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Le due omelie di Natale del cardinale Cantoni: “Ogni giorno il buio della disumanità e della ferocia. Ma c’è la luce di Dio”

Ecco il testo delle omelie pronunciate dal vescovo di Como, il cardinale Oscar Cantoni,  ieri sera e questa mattina questa mattina in Duomo durante la messe di Natale.

MESSA DELLA NOTTE

Cari fratelli e sorelle, sorprende sempre questa affermazione della Parola di Dio che abbiamo appena udito: “il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce” (Is 9,1).

È una immagine che riflette la nostra condizione attuale. Non è l’oscurità di una notte qualsiasi che ci avvolge e ci disorienta, ma è il buio che lascia trasparire realmente la situazione di inquietudine e di smarrimento, in cui giace l’umanità in ogni parte della terra.

È inutile ricordare qui i diversi segni di disumanità e di ferocia, ampiamente documentati ogni giorno dai mass media: sono già sotto gli occhi di tutti. Ne esce l’immagine di un arretramento globale, di una vera e propria sconfitta della nostra umanità, soprattutto constatando tante persone che vivono in una condizione assolutamente inaccettabile di vita.

È coraggioso, allora, il fatto di essere venuti qui, non certo per adempiere una consolidata tradizione, ma perché crediamo fermamente che, nonostante la tristezza, simboleggiata dal buio della notte, esiste tuttavia una fonte feconda di luce, che ci viene donata, ancora una volta, da Dio, per sua libera e gratuita iniziativa.

Egli non si stanca di prendersi cura dei suoi figli feriti e vacillanti e ci dona di nuovo una luce che illumina e riscalda, che guarisce e che consola. È il suo Figlio Gesù, la luce che brilla nelle tenebre (Gv 1,5).

Siamo assetati di luce divina, la cui caratteristica non è quella di offrire parole consolanti, ma illusorie perché momentanee, come agisce un anestetico, che assopisce per un poco, ma poi tutto ritorna come prima, facendoci ricadere in un ulteriore stato d’animo depressivo.

In questa notte santa, invece, qui accogliamo veramente la grazia di Dio, che “ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà“, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura.

Ci viene donata la capacità di affrontare con coraggio e in piena consapevolezza il tempo presente, nelle situazioni drammatiche che stiamo attraversando e che ci impegna ad amare, nonostante quello che vediamo, a convergere su degli obiettivi comuni, a credere che finché ci si impegna a vivere legami di fraternità, il bene, anche se tenue, non potrà mai essere sconfitto dalle tenebre del male.

La grazia di Dio, cioè il suo amore per gli uomini, ci offre la possibilità e il coraggio di non rispondere al male col male, con la violenza e la forza, di bandire ogni forma di vendetta e di superiorità, ma di diventare sempre più uomini e donne che cercano, con ogni mezzo, senza mai stancarsi, ogni via possibile per il dialogo e la ricerca di una pace giusta e vera.

È la grazia di Dio che ci convince ad operare sempre il bene, anche a costo di grandi fatiche, dal momento che a ognuno di noi è chiesto di prendersi cura dell’altro.

Impariamo a vivere come uomini e donne dall’animo riconciliato, pronti o almeno desiderosi di annullare, a partire dal proprio cuore, ogni rivalsa, ogni spirito di vendetta, perché chiamati a costruire una fraternità che è frutto della certezza di essere tutti amati da Dio.

Da qui possono generarsi nuove relazioni positive, che ci rendono capaci di progettualità comuni senza perdere la nostra identità.

La gloria di Dio consiste nel trattare da figlio ogni uomo, chiunque egli sia, da ovunque provenga, al di là dei suoi meriti o delle sue colpe.

Ce lo annunciano questa notte, di nuovo, gli angeli, come un tempo a Betlemme: “gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra, pace agli uomini che Egli ama“.

MESSA DEL MATTINO

Il nostro amato Dio oggi si è fatto visibile in una persona umana, in un tenero e fragile volto di un bambino.

Il Verbo di Dio si è fatto carne nella persona viva di Gesù, nel suo corpo, nei suoi atti e nelle sue parole, indirizzate alla sua famiglia, agli amici, ai discepoli e perfino a chi gli era avverso.

In questo modo Dio padre, nel Natale del suo figlio, è diventato visibile, come ci ha riferito il vangelo di Giovanni.

Il cristianesimo, dunque, non è un sistema filosofico, un generico insieme di valori, ma l’incontro gioioso nella fede tra persone viventi: Dio fattosi uomo, che fa il primo passo verso i suoi amati figli e incontra volti precisi, dentro una storia particolare, persone che si sentono al centro delle attenzioni e delle sue premure, amate come se fossero unici.

A Natale abbiamo la felice opportunità di renderci conto di quale dono il Signore Gesù ci abbia recato venendo sulla terra tra noi. Egli ci ha rivelato Dio, il suo volto di amore infinito, ma insieme, ci ha mostrato pure il volto dell’uomo e della donna, creati a sua immagine, capaci quindi di vero amore.

È l’amore la grande vocazione che ci viene attribuita, quella che ci riveste di una dignità inestimabile, proprio perché figli amati. E se figli anche fratelli e sorelle tra noi, un onore e un compito di altissima responsabilità, di cui fare memoria (e non solo a Natale!).

Noi abbiamo quindi la possibilità di fare continua esperienza del volto amorevole di Dio. Attraverso altri esseri umani, che ci amano, si prendono cura di noi e ci donano la consapevolezza di essere teneramente avvolti dalla misericordia di Dio padre.

Anche noi, a nostra volta, siamo chiamati a diventare volto tenero e provvidente di Dio per gli altri, nella misura in cui ci sentiamo responsabili, a partire da quanti sono vicini ogni giorno, affidati alle nostre cure. Un compito che ci responsabilizza e ci promuove, proprio come persone adulte e mature.

Perciò, in questo tempo così drammatico, con le notizie delle guerre in atto in varie parti del mondo, con gesti di inaudita violenza, ci sentiamo turbati e profondamente scossi.

Non possiamo tuttavia scaricare sugli altri le nostre personali responsabilità e i limiti che noi stessi avvertiamo. Ci assale un vero senso di amarezza ogni volta che nel nostro personale microcosmo promuoviamo semi di aggressività, accettiamo l’individualismo e coltiviamo un generico disimpegno, che sommati al male comune, acutizzano la situazione generale, generando solo tristezza e vuoto.

In queste settimane di Avvento abbiamo invocato dal Signore Gesù che la sua venuta ci possa liberare dall’ombra di morte, cioè dalla prigionia del male che è in noi, ma anche che la presenza del Signore promuova lo sviluppo del bene nella sua pienezza, il primato assoluto dell’amore, della fiducia e della amicizia.

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