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Il nome della rosa: i venditori di fiori e cosa dicono. Mentre la politica si scanna

Non sono rimasti sullo sfondo. Ne abbiamo parlato ampiamente nell’ultimo numero di ComoZero Settimanale. Nemmeno lo sanno cosa si sta scatenando loro intorno. I venditori di rose (mimose, l’otto marzo) stanno nutrendo un ferocissimo confronto sociale, politico, pubblico. Per chi non avesse seguito, sintetizziamo al minimo la vicenda. In quattro tappe:

1 – Como, la polizia locale ha sequestrato 789 mazzi di mimose, multe per 18mila euro

2 – Locatelli, appello a Como: “Rose e mendicanti, non date un euro. Cattivi? Il popolo ha scelto”

3 – Maesani, Gaddi, Amelia Locatelli: il centrodestra che si ribella ai blitz anti mimose

4- Affondo sanguinario di Gaddi: “Locatelli contro i venditori di Rose: cultura falsa, ipocrita e vigliacca”

Nella brevissima (parziale ma essenziale) selezione di articoli c’è quanto accaduto in questi giorni. Ora parliamo di loro, perché, comunque la si pensi, è necessario conoscere un fenomeno prima di emetter sentenza. Qui sotto, il racconto.

I mendicanti di Como sono fantasmi che mormorano agli angoli delle strade qualche parola in Italiano. “Mangiare, moneta, fame”, il necessario per chiedere l’elemosina. Sono uomini tra i venti e i trent’anni, nigeriani o dell’Africa subsahariana in attesa di documenti, in cerca di lavoro o clandestini.

Alcuni frequentano il centro storico o il Mercato Coperto, dove chiedono qualche moneta ai passanti. Altri, in viale Varese, indicano posti liberi a chi cerca parcheggio, sperando in una piccola ricompensa.

La sera, poi, la città si popola di venditori di rose bengalesi che aleggiano attorno ai tavoli degli aperitivi. Insomma, non sembra aver fatto granché “paura” il maxi-sequestro di mimose in occasione della festa della donna: 789 mazzi requisiti dalla polizia locale e 18mila euro di multe (saranno pagate? Il dubbio è lecito).

Un’operazione acclamata dall’assessore alla Polizia locale Elena Negretti e dalla Lega come restaurazione della legalità, mentre da altri (persino alcuni spezzoni di centrodestra: Patrizia Maesani, Amelia Locatelli, Sergio Gaddi) vista come un blitz ipocrita e vessatorio nei confronti degli anelli deboli della catena.

Tornando in strada, incontriamo Friday, 25 anni. Chiede l’elemosina all’angolo tra via Luini e via Collegio dei Dottori. Si copre il capo con il cappuccio della felpa sporca. Gli occhi scrutano con diffidenza il giornalista che fa domande. Chiede qualche moneta in cambio di risposte.

“C’è poco da raccontare – comincia il ragazzo che in Africa faceva l’autista – Sono arrivato tre anni fa, sbarcando in Sicilia. Sono dovuto scappare dal centro di accoglienza perché le condizioni erano pessime. Sono venuto a Como perché volevo un lavoro. E invece ho trovato la vergogna di dover chiedere soldi alla gente per strada”.

Friday si sente responsabile per quello che gli è successo: “Mi sono lasciato tirare in basso, sul fondo. Non l’avrei mai detto. Ma sono sicuro che con un lavoro sarò in grado di tirarmi su”.

Sogni infranti e grandi aspettative inseguiti da terre lontane uniscono i nigeriani negli angoli delle strade ai bengalesi che vendono rose a spazientiti avventori. Anche loro parlano qualche parola di italiano, il giusto per lanciarsi nell’immancabile “una bella rosa per una bella ragazza”.

Reggono mazzi di rose da venti, comprati da connazionali che hanno intravisto un guadagno maggiore nel commercio “all’ingrosso”. Gli orari variano. Si attacca alle sette, ora di aperitivo e si stacca quando le luci gialle di Como illuminano piazze vuote.

Il ritorno economico è spesso di pochi euro. “Troppo poco”, commenta Mujahid, uno dei venditori, tenendo in mano un mazzo di rose drammaticamente folto per essere sera tardi. “Gli italiani sono brava gente ma nessuno compra e a me non piace insistere”.

Due storie, identiche ad altre mille. In una Como che, dopo la “faccia feroce” dell’8 marzo, è tornata ad assumere la maschera di sempre. Sovente, dai tratti mediorientali, piaccia o meno.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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