Il biglietto da visita perfetto per Como? Alberi. Un viale alberato lungo tutta la tangenziale in grado di accogliere i turisti all’ingresso della città per accompagnarli fino al lago.
Il sogno di un ambientalista, convinto nemico del cemento e del progresso? No, tutt’altro. Il sogno dell’architetto Attilio Terragni, strenuo difensore del patrimonio architettonico della città (come non ricordare la sua battaglia, non ancora del tutto sopita, in difesa dell’Asilo Sant’Elia?) con nel Dna l’amore per il bello ereditato dal prozio, il padre del Razionalismo Giuseppe Terragni, ma soprattutto l’amore per Como.
Uno da cui ti aspetti (e spesso ottieni) strali e fogli che volano, è vero, ma a cui bisogna riconoscere una cultura e un attaccamento al bene della città non comuni che rendono le sue polemiche tutt’altro che fini a se stesse.
Tre anni fa (era il 2019), Attilio Terragni fu invitato a parlare in rapida sequenza in due occasioni: il convegno di Fratelli D’Italia al Cna sui massimi sistemi (urbanistica, lago, turismo e cultura) e una più circostanziata riflessione sul futuro dell’asse piazza san Rocco-Monumento ai Caduti promossa dal Circolo Willy Brandt. E in entrambi i casi, Terragni pronunciò una parola semplice ma inarrivabile: “Boulevard”.
Ci racconta questo progetto?
È un’idea che ho proposto qualche anno fa al Comune ma in realtà non ho inventato niente di nuovo. Ho fatto come faceva l’ultimo vero sindaco di Como, Lino Gelpi: sono andato a guardare le idee del passato.
Cioè?
Gelpi diceva che bastava andare a guardare i progetti del Piano Regolatore del 1934 (quello vinto dal Gruppo CM8 costituito da Terragni, Giussani, Lingeri, Uslenghi, Cattaneo, Bottoni, Dodi e Pucci, Ndr): le idee si trovavano già tutte lì, bastava realizzarle. Lui l’ha fatto con la passeggiata di Villa Olmo, un esempio straordinario di quello che può fare un vero politico che ama la sua città. E io ho fatto lo stesso.
E cosa ha trovato?
Quel piano prevedeva la salvaguardia del centro storico all’esterno del quale c’era la città moderna, fatta di verde e viali alberati. Poi però l’interesse privato ha prevalso su quello pubblico e di quel concetto restano ormai solo pochi frammenti.
Da qui l’idea di proporre la creazione di un boulevard alberato in tangenziale?
L’errore è proprio nell’idea che quella sia la “tangenziale” e non un viale. Sogno un turista che imbocchi viale Innocenzo e dica: “Finalmente sono a Como”, trovandosi davanti un ingresso alla città all’altezza di quello che diciamo di essere. In un mondo in cui la comunicazione è fondamentale, c’è un abisso tra l’icona che vendiamo e la realtà che uno si trova davanti quando arriva.
Cosa immagina?
Due filari di alberi che nascono come un fiume dalla zona della Ticosa e arrivano al Monumento ai Caduti libero dai parcheggi. Si tratta di interventi elementari capaci però di regalare alla città un biglietto da visita degno.
E sarebbe anche un nuovo modo, per i comaschi, di vivere la città.
La città è lo sfondo delle nostre vite, il riflesso di quello che siamo e spetta ai politici decidere da che parte stare, se vogliono una città in cui un turista arriva speranzoso e scappa dopo due giorni o una città le cui identità e bellezza vanno difese e non possono essere barattate con un parcheggio.
Un commento
io invece immagino L’espropriazione e abbattimento di tutti gli orribili immobili tra i binari delle ferrovie dello stato e la napoleona a partire dalla curva in discesa, e la realizzazione di un mega parco, che poi continui sull’area ticosa.
quella sarebbe il biglietto da visita della città non quelle brutture attuali.