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Il caso Bocciofila e il benessere mentale degli anziani: siano queste pantere grigie a far vivere il nuovo museo (e domenica 8 ottobre, altro evento contro lo sfratto)

Ogni anno il mese di settembre è dedicato dalla comunità scientifica alle persone affette da malattia di Alzheimer e in genere da tutte le forme di demenza e così è stato anche per il mese che ci siamo appena lasciati alle spalle. Un milione sono attualmente i malati in Italia, le forme neurodegenerative ne rappresentano la parte preponderante e sono età-dipendenti, cioè più si invecchia più ne aumenta il rischio, fino al 23% dopo i 90 anni. I 50enni e i 60enni non ne sono esenti. Como non fa eccezione. Non esistono dati scientifici certi riguardanti la nostra provincia, ma riconoscendola tra le più anziane d’Italia non facciamo fatica a immaginare una prevalenza importante nella popolazione. Anzi la vediamo ogni giorno negli ambulatori medici. Non bisogna dimenticare poi il mondo che ruota intorno al malato affetto da demenza, almeno altre 2 persone quotidianamente coinvolte per motivi assistenziali. Per un tempo lungo: l’aspettativa media di vita è tra 10 e 15 anni, in base all’età di esordio ovviamente. Costi sociali pesanti, ma anche economici, in senso diretto: esami, visite, terapie; e indiretto: mancati introiti, soprattutto per i care-givers, cioè le persone che prestano assistenza.

Quest’anno non ci si vuole limitare alla pura celebrazione della malattia, ma si desidera attirare l’attenzione sulla prevenzione. Come è noto, le demenze degenerative non hanno terapie efficaci, risolutive. Molto si può fare invece per le forme iniziali, border-line, di confine. Sì, l’arma migliore che abbiamo è attualmente la riabilitazione cognitiva, che altro non è che rimettere a funzionare cervelli arrugginiti. Magari dalla solitudine, magari dal degrado, magari dall’abbandono o anche solo dall’accidia. Non si studia più, non si lavora, non si vede gente, ci si chiude in casa, si delega la propria vita agli altri, non si fa un piccolo sforzo di adeguamento tecnologico e il cervello fa acqua.

Quali sintomi temere? Sicuramente la perdita della memoria a breve termine, ma attenzione alla perdita delle capacità esecutive, cioè l’insieme di processi cognitivi che ci consentono di pianificare, organizzare e controllare il nostro comportamento adattativo e finalizzato a un obiettivo. Occhio quindi all’anziano che non si orienta bene per strada. Attenzione a chi abbandona e delega al coniuge o ai figli la propria amministrazione quotidiana. Verificate che gli acquisti siano congrui ai bisogni. Chiedete quotidianamente ai vostri genitori gli avvenimenti, ed anche il nome delle medicine che prendono e come le assumono. Voi, soprattutto mogli ma anche mariti, non sostituitevi, siate di stimolo ai vostri coniugi per ricordare, per eseguire, per progettare, pianificare. E al primo dubbio andate dal medico e soprattutto portate a visitare la persona sospetta da declino cognitivo. Senza imbarazzo, senza vergogna. Questa storia della vergogna delle malattie è un assurdo comportamento tipicamente italiano.

Ma molto, moltissimo possono fare le istituzioni. E qui veniamo a Como. Tra le più importanti lezioni che abbiamo portato a casa dalla pandemia da Covid è che tantissimi anziani, causa lockdown, ne sono usciti con il cervello a pezzi. Che vuol dire affetti da demenza. Per mancanza di stimoli, di aggiornamenti, di contatti sociali, di programmazione, di ideazione e tanto altro. E adesso che finalmente si può stare insieme chiudiamo i centri di aggregazione sociale? (Qui il caso Bocciofila sfrattata che raccontiamo da mesi) Proprio ora che, grazie ai vaccini e all’indebolimento del virus si può tornare a far girare le menti, non si sa più dove andare a farlo. Perché l’anziano ha sicuramente bisogno delle persone, ma anche di posti dove incontrarle. Capiamo benissimo esigenze amministrative di qualunque tipo, comprendiamo persino la necessità di ampliare musei, consolidare i risultati di recenti scoperte archeologiche e altro. Ma perché non cercare di risolvere anche l’effetto negativo che tali soluzioni portano? Esagero. Perché non affrontare i problemi simultaneamente? È così improbabile mettere insieme allargamento dei musei e convivenza con anziani che lì si riuniscono? Perché non possono essere le stesse pantere grigie a far vivere al meglio il museo, a creare visite aggiuntive, approfondimenti, ricreazione, sport e conferenze parallele? Non parliamo di cose dell’altro mondo. Negli Stati Uniti sono spesso i pensionati a fare da guida nei musei e nei posti turistici. Ancora, ci allarghiamo, perché non affidare agli anziani più in gamba il presidio delle aree esterne alle scuole a maggior rischio di spacciatori e malavitosi? E perché non accompagnare a casa i ragazzi “bevuti” dell’aperitivo o della discoteca?

Il Sindaco, sta scritto, è il responsabile della condizione di salute della popolazione del suo territorio. Allora, se vuole veramente bene ai propri cittadini anziani faccia di tutto per non abbandonarli alla solitudine. Scoprirà presto che possono rappresentare anche per l’amministrazione comunale un’ottima risorsa.

MEMO, DOMANI NUOVA INIZIATIVA CONTRO LO SFRATTO:

In via Balestra ‘Uniti per la bocciofila’, nuovo evento contro lo sfratto: domenica 8 ottobre, giochi, arte e musica

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