Le luci a Palazzo la sera sono sempre basse, sepolcrali. Tendono al giallastro e si impastano con pareti che hanno avuto gioventù migliori, pavimenti che scricchiolano, infissi di legno mezzi mangiati dal tempo. Tutti altari di fasti andati.
“Cosa devo fare? Mettere a posto le finestre o riparare le strade? I problemi, può far ridere, sono anche questi”. Chiude l‘anta e nega, fortemente nega, vi sia rassegnazione (“anzi”, sottolinea).
Eppure gli occhi di Mario Landriscina sono stanchi. “Avete scritto una cosa giusta voi, in un articolo di qualche tempo fa (su ComoZero Settimanale, Ndr). E’ vero: io sto bene quando sono libero di parlare e pensare. A volte non capisco la politica”.
(Fotoservizio: Matteo Congregalli)
Il silenzio in un pomeriggio di gennaio è totale, la grande macchina amministrativa a una certa ora rallenta, ovattata. “Sindaco la porta adesso è a posto, vada a vedere”, dice una collaboratrice.
Scusi ma si mette a controllare le porte, che fa il carpentiere?
Alla fine qui diventa casa.
Come sta?
Tengo fisicamente, faccio poco sport. Vorrei stare di più in famiglia.
Lei è affaticato, si vede.
Questo è un lavoro che assorbe. Non si fa il sindaco senza lavorare sette giorni su sette.
Mi pare stia soffrendo il ruolo più dei suoi predecessori.
Come loro cerco di dare il meglio con risultati magari non sempre apprezzabili o visibili o annunciati.
Ecco, appunto. Questa scelta del basso profilo ostinato e permanente. Non è un eccesso di vita sotterranea? Rispetto a Bruni e Lucini lei è un sindaco defilato.
E’ una scelta legata a situazioni e contingenze. La più banale è che serve tempo, magari non sono capace di comunicare. Però io preferisco annunciare le cose quando hanno concretezza e prospettiva reale.
Non ha mai metabolizzato (tollerato) i tempi amministrativi e burocratici. C’è pure da capirla, hanno del pachidermico.
La macchina è complessa, ha tempi e azioni. Dall’espressione di un volere alla sua realizzazione ci sono molti passaggi. Prima (quando era medico e capo assoluto del 118, Ndr) il valore principe era uno: Salute Vs Tempo. Qui il valore assoluto è la misurazione delle scelte in base a molti fattori. Sono continuamente criticato per problemi che giacciono lì. Come non avessi la volontà di occuparmene. Non è così.
Il mostro burocratico, è chiaro. Ma Como ha bisogno di vedere e toccare il proprio sindaco.
Non è che non giri la città o non frequenti le iniziative.
Parlo di prese di posizione, l’offerta di visione.
Non mi piacciono le dichiarazioni a caldo, istintive. Non è il mio approccio. Io studio, poi mi esprimo.
Le chiedo un elemento d’orizzonte, un sogno a indice puntato. “Questa è la mia via”, da qui a fine mandato.
La città di tutti i giorni e la città del futuro, capisco. Un grosso lavoro in corso è il tentativo di cucire tutte le iniziative: grandi eventi, turismo, destagionalizzazione, kermesse culturali. Poi bisogna collegare tutti questi elementi al lavoro, unire il turismo del capoluogo a quello del lago. Stiamo lavorando per il progetto Unesco con Amici di Como e Fondazione Volta. Idea che guarda al rilancio imprenditoriale. Imprenditori, studiosi, persone di cultura e altri vanno messi insieme.
Mario il tessitore.
Qualcuno vorrebbe Mario l’urlatore, io non sono portato a farlo.
Eppure l’uomo forte, il prepolitico decisionista, il medico veloce si è un po’ perso. Si sente solo?
No, per fortuna ho intorno persone molto capaci. Poi vengono criticate duramente.
Elena Negretti, il suo primo consigliere, la zarina.
Non solo lei.
Non le ha dato troppi poteri?
No, anzi. Lei, come molti altri, si è votata completamente a questo lavoro. Io della giunta sono soddisfatto, parlo con ciascun assessore, spessissimo.
Soddisfatto anche di quel vergognoso rimpastino-pasticcio, con l’assessore Pettignano dimesso forzista e rientrato, in tre ore, con la casacca di Fratelli d’Italia?
Sono dinamiche della politica, non mi appartengono come persona: stanno nel gioco dei ruoli. Possono non avermi soddisfatto ma hanno portato il risultato.
Che è stato un bel danno di immagine.
Non lo so. Ci sono stati spostamenti di forze in aula. Non è una situazione che ho creato o voluto. Ho gestito in ragione di un interesse superiore, la stabilità della maggioranza.
Insomma, Forza Italia è uscita dalla giunta.
Io rispetterò questa cosa, daranno un contributo esterno, “leale” hanno garantito.
Non lavora perché gli assessori azzurri rientrino?
No.
Perché?
Perché la posizione forzista è tanto rispettabile quanto chiara e libera.
Chiedessero di tornare?
Prenderò in considerazione l’ipotesi.
Ah, non è scontato li riaccolga?
Non lo è nella misura in cui ho nominato un nuovo assessore e poi lo lascio a casa. Mi lasci ribadire quanto ho già detto: se la maggioranza si dovesse spaccare su temi importanti l’esperienza sarebbe finita. Io non vivacchio.
