Eleganti ma acidi. O acidi ma eleganti, a scelta. Il presidente di Confcooperative, Mauro Frangi, e l’ex presidente del Teatro Sociale, Barbara Minghetti, anche consigliere comunale a Como per “Svolta Civica” e consulente del Teatro Regio di Parma, tornano indirettamente a unirsi in un abbraccio ideale. Lo fanno poche ore dopo la proclamazione da parte del Mibact di Parma capitale italiana della cultura per il 2020. In effetti, se non proprio uno schiaffo, almeno un buffetto a distanza per Como lo è, visto che nell’ormai lontanissima primavera 2015 – Lucini regnante – tentò, forse un po’ goffamente, di raggiungere lo stesso obiettivo per il 2016 o per il 2017. Proprio come Parma.
Fu proprio Frangi, presidente della Fondazione Volta, a farsi alfiere della candidatura lariana, mentre Barbara Minghetti fu tra le primissime sottoscrittrici del manifesto annesso assieme a diversi altri nomi noti (Rita Livio, Ambrogio Taborelli Maria Brovelli, Giuseppe Colangelo, Paolo De Santis, Emanuela Donetti, Alberto Longatti, Barbara Minghetti, Bartolomeo Pietromarchi, Livia Porta, Raffaella Porta).
L’esito del dossier “Estro armonico” è noto: Como arrivò a giocarsi in “finale” il titolo assieme ad Aquileia, Ercolano, Mantova, Pisa, Pistoia, Spoleto, Taranto, Terni e – incrocio fatale – Parma. Alla fine la spuntarono Mantova per il 2016 (che, per dire, già nell’ottobre dello stesso anno parlava di 1,7 milioni di visitatori, con circa 10mila persone in più rispetto all’anno prima), e Pistoia per il 2017 (arrivi in crescita quasi del 19% dopo nove mesi). Ed è qui, per l’appunto, che nasce la storia che porta a oggi, come si nota dal post “velenosetto-ma-chic” di Mauro Frangi su Facebook, pubblicato subito dopo la proclamazione di Parma per il 2020.
In effetti, Frangi non ha tutti i torti: il dossier comasco del 2015 (qui integrale) era probabilmente nato con troppa fretta e oscillava tra molte realtà semplicemente affastellate una dietro l’altra o sogni del tutto inverosimili (per dire, con il milione garantito come dotazione dal Ministero, si puntava a recuperare la Casa del Fascio o il Politeama: forse quella cifra basterebbe per le serrature di uno dei due). Nello stesso tempo, però, effettivamente si poteva intendere quella corsa nostrana finita troppo presto come l’inizio di una maratona, senza considerare utopica una riproposizione di Como per il 2020. Perché è difficile credere che il capoluogo lariano non possa competere per un titolo simile, con le ricchezze che ha. Dopo la sconfitta, invece, mentre Parma iniziò subito i preparativi per riproporsi, non è accaduto nulla, e Frangi con quel passaggio “a Como si è scelto di abbandonare quella strada” lo sottolinea con una spolverata di pepe (e probabilmente lasciando trasparire quanto possa aver inciso il passaggio del Comune al centrodestra a giugno).
Non dissimile – come si diceva in avvio: con eleganza ma con una nota acidula da vera masterchef- la posizione espressa sempre su Facebook da Barbara Minghetti.
Poche parole, compostissime. Ma quel “Parma crede” – come a dire: Como no o forse meglio, non più – e quel “soprattutto una guida autorevole determinata del sindaco e assessore” sembrano tutt’altro che casuali. Sembrano, a voler essere dietrologi fino in fondo, un rammarico personale ancora più forte per la sconfitta del “suo” candidato sindaco, Maurizio Traglio, nel confronto con Mario Landriscina della scorsa estate.
La storia che viene dall’Emilia parla di convinzione, tenacia e volontà di raggiungere un risultato, alla fine ottenuto. E ora chissà se dal centrodestra il dossier per una Como capitale della cultura sarà rispolverato.