“Un’altra arma, in questo caso come terapia, da mettere in campo nella nostra sanità di guerra contro il Covid” commenta la vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti
Gli anticorpi monoclonali sono proteine in grado di neutralizzare gli antigeni, cioè quelle sostanze estranee all’organismo, come virus e batteri.
Questi anticorpi sono di estremo interesse perché possiedono affinità altamente specifica per combattere il Covid legandosi facilmente al virus che viene così neutralizzato.
“A oggi – aggiunge Moratti – tra Asst, Irccs pubblici e privati accreditati, in Lombardia i centri autorizzati alla prescrizione e somministrazione di questi trattamenti sono le 17 infettivologie presenti sul nostro territorio, oltre all’Asst Valtellina e Alto Lario. Sono poi in attesa di autorizzazione altre cinque Asst. Autorizzazione che di fatto andrà ad ampliare la platea di persone, affette da Covid di recente insorgenza e con sintomi lievi e moderati, che potranno essere curate con queste modalità”.
Il via libera di Aifa e del Ministero della Salute alle cure a base di anticorpi monoclonali è arrivato febbraio e la selezione del paziente è affidata ai Medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta, ai medici delle Usca e più in generale ai medici (medicina interna, malattie infettive e pneumologia) che abbiano l’opportunità di entrare in contatto con questi pazienti che poi saranno presi in carico dalle struttura ospedaliere e ambulatoriali.
“Si tratta di una nuova frontiera per fronteggiare la terza ondata Covid che sta colpendo fasce di popolazioni più giovani cercando di scongiurare così una maggiore ospedalizzazione – conclude Moratti – Una tappa importante verso le Biotecnologie, del resto in Italia e in Lombardia ci sono le competenze per sviluppare questo tipo di innovazione”.
Un commento
Cara moratti ringraziando il celeste ed il marroni la sanità è stata ceduta ai privati ecc ecc. Abbiamo sì delle eccellenze ma questi signori hanno tagliato a più non posso e depauperato gli ospedali pubblici. Le terapie intensive mancanti a chi le dobbiamo?