Per esempio passasse la sfiducia a Negretti.
Come a chiunque altro. Assisto a spostamenti gravitazionali in aula. Tutti mi dicono che è il gioco della politica, per me l’onore ha un valore importante però.
Perché non ha fatto la conferenza stampa di fine anno? Anomalia assoluta.
In qualcosa mi devo distinguere (ride).
Che un sindaco non tracci il più tradizionale dei bilanci, però, è bizzarro.
C’è un sacco di gente che parla troppo. Non gioco tutti i giorni a spararne una o a criticare altri, non giova. Quello che facciamo è sotto gli occhi di tutti. Ovunque vada non percepisco quell’ostilità di cui qualcuno parla, anzi il contrario. Mi creda, le questioni sono tante.
Le elenchi.
Lo stato dell’edilizia scolastica, il viadotto dei lavatoi, lo stadio, il palazzetto del ghiaccio. Se fossi un timorato di Dio o, meglio, del magistrato, chiuderei tutto. “Scusate il disagio” ma nessun rischio. Sarebbe una scelta responsabile?
Sembra schiacciato, in sofferenza.
Sofferenza per una politica che non capisco, mi inchino a chi la comprende, ma a un certo punto subentra la responsabilità. E’ scomodo stare seduto qui? Molto. Tutti mi parlano del potere del sindaco ma ancora lo devo capire. Forse sono tonto io. Cerco di andare sui problemi con un minimo di concretezza. Pensi all’emergenza freddo.
Ecco, passato l’inverno molte persone senza casa torneranno in strada. Dove andranno?
Al momento non lo so, lo sapessi non lo direi. Ma ho presente molto bene la questione.
L’uomo e il medico Landriscina che ho conosciuto prima della politica paiono dissonanti oggi con le posizioni su senzatetto e migranti del suo fiero alleato padano.
Un’osservazione, calzante o meno, ininfluente al fine del risultato.
No, lei è sindaco, deve esprimere una posizione chiara, segnare una via. Distinguere giusto e sbagliato, secondo un pensiero politico, per il consesso civile.
Quello che mi importa è cercare soluzioni, non rivangare principi. Da medico vivevo di minuti e secondi, adesso sono mesi, se non anni. E’ una logica diversa. Non voglio strumentalizzare perché non giova rispetto ai risultati. Quando tornerò libero cittadino dirò la mia e avrò da dire tante cose.
Dunque non è fuori fuoco quanto le ho chiesto.
Sto dicendo altro. Ogni lista che mi sostiene ha un sentire, un modo di vedere. Devo essere il sindaco di tutti. Anche delle opposizioni, che sconti non ne fanno. Difficilmente mi si rende onore per quanto ottenuto con la Ticosa o le Paratie.
Ma siamo sempre a Ticosa e Paratie, dai. Il problema è anche questo. Il resto?
Vuole tutte le delibere di giunta dell’ultimo anno? No, direi: le conosce. Non facciamo i minimalisti.
Lo rifarebbe, candidarsi nel 2017?
La consapevolezza è diversa oggi. Conosco la macchina, sarei più prudente negli enunciati di soluzioni.
Dunque: lo rifarebbe?
La macchina deve essere condotta.
Si ricandiderà a fine mandato? (Qualche mese fa, stessa domanda, ci disse no scatenando un putiferio: qui)
Non lo escludo. Io penso servano i giovani ma, onestamente, non ne vedo tantissimi.
Prego: dica qualcosa ai comaschi.
Io ci sono, anche se forse non sono avvezzo a farmi vedere, a frequentare, annunciare successi, ipotizzare soluzioni faraoniche. Io sono qui, tutti i giorni, tutto il giorno, sabato e domenica, ferie comprese. In questo sistema non si riesce a staccare, siamo in una situazione in cui bisogna avere il governo della quotidianità per dedicarsi al resto. Cerco di fare entrambe le cose e fuori c’è un mondo che ha giuste attese e qualche eccessiva pretesa.
L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.
6 Commenti
Un uomo se non riesce a fare quello che pensava di fare, si dimette e spiega perche’ . Almeno esce dignitosamente.
Personaggio particolare con un brillo di saggezza, bisogna dargli tempo.
Per non parlare del bando per i 10 vigili “Maratoneti”
Prendo atto che Landriscina è soddisfatto della “sua” Giunta e che ora conosce la “macchina”.
Due affermazioni che cozzano, solo per fare un recente esempio, con l’ultima delibera inerente i parcheggi a “2 ore non ripetibili”.
Fatevi una domanda: Perché i partiti lo sostengono? Perché è bravo e utile alla città oppure perché è saldamente nelle loro mani? Mani che a Como hanno già abbondantemente sbagliato…
Conclusione: Landriscina è una bravissima persona, un non politico come il Mario suo predecessore, ma Lucini era decisamente meno imbrigliato nella politica (quella dei partiti) che ha fatto vincere Landriscina. Lucini aveva possibilità di dire e fare, anche cose discutibili, ma poteva. Mario 2 non può. Scelta sua, scelta dei concittadini che puntano ai partiti e non alle persone.
( secondo me suona Vedrai vedrai con una delle Sue chitarre )