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Viale Varese, mistero risolto. Il ‘Volto di un’anziana’ scolpito dal mitico Mario Idilio (sì, sapete chi è): “Cinque visi, è l’ultimo rimasto”

Il mistero dell’altorilievo di viale Varese di cui scrivevamo qualche giorno fa è stato svelato. Oggi è sommelier in Canada ma il nostro amico, in questi giorni tornato a Como, Mario Cagnetta è anche un collega e lo smalto del giornalista non l’ha perso. Ecco il suo racconto:

Vandalismo? Un altorilievo emblema di qualche strano rito esoterico? O forse una piccola manifestazione romantica figlia della voglia di esprimersi?

Possiamo interrogare storici, archeologi e magari non avere mai risposte. Perché spesso guardiamo lontano e magari la risposta ce l’abbiamo molto, molto più vicino di quanto si possa immaginare.

Piccolo mistero in viale Varese, quel volto tribale (forse un Cristo) scolpito nella pietra. Chi ne sa qualcosa?

Viale Varese, anni 90’ magari più verso la seconda metà, andiamo diritti verso il 2000. E così qualche anima nobile, vandalo, artista mancato o forse semplicemente un uomo dolce decide di scolpire qualche altorilievo sulle mura della città. Cinque per l’esattezza.

Sceglie i giardini di Viale Varese, dove ci sono delle mura medievali che sì sono delle vere e proprie praterie per gli artisti un po’ stravaganti come lui. Ci sono persone, chi sta scrivendo compreso, che lo vedono armato di martelletto scolpire nella roccia viva per incastonare alla perfezione queste piccole maschere di pietra.

Una la dedica a un soldato di epoca romana. L’altra, l’unica rimasta, invece parla dello scorrere del tempo: “The face of an old woman” la chiama per raccontare forse i suoi ricordi vivi di quando per due anni è stato in Inghilterra e forse di qualche amore che ha deciso di ricordare un po’ a modo suo. Ovvero mai in maniera banale.

Mario Idilio Tognoni non è né un vandalo, né un artista, né una persona in cerca di qualche riconoscimento. Quando andiamo in giro per le strade della nostra bella città lo vediamo di solito in bicicletta, con due sacchi dell’Esselunga e ora una mascherina figlia dei tempi, ahimè, in cui viviamo.

Non è un uomo di molte parole, ma è molto gentile. Saluta sempre tutti e per dirla in termini molto franchi non rompe mai le scatole a nessuno. Quando lo fermo e gli chiedo se è stato veramente lui a scolpire questi altorilievi gli si illuminano gli occhi.

“Eh sì, che sono stato io – risponde – ma sarà stato venti o trent’anni fa”. Una volta la polizia lo ha persino fermato perché pensava che stesse rubando pietre e materiali preziosi: “Pensavano stessi rubando l’altorilievo che avevo fatto io – precisa – ma alla fine sono riuscito a spiegarmi e tutto è andato per il meglio”.

Alle spalle della sua vita ci sono tanti ricordi: tre cani, il Poldo (rigorosamente con l’articolo “Il “ davanti al nome, tra l’altro qualcuno ha soprannominato Mario Idilio così…), Il Gigio e il Chicco (nome dato a un cane dallo stesso colore di un chicco di caffè).

Erano i suoi compagni proprio ai tempi in cui si dedicava alla sua passione o al suo hobby: la scultura. Poi qualche vicissitudine, qualche cosa che forse non è andata come doveva, qualche pezzo del puzzle che non si è incastrato come doveva e ci ritroviamo scrivere di lui alla fine di un triste dicembre del 2020 in piena pandemia.

Mario Idilio indossa sempre la mascherina, parla sempre con tutti.

Non è cambiato per nulla. Solo qualche rughetta in più ma ha ancora tanti sorrisi per chiunque abbia voglia di ascoltarlo un po’. Ricorda sempre con piacere il suo periodo artistico e anche l’unica sua “opera” rimasta (perché le altre, alla faccia di chi pensa che siano roba di poco valore, sono state tutte rubate).

“Quella che è rimasta – dice – vuole raccontare la vita di una donna, la passione, la bellezza e il suo lento decadimento. In un lato c’è persino la mia firma con le iniziali del mio nome – aggiunge e poi subito rassicura – Quell’altorilievo lì l’ho incastrato talmente bene che è impossibile portarlo via”.

E in fondo perché qualcuno dovrebbe portarlo via? “The face of an old woman”, se dobbiamo immaginare un finale a lieto fine, rimarrà lì in quell’angolo di Viale Varese vicino al venditore di castagne.

Mario Idilio Tognoni continuerà a pedalare con la sua bicicletta o a camminare con la sua bicicletta assieme a quei sacconi dell’Esselunga che sembrano anche raccogliere tanti particolari e ricordi di un uomo gentile e garbato dietro a quel suo fare eccentrico.

“Mi dici perché hai scolpito quelle statuette?”, gli chiedo rimembrando ancora i tempi in cui ero giornalista. “No – mi risponde – perché sono legati a dei momenti per tristi”. La conversazione finisce qui.

Mario Idilio non vuole foto, non vuole celebrazioni o prese in giro.

Qualcuno ignaro di questo articolo forse fra qualche anno quando si accorgerà di quell’altorilievo ancora lì nei giardini di viale Varese ipotizzerà complotti, riti esoterici e magari anche sette sataniche.

Mario Idilio invece continuerà il suo viaggio in bicicletta pensando al Poldo, al Gigio e al Chicco e magari a quella donna che chissà dove sarà. A volte canterellando e salutandovi sempre con cortesia.

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