Come succede nella nostra piccola bolla di periferia, i personaggi solo apparentemente comprimari diventano, nel quotidiano, i protagonisti della vita politica quando si frequentano assiduamente corridoi e sottoscala per fare cronache.
Si tratti della Camera o di Palazzo Cernezzi, funzionari, segretari, dirigenti e, in questo caso, commessi sono figure centrali, essenziali.
E così è stato, raccontano molti colleghi che i Palazzi capitolini li conoscono meglio di noi, Marco Ferretti. Storico commesso di Montecitorio. Se ne è andato oggi, nemmeno settanta anni, per covid. Era stato ricoverato in dicembre, in pensione dal luglio 2017.
E gli amici cronisti romani confermano è stato depositario di vicende, segreti e gialli per oltre 40 anni di vita tra le stanze del Potere. Riportano i giornali nazionali che il giorno del pensionamento, celebrato da tutte le autorità di allora rivelò i quattro segreti del mestiere di un “osservatore privilegiato della politica del Paese”. Sono, disse: “diplomazia, riservatezza, controllo, autorità”.
Entrò alla camera con il governo Andreotti, seguito poco dopo dal sequestro moro. Poi l’Aula, la Sala Stampa quindi divenne capo dei commessi.
Si lega a Como poiché durante Tangentopoli fu protagonista nell’atto più eclatante della carriera politica del leghista lariano Luca Leoni Orsenigo. Quando il deputato si eresse nel clamoroso gesto del cappio esposto in Aula, immortalato da immagini imperiture, ecco che Ferretti intervenne. In una storica intervista al Corriere della Sera raccontò: “Glielo strappai di mano. Lo conservo ancora con tutti gli oggetti che ho sequestrato”.