Tanti saluti al sindaco di Milano, Beppe Sala, verrebbe da dire ripensando al suo “torniamo a lavorare, basta effetto grotta”. Già, perché oggi i governi italiano e svizzero hanno ufficialmente siglato un documento d’intesa sul telelavoro per regolarizzare tutti quei frontalieri che – a causa delle misure di contrasto del Covid-19 – hanno lavorato (e lavorano tuttora) da casa.
Un’intesa per cui “in via del tutto eccezionale e provvisoria, si accetta che […] i giorni di lavoro svolti nello Stato di residenza, a domicilio e per conto di un datore di lavoro situato nell’altro Stato, a seguito delle misure adottate per combattere la diffusione del Covid-19, sono considerati giorni di lavoro svolti nello Stato in cui la persona avrebbe lavorato e ricevuto il corrispettivo salario, lo stipendio e le altre remunerazioni analoghe”.
Tradotto in parole povere, dal sindacato svizzero Ocst: da quando è scoppiato il Covid-19, tutto il telelavoro svolto dai frontalieri dalla propria abitazione in Italia sarà considerato dalle autorità nazionali come lavoro svolto regolarmente in Svizzera, senza dunque alcuna implicazione sul piano fiscale e previdenziale.
L’accordo entra in vigore in modo retroattivo dal 24 febbraio 2020 (cioè da quando scoppiò l’emergenza in Italia) e varrà almeno fino al 30 giugno 2020, anche se nel documento si dice esplicitamente che verrà rinnovato tacitamente anche dopo quella data fino a quando resteranno in vigore nei due Stati le misure di contrasto al virus. È quindi facile immaginare che gli effetti di questa intesa dureranno per tutto il 2020.
“OCST esulta per questo risultato storico e fondamentale che libera dai guai migliaia di frontalieri i quali sarebbero stati altrimenti costretti a versare il contributo INPS e a vedersi tassati ai fini fiscali in Italia – si legge in una nota del sindacato svizzero – Fin da subito ci siamo fatti promotori di questo accordo sul telelavoro segnalando il problema alle autorità nazionali, tanto in Italia quanto in Svizzera. Grazie infatti al lavoro svolto presso l’ETUC e in virtù di quelle competenze in materia di sicurezza sociale internazionale maturate negli anni, il nostro sindacato è riconosciuto quale ente all’avanguardia circa questo complicato argomento”.
Terminata l’emergenza Covid-19 rientreranno in vigore i limiti previsti per il telelavoro per i frontalieri con importanti conseguenze sul piano fiscale e previdenziale. “Noi saremo pronti a fornire tutta la nostra assistenza ai nostri gentili associati e a tutte le imprese in cui essi operano – chiude l’Ocst – Su richiesta dei dipendenti, in questi anni abbiamo già aiutato diverse aziende ad implementare il telelavoro nel proprio regolamento, fornendo assistenza e consulenza circa le opportunità e i vincoli legali connessi al tema. Intanto ci godiamo questo traguardo e ringraziamo le Autorità nazionali per il lavoro svolto”.
Commenta anche Mirko Dolzadelli, segretario Cisl Frontalieri per la Lombardia, nonché responsabile nazionale Cisl Frontalieri.
“Si tratta di un accordo importante – commenta Dolzadelli – costruito soprattutto dal confronto nato con le organizzazioni sindacali svizzere, e in particolare OCST con cui abbiamo una doppia affiliazione, e con cui sostanzialmente portiamo avanti le stesse battaglie e le medesime richieste per la tutela dei lavoratori frontalieri. Intesa che, insieme alla proroga dell’indennità di disoccupazione Naspi, rafforza le tutele dei frontalieri sia per chi ha necessità di lavorare con lo smartworking, sia per chi, soprattutto, si trovava lasciato a casa perché con contratto a termine. Due misure che dentro il contesto dei decreti legge a tutela del lavoro ne garantiscono una copertura universale, senza che nessuno venga escluso, andando dunque a benefico anche del lavoro frontaliero”.