“A tredici anni una delle mie nonne mi portò a New York. Mi innamorai perdutamente di quella città e dissi che volevo viverci”. E così è stato per Maria Caspani, 36 anni, giornalista comasca dell’agenzia di stampa Reuters, che dal 2019 è US correspondent, ovvero si occupa delle breaking news sugli Stati Uniti dalla Grande Mela.
Come sei arrivata a fare la giornalista a New York?
Da ragazza non avevo le idee chiare su cosa avrei fatto da grande, così mi sono iscritta a un master in giornalismo a Milano che mi ha permesso di fare la prima esperienza all’estero, uno stage alla sede londinese dell’Ansa. Lì ho conosciuto una ragazza che lavorava alla Thomson Reuters Foundation, che si occupa principalmente di tematiche umanitarie e diritti delle donne, che mi ha preso uno stage. Devo tutto a loro perché, malgrado parlassi abbastanza bene inglese, mi hanno insegnato come si scrive in una seconda lingua. Per cinque anni mi sono occupata di cucina del sito e scrittura degli articoli, poi ho chiesto se ci fosse la possibilità di andare a New York.
E ti hanno detto di sì.
Ho lasciato casa e amici, la vicinanza all’Italia e sono partita. Ho lavorato per un anno ancora alla Fondazione occupandomi principalmente delle Nazioni Unite, poi nel 2015 sono approdata al Team Digital di Reuters dove mi occupavo di Audience and Engagement. Avevo il desiderio di tornare a scrivere anche se quel ruolo mi ha permesso, ad esempio, di seguire le presidenziali del 2016 facendo live blogging.
Alla fine hai esaudito il tuo desiderio quando nel 2019 sei approdata al Team National Affairs.
Sì, ma di certo non mi aspettavo la pandemia. Sono stati due anni pesanti perché mi sono occupata quasi esclusivamente di Covid. Per questo sono entrata a far parte di un network che dà supporto ai colleghi giornalisti che hanno dovuto affrontare questi mesi. L’obiettivo è ricordare loro che è importante rispettare i propri limiti e quelli degli altri ma anche che non sono soli. Lavorare in smart working nei piccoli spazi in cui si vive a New York non è davvero stato semplice.
In questi anni hai avuto l’occasione di raccontare momenti cruciali della storia americana.
Sicuramente le presidenziali del 2016 e del 2020, così come la pandemia ma anche le elezioni di medio termine del 2018. Le due presidenziali sono state diverse tra loro perché il Covid ha influenzato molto le ultime elezioni: la pandemia ha spinto le persone a valutare in una certa maniera la presidenza Trump. Sono convinta che, senza il Covid, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Quello che posso dire è che ho visto una società che è andata polarizzandosi come mai avrei immaginato quando sono arrivata a New York in occasione dell’ultimo anno del secondo mandato Obama. Era il momento in cui vennero legalizzate le unioni tra persone dello stesso sesso. L’America di oggi non è il posto dove pensavo di vivere: la tensione e le divisioni sono palpabili.
Malgrado tu viva in quella che si potrebbe definire una bolla rispetto al resto degli Stati Uniti.
Sicuramente l’America non è New York. Ho avuto occasione di viaggiare fuori dalla città e ci sono mondi molto diversi che all’estero si conoscono poco ma che sono fondamentali per l’ossatura degli Usa. Io ritengo davvero di aver vissuto uno shock culturale perché i valori dell’Europa e dell’Italia sono molto diversi.
Cosa ti manca del nostro Paese?
Se mi avessi fatto questa domanda tre anni fa, probabilmente ti avrei risposto niente. Però è anche vero che, dopo aver vissuto dodici anni all’estero e una pandemia lontana da casa, mi mancano la mia famiglia, la quiete e il silenzio, una vita più a misura d’uomo. La lontananza mi ha fatto scoprire un’affinità con il mio popolo che non pensavo di avere.
Cosa diresti alla te di dodici anni fa?
Le direi che forse non è così male vivere in Italia. New York è meravigliosa, un’esperienza di vita, ma in generale le metropoli ti asciugano, prendono tanto di te.
Dagli Stati Uniti come vedono l’Italia?
Gli italiani sono sempre super ammirati, quando qualcuno scopre che sono di Como gli si spalancano gli occhi di meraviglia. Ormai sia io che mio fratello, che vive a Los Angeles, abbiamo delle guide “precotte” per gli amici che ci chiedono cosa visitare in Italia. Clooney sicuramente l’ha fatta conoscere ma Como è spessissimo sui magazine, sui siti, alla CNN. E’ un luogo pittoresco che attrae gli americani e io sono molto orgogliosa di essere italiana.
Hai parlato molto di Covid. Come sta andando la campagna vaccinale negli Usa?
Anch’essa ha sofferto le divisioni del Paese, è stata politicizzata. C’è ancora tanto da fare e infatti alcuni Stati in estate hanno avuto una forte ondata di ricoveri perché dilagava la contrarietà al vaccino. Lo vedono come un’interferenza nella loro vita personale ma per far fronte alla situazione il presidente Biden ha dovuto istituire l’obbligo vaccinale per accedere a molti posti di lavoro ma la sua scelta in alcuni ambiti non è stata ben vista.