Ci sono persone che attraversano la vita di una città come una colonna sonora.
Gente che non si mette mai al centro, ma che in fondo, nel silenzio, accende e accompagna le emozioni di intere generazioni.
Marcello Castiglioni è stato questo per Como: una voce gentile, una presenza discreta e luminosa, un uomo che ha saputo costruire ponti di suono, passione e umanità.
La notizia della sua scomparsa, lascia dietro di sé una scia di commozione autentica.
Perché chi ha conosciuto Marcello sa bene che dietro quella calma sorridente c’era un cuore enorme, e una visione chiara: la musica, la radio, la condivisione, la libertà.
Elementi che non sono solo parole, ma frammenti vivi di una stagione che ha fatto storia.
Era il 31 gennaio 1978 quando Radio Studio Vivo cominciò a trasmettere.
Marcello ne fu il fondatore, l’anima, il primo a credere che anche Como potesse avere una sua voce libera, fresca, autentica e senza pregiudizi.
Fu un’intuizione straordinaria: in un tempo in cui la radio era ancora una frontiera da esplorare, lui la portò a casa, la rese quotidianità, la rese comunità.
Studio Vivo non era solo un’emittente: era un esperimento di libertà, un laboratorio di idee.
C’erano entusiasmo, passione, professionalità, e soprattutto una voglia instancabile di raccontare la città e il mondo con linguaggi nuovi.
Chi ha vissuto quella stagione ricorda la radio come un vortice di energia: le dirette, la musica selezionata con cura, le voci giovani che imparavano a parlare al microfono, la capacità di Marcello di esserci sempre, con discrezione, ma con una guida sicura.
Lui non aveva bisogno di prime file: gli bastava sapere che la sua radio “viveva”.
E che chi ci lavorava dentro lo faceva con la stessa dedizione con cui lui l’aveva immaginata.
Già alla metà degli anni Ottanta, Marcello decise di cedere la radio.
Fu un passaggio naturale, senza clamori, con lo stesso stile che l’aveva sempre contraddistinto.
Qualche anno dopo, il destino volle che fossi io a raccogliere quel testimone.
E da allora, nel mio percorso, ho sempre sentito quella presenza come un’eco gentile.
Non abbiamo mai avuto un rapporto invadente, ma un rispetto reciproco profondo, fatto di stima, affetto, e di quella consapevolezza che lega chi sa di appartenere alla stessa storia.
Marcello non ha mai smesso di essere “radio”, anche fuori dalla radio.
La portava nel modo di ascoltare gli altri, nel modo di parlare, di restare aggiornato, curioso, appassionato.
Ogni volta che ci incontravamo, c’era sempre quel sorriso che diceva più di mille parole. E tanta stima reciproca con tante raccomandazioni perché “trattassi bene sua figlia, che io avevo adottato”.
E ogni volta, dentro di me, tornava il pensiero che certe persone non sono mai del tutto del passato: continuano a risuonare perché comunque Radio Studio Vivo, dopo dieci, venti, trenta, quarant’anni era sempre e soprattutto “la radio di Marcello”.
Per molti altri comaschi, lui è stato prima di tutto la Casa del Disco. Quella di via Lega Insurrezionale, la prima, e poi quella di via Milano. Un negozio che non era solo un punto vendita, ma un piccolo tempio della musica.
Chi entrava lì dentro non trovava solo vinili, cassette e consigli: trovava una voce amica, un sorriso, una curiosità sincera. Marcello conosceva la musica come si conosce una lingua. Sapeva ascoltare i gusti di ognuno, intuire quello che cercavi anche quando non sapevi spiegarlo.
Era un mediatore naturale tra la musica e la gente: e quella capacità, quella delicatezza nel consigliare un disco o raccontarne un aneddoto, era già radio, prima ancora di esserlo. Negli anni in cui i dischi erano un rito, un gesto di scoperta, la Casa del Disco era un luogo d’incontro, un punto fermo per tanti ragazzi e appassionati.
Como perde oggi una figura che ha rappresentato una parte limpida della sua anima culturale.
Non solo per ciò che ha costruito, ma per come lo ha fatto: con garbo, coerenza, amore per la musica ma soprattutto per le persone.
Era l’antitesi della superficialità, in un mondo che di corsa lo è diventato sempre più. Aveva il passo lento delle cose vere, la gentilezza di chi non deve dimostrare nulla.
E allora sì, oggi Como perde una voce, ma non il suo suono.
Perché c’è una frase che lui avrebbe sicuramente condiviso: “La radio non è mai solo quello che trasmette, ma quello che resta”.
E ciò che resta di Marcello è tanto.
Resta il suo esempio, quella presenza che continuerà a vibrare ogni volta che qualcuno accenderà una radio o metterà un vinile su un giradischi.
Ciao Marcello.