Il Museo Didattico della Seta è quel genere di posto in cui entri senza troppe aspettative ed esci con la bella sensazione di aver visitato qualcosa che funziona. Ma funziona davvero.
Intanto non è esattamente un posto davanti cui capiti per caso e decidi di entrare per dare un’occhiata e tirare l’ora di cena. Già, perché nel suo caso l’aggettivo “defilato” è un eufemismo. Lo definirei “imboscato” o, osiamo, “esiliato”. Insomma, devi proprio volerci andare e ci devi andare apposta, e anche quando sei lì fai quasi fatica a trovarlo. E l’aggettivo “didattico”, diciamocelo, evoca ricordi di soporifere gite scolastiche più che di qualcosa di piacevole.
Eppure questo museo non si piange addosso, anzi. Nel 2017 ha fatto quasi 8000 ingressi e già nei primi quattro mesi di quest’anno ha raddoppiato il numero dei visitatori rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Numeri da far invidia alla Pinacoteca, in certi anni. Numeri che dovrebbero far riflettere sul serio sulle capacità attrattive di altri musei cittadini, separati dalla “vasca” da poche centinaia di metri e ospitati in edifici ben più prestigiosi. Ma andiamo avanti.
Di questi 8000 ingressi, quasi l’80% è composto da turisti stranieri che vengono accolti, e qui quasi mi sono commossa, non solo da didascalie tradotte anche in inglese davanti a ogni singolo pezzo, cosa che già mi sembrava una conquista inarrivabile, ma anche da una guida gratuita, un libretto a disposizione dei visitatori in inglese e, udite udite, francese, tedesco e spagnolo. Una cosa che altrove equivarrebbe a un impensabile salto nel futuro, per dire.
LA COMO DA RISCOPRIRE, TUTTE LE TAPPE
E poi l’abisso diventa incolmabile quando, nella sala dedicata ai bachi (che sono lì a centinaia, vivi e vegeti, a farsi ammirare) scopri una postazione interattiva (in due lingue!) che racconta ai bambini, ma anche agli adulti, la vita di questi animaletti. Una semplicissima mano appoggiata a uno schermo riesce ad aprire quattro capitoli di una storia che, su semplici pannelli, sarebbe stata decisamente meno accattivante e comprensibile. Roba da “Ritorno al futuro”.
IL DIBATTITO SUI MUSEI DI COMO
Dunque chi meglio della Presidente, Bianca Passera, può svelare il “segreto” di questo successo?
La scelta di una sala multimediale è una novità importante per rendere più vivo e comprensibile un museo altrimenti oggettivamente un po’ “complicato”
E’ vero, è una sala molto apprezzata dai visitatori ma non sarà l’unica. Al massimo entro l’autunno realizzeremo una nuova installazione per la Sala Stampa (che non vi svelerò! ndr). E per il futuro abbiamo in mente anche un progetto di realtà aumentata.
Ma il Museo della Seta non è solo esposizione, esatto?
Infatti. I filoni su cui lavoriamo sono tre: oltre a quello espositivo, abbiamo anche quello incentrato sulla ricerca, che comprende anche l’archivio e l’organizzazione di convegni, e quello didattico, con laboratori dedicati alle scuole, dalle elementari alle scuole superiori, alle famiglie e anche agli adulti
E il rapporto con la città?
“E’ uno dei nostri obiettivi principali: rendere il Museo della Seta vivo e presente in città. Aprire, implementare e condividere sono le tre strade che vogliamo percorrere e per fare questo è fondamentale lavorare in rete con le altre realtà culturali. La mostra Afrodite allo Specchio, inaugurata nei giorni scorsi nell’ambito del Festival della Luce, è solo l’ultima, in ordine di tempo, di queste collaborazioni. E anche l’apertura nei weekend è un segnale rivolto alla città: i turisti possono venire in settimana, i comaschi un po’ meno. Ora hanno l’occasione di venire a scoprirci.
Scusi se vi faccio i conti in tasca, per sostenere tutte queste iniziative avete bisogno di fondi. Dove li trovate?
Il Museo della Seta è un’Associazione senza scopo di lucro e le nostre entrate sono le quote sociali versate annualmente dai soci (persone fisiche ma anche società e enti, pubblici e privati, ndr). Questi fondi, però, non sono sufficienti ed è per questo che partecipiamo a numerosi bandi. Ne abbiamo vinti parecchi a sostegno dei nostri progetti, dalla Fondazione Cariplo alla Fondazione Comasca fino a bandi della Regione Lombardia.
Un ottimo lavoro di squadra
Si, a cui ha contribuito anche la scelta di nominare un direttore del Museo, Paolo Aquilini.
Resta il problema della sede. Così tanti progetti avrebbero bisogno di più spazio
E’ vero. Purtroppo, oltre a essere fuori dalle zone più attrattive della città, il museo avrebbe bisogno di una sede più adeguata. Ma da soli non ce la possiamo fare, serve anche il contributo di altri. Ci stiamo lavorando.
Eccola la nota stonata di questo racconto quasi perfetto. Perché se è vero che spesso le migliori idee sono nate in un garage (da Amazon a Apple, dai Nirvana alla Disney) forse qui stiamo un po’ esagerando. Perché questo gioiellino, non solo è assolutamente fuori da qualsiasi circuito turistico, o anche solo di passaggio (e passeggio), ma sta letteralmente in un garage sotto il Setificio.
Sì un garage, come la vostra Panda o come vostro figlio che fa la rockstar con la sua band di quindicenni. Un garage che si allaga se piove troppo (l’ultima volta non più tardi di un anno fa) ed è oltretutto ormai troppo piccolo per un museo in costante sviluppo e con mille idee nella testa.
Poi raccontiamoci pure la storia del legame col Setificio e bla bla bla ma quello, oggettivamente, resta pur sempre un mortificante garage seminascosto. E senza volare troppo alto sognando il progetto, di qualche anno fa, di realizzare una nuova sede nella Santarella in Ticosa, luogo ideale e perfetto per mille ragioni ma, per altrettante mille ragioni, praticamente impossibile, c’è da sperare che al più presto enti e istituzioni varie si attivino per offrire una sede idonea che permetta a un museo che funziona veramente bene di spiccare il volo che è quasi pronto per fare.