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Scudo, lancia e corno: i Celti rivivono in Spina Verde e festeggiano il Solstizio d’inverno

Nell’antichità, per innumerevoli culture, il Solstizio d’inverno rappresentava un momento mistico in cui le giornate tornavano ad allungarsi, il clima a riscaldarsi e la morsa del gelo dell’inverno si stava finalmente per sciogliere.

Un giorno da festeggiare, insomma.

Oggi (e specie alle nostre latitutdini) il 21 dicembre è spesso solo una data sul calendario. Ma non per il Gruppo Archeologico Comasco “Ulisse Buzzi” che anche quest’anno, secondo tradizione, ha organizzato i festeggiamenti per salutare l’arrivo della luce, nel parco Spina Verde, nei pressi della fonte Mojenca.

Tutte le foto in questo articolo per concessione di Carlo Pedraglio/Gruppo Archeologico Comasco “Ulisse Buzzi”

Presenza che non poteva passare inosservata è stata quella dei rievocatori del Clan “Teuta Briva”, appassionati di storia specializzati nella ricostruzione storica di età celtica.

Come è possibile vedere dalle foto, non sono quindi mancati costumi dell’epoca, pellicce, mantelli, corni, scudi e lance. Durante l’evento si è anche tenuta l’accensione rituale di un fuoco a simboleggiare il ritorno della luce, dopo la fine dell’inverno.

Si legge dal sito dell’associazione Teuta Briva:

Noi siamo Teuta Briva, il Popolo dei Ponti! Siamo un clan, una vera famiglia che cammina, gioca, si diverte e cresce in un mondo moderno ma rinnovando le sue solide basi antiche.

Facciamo attività di divulgazione storica sulle attività, gli usi ed i costumi delle civiltà Celtiche e Protoceltiche della zona del Ticino, nostre amate acque e nostri amati boschi.

Insegnamo l’arte della spada, lo spirito creativo e la comunione con il mondo sottile.

Come i nostri Avi ringraziamo per il sole e la luna, per gli incontri, per la comunione dello stare insieme, per il canto degli uccelli e delle acque, per la vita che ci hanno trasmesso e per i legami ed i ponti che saremo in grado di creare.

La fonte della Mojenca, infatti, è una struttura proto-storica costruita a mo’ di galleria della lunghezza di circa 18 metri, legata alla civiltà dei Celti di Golasecca dove veniva praticato il culto delle acque tramite la deposizione di offerte votive.

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