano, Andrea Camesasca riveste oggi il ruolo di vice presidente dell’Associazione Albergatori della Provincia, delegato di Confcommercio Como e presidente del Enti Bilaterali del Turismo. Negli ultimi vent’anni si è insomma ritagliato un indiscusso ruolo di guru del settore.

Ma ora che ci si giocano le poltrone della Camera di Commercio di Como Lecco, non è che sta facendo un pensierino di tornare anche lì?
Credo che i miei dieci anni che ho fatto siano stati sufficienti – sorride Camesasca – ora è giusto che entrino nelle istituzioni giovani appassionati, come lo ero io, per portare anche idee innovative e visioni nuove sul territorio. Non ho mai creduto tanto ai resuscitati dai vecchi mandati.

Però quando c’à da parlare di turismo, visioni e previsioni continuano a chiamare lei, l’ultima occasione è stata con il Rotary Como Baradello.
Mi ha invitato Franco Brenna e non potevo dire no.

Quindi come sta il turismo a Como e in provincia?
Come sta. Sono tutti preoccupati in questo momento, ma lo sappiamo che a Como non siamo mai contenti. O ne abbiamo troppo o ne abbiamo troppo poco. E le persone di solito hanno ragione, perché quello turistico è un settore davvero complicato. Complesso anche a livello normativo, perché non si poggia su leggi stabili, complicato per i numeri.

Ecco iniziamo magari da lì, abbiamo davvero raggiunto il limite dell’overtourism?
La crescita è stata esponenziale. In meno di dieci anni siamo passati da 1,2 milioni di presenze a 4 milioni. La prima domanda che dobbiamo farci e qual è il limite del territorio a livello di servizi e anche sottoservizi. Chi ha questi numeri deve capire se è questo il turismo che vogliamo, se questo afflusso di cittadini temporanei possa o meno convivere con i residenti abituali, però serve anche visione sul futuro.

Che a lei non è mai mancata, diciamo. Ma quindi il limite al turismo è il benessere dei residenti?
Vedo che mi ha capito, ma non si tratta del pensiero innovativo di Camesasca, guardi che questo principio è già contenuto nel Costituto Senese del 1309, che dice che chi amministra deve avere a cuore massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini. Più chiaro di così. E questo è soltanto il primo di sette o otto punti che ho spiegato anche l’altra sera e che devono disegnare il futuro del turismo a Como.

Beh, adesso però a ComoZero deve dare anche gli altri sei o sette.
Ok, ma se vuole prima li riassumo anche in uno unico. Ovvero, Como deve capire se vuole diventare o meno la Gardaland di Europa con i Supervip e basare la sua promozione sui tabloid.

Partenza a bomba, o sentenza definitiva? Però rimane la curiosità sugli altri.
Il primo è che se presenti un’offerta banale arriva una domanda banale. Oggi chi si occupa della non comunicazione del territorio? I tabloid? Alcuni social? Non esiste comunicazione turistica culturale sui Magistri Cumacini, Volta, Plinio o Manzoni. Il Lago di Como è il luogo dei Vip, punto. Non faccio critiche a nessuno, il mio non è contropolulismo. Però oggi va anche tutelata l’identità del luogo. Il turismo sostenibile è una barzelletta, serve la rigenerazione per non creare danni al territorio. Con il turismo rigenerativo si possono migliorare le condizioni economiche e ambientali. Ci sono fior di studi in merito. Il futuro è rigenerarsi, destagionalizzare e delocalizzare. Non tutti possono arrivare a Bellagio, creiamo un percorso che li dirotti anche a Civenna e Magreglio. Ma servono servizi e promozione.

Vogliamo andare con il punto due?
Il turismo è l’economia del cuore di donne e uomini appassionati. Non si deve deumanizzare il territorio. Serve un patto tra imprese, lavoratori e istituzioni anche sulla formazione. Il settore oggi vale il 12% del Pil (arriva al 20% con l’indiretto), ma condiziona la vita di tutti, nel bene o nel male. Terzo punto è la qualità dei territori. Si deve seguire una nuova definizione lusso di lusso: organizzato e pulito. Un luogo degradato distrugge il turismo. Napoli è tornata a fiorire come destinazione quando ha migliorato le sue condizioni di sicurezza e pulizia.

