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Più aperture domenicali, in Ticino si vota. Il fronte del no: “E’ contro la famiglia”

Mentre a Como mancano sempre più addetti nel settore turistico e si fa fatica a trovare personale in diverse attività, in Ticino questa è l’ultima settimana prima del voto per decidere se consentire ai negozi ulteriori aperture domenicali o meno. Il 18 giungo infatti si voterà.
Il fronte del no è molto compatto e schiera numerosi sostenitori a partire dai sindacati maggiori, dall’Ocst all’Unia. Il concetto è chiaro: la domenica è un giorno che deve essere passato in famiglia e non nei centri commerciali. Anche perché una delle indicazioni prevalenti che sono emerse durante il dibattito pre voto è come altre eventuali aperture andrebbero nella direzione di favorire essenzialmente i grandi centri della distribuzione.

Ma ecco cosa c’è alla base del fronte del no:

Gli attuali orari di apertura hanno già pesato sulle condizioni lavorative del personale che da sempre soffre di ritmi di lavoro insostenibili, bassi salari e poche tutele. L’ampliamento degli orari di apertura non aumenta i posti di lavoro, come vorrebbero farci credere, ma aumenta solo i contratti a tempo parziale e su chiamata. Un ampliamento degli orari aggraverà ulteriormente queste condizioni e non creerà nuovi posti di lavoro. Gli unici che approfitteranno di questa ulteriore liberalizzazione degli orari di apertura saranno i grandi commerci, che con i loro grandi mezzi si impossesseranno di tutto il mercato, lasciando poco o niente ai piccoli. Non vogliamo una società dei consumi nella quale non esistano giorni di pausa. Se questa modifica di legge dovesse passare, il Ticino sarebbe il primo cantone con una tale liberalizzazione del lavoro domenicale nella vendita. In Svizzera il lavoro domenicale è vietato, ad eccezione dei servizi essenziali al cui personale vanno garantite le dovute tutele. Se crollasse questo principio nel ramo del commercio, presto toccherà a tutti gli altri fino a che il lavoro domenicale diverrà la regola anche per tutti gli altri settori. La domenica non è un giorno da trascorrere nei centri commerciali, ma da dedicare a sé stessi, ai propri affetti, alla spiritualità e al riposo. Il disegno è chiaro: a questa modifica ne seguiranno altre fino ad una liberalizzazione totale degli orari di apertura. Ma questo non è un futuro desiderabile per nessuno! Chi ha bisogno di aperture per più di 16 ore al giorno, 7 giorni su 7? Non i consumatori, non il personale di vendita, non il piccolo commercio, che subiranno solo le conseguenze negative di questi ampliamenti. La legge in vigore concede già una grande libertà, consentendo aperture generalizzate per 3 domeniche all’anno, per i festivi non parificati alla domenica (5 giorni all’anno), aperture fino alle 19:00 tutti i giorni (fino alle 21:00 il giovedì) e aperture 7 giorni su 7 dalle 6:00 alle 22:30 nelle zone turistiche (che equivalgono a circa i 2/3 del territorio cantonale) per i negozi con una superficie inferiore ai 200mq. A questo si aggiungono le aperture generalizzate per eventi come il Black Friday e le manifestazioni locali. Oggi, però, la maggior parte dei negozi non usufruisce di queste possibilità, perché le vendite domenicali e fuori orario non sono sufficienti a coprire i costi delle aperture prolungate

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Un commento

  1. Sono dei grandi!
    È stato bello finché durò anche qui, poi in nome del dio denaro..
    Altro che carrefour aperto 7/7 h24..poi si lamentano se i beoni e i rissaioli stanno sempre lì accampati in via recchi

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