Abbiamo cercato di analizzare il fenomeno delle aggressioni in piazza Volta con l’aiuto di un’esperta: cosa c’è alla base della violenza che sempre più spesso viene perpetrata da gruppi di adolescenti nelle nostre città?
Ad approfondire la situazione è Paola Sperandeo, laureata in Psicologia Clinica presso l’Università Bicocca di Milano e oggi specializzanda al Centro di Terapia Cognitiva di Como. Inoltre lavora presso uno studio privato di Como e nelle scuole, costantemente a contatto proprio con gli adolescenti. Di seguito la sua riflessione sull’episodio di piazza Volta a Como.
Nell’ultimo periodo abbiamo assistito all’aumento di episodi di aggressività, soprattutto di gruppo, commessi da parte di adolescenti. Giovani ragazzi che si mettono d’accordo per commettere atti violenti ai danni di qualcuno o qualcosa. Quali meccanismi si celano dietro questi atteggiamenti?
Innanzitutto, per spiegare quali sono le ragioni di tali comportamenti bisogna porre attenzione alla fase di vita in cui questi ragazzi si trovano. L’adolescenza è un momento di passaggio in cui si affronta il compito di separazione dai genitori e di costruzione di una propria identità.
L’appartenenza a un gruppo è fondamentale per riconoscersi in figure differenti dai genitori e per acquisire un’identità sociale. Le spinte esplorative e di sperimentazione, unite al bisogno di essere riconosciuti dai pari, fanno sì che i ragazzi mettano in atto dei comportamenti aggressivi con l’illusione che questi li aiutino a diventare grandi. Inoltre, intervengono dinamiche di gruppo quali la tendenza a conformarsi alle decisioni della maggioranza e la condivisione della responsabilità, che facilitano la messa in atto di comportamenti devianti. Inoltre, bisogna considerare l’emergenza pandemica in corso e l’influenza che ha avuto sugli adolescenti.
Ritengo che i ragazzi abbiano risentito innanzitutto della riduzione delle occasioni di relazione a causa della chiusura delle scuole, dell’impossibilità di svolgere attività extrascolastiche e di incontrare gli amici. Tutto ciò ha causato anche l’aumento della noia che può favorire la messa in atto di comportamenti devianti per spezzare la routine.
La rinuncia obbligata da parte degli adolescenti alle occasioni di socializzazione li ha lasciati soli nella loro fase di costruzione dell’identità, con accanto degli adulti, anch’essi alle prese con le difficoltà dovute all’emergenza, che non hanno posto attenzione al possibile disagio dei propri figli aspettandosi che si adattassero senza problemi ai cambiamenti in atto. I ragazzi, quindi, non sono stati aiutati a gestire le proprie emozioni spiacevoli e le hanno trasformate in agiti aggressivi di gruppo rivolti all’esterno.