Quindi passiamo al quarto?

Lo possiamo legare al punto due e riguarda il digitale o il metaverso, che sono ottimi strumenti anche di promozione, ma non l’unico mezzo per fare crescere le imprese. Servono uomini e donne.

Ma per la politica non ha riservato almeno un punto?
E come no. Serve la revisione delle deleghe della legge regionale del 2015 e occorre subito una legge di classificazione delle attività extra alberghiere. Oggi in una palazzina di Como abbiamo le stesse camere di un grande albergo. Questo significa che non ci sono però più stanze e appartamenti per i medici, gli infermieri o gli studenti stranieri. Devo tenere una lezione con gli universitari dell’Insubria, sono 70 studenti quasi tutti stranieri. Mi sono chiesto dove vivano per frequentare l’università a Como. La regione deve delegare alcune attività al territorio, a chi lo vive. Dieci anni fa esisteva il Tavolo del turismo ristretto. Ma anche il territorio deve parlare di più con la Regione e fare di più. Voi vi ricordate quando è stata fatta l’ultima opera infrastrutturale in chiave turistica? La Tremezzina, va bene, ma non servirà certo a spostare i turisti. Perché invece non si investe neppure un euro sulla ferrovia leggera Lecco-Como. Sarebbe un modo per collegare meglio anche Cantù e togliere auto dalle strade.

Mancano due punti, ma la lectio magistralis diciamo che potrebbe chiudersi anche qui, ne ha un po’ per tutti.
Mi avete chiesto voi di parlare. Il sesto punto riguarda la tutela del patrimonio turistico, della bottega, del negozio di alimentari e del piccolo albergo. Il Lago di Como non deve diventare preda dei grandi gruppi. Va preservato. Guardate i centri storici. Se diventano luoghi conformato agli stereotipi i turisti non proveranno sensazioni, sapori, profumi e colori diversi tra venire sul Lago di Como o a Dubai. Il vero lusso è il rispetto delle identità. Sull’ultimo punto devo tornare ancora alla politica, che deve investire su un turismo non banale. Il futuro sono musei d’impresa, ma anche lo sport. Vanno bene i nostri amici attori o influencer per la promozione, che rispettiamo, ma vanno pensate strategie condite con l’identità comasca. Se il territorio non cuminica, allora vincono i tabloid.

Sarà mica colpa dei giornali e dei giornalisti?
Mai detto questo. Ma torno al mio concetto iniziale. Chi sta facendo oggi l’offerta turistica? Il gossip, i tabloid. Io mi preoccupo di un’economia longeva, che comprenda il vero genius loci di Como, che è tutto tranne una destinazione qualunque. Viva il pane artigianale, le osterie di una volta, il pesce di lago. Nella deriva di uno standard del bello anonimo, pur di lusso, taverne e locande faranno la differenza anche a livello di alloggio.

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6 Commenti

  1. Un’analisi che condivido in parte: non si può prescindere dal salvaguardare il concetto di “sostenibilità” dei turismo.

  2. Analisi lacunosa in alcuni punti.
    “Si deve seguire una nuova definizione lusso di lusso: organizzato e pulito.” Pulito mi sembra ci sia poco da dire, il lago non è sporco. Organizzato, spesso male, ma mancando gli spazi idonei si parte molto svantaggiati.
    “Guardate i centri storici”: troppo tardi, è bastato un Bennet qualsiasi per salutare molti dettaglianti, anche alimentari.
    “Oggi chi si occupa della non comunicazione del territorio?” Qui Camesasca ha perfettamente ragione: dove stanno i soliti noti? A occuparsi di A.I.?

  3. L’influencer sul lago di Como è stato ospitato/a da albergatori a cui hanno pagato Vito e Alloggio perché esercitassero il proprio mestiere, divulgare via social la camera, la jacuzzi, il pranzo o la colazione stellata. Per intenderci non è venuto Mesner per promuovere i sentieri della val d’Intelvi, a pane e cipolla di Brunate e missoltini intinti nella polenta. È venuta la Ferragni con la borsa di Gucci e le cabine armadio chilometriche. Questa è la realtà dei fatti.

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