Accuse, veleni, risposte. Ha tutta l’aria di una polpettina incandescente lo scontro in atto tra la lista “Rapinese sindaco” e Forza Italia nato 24 ore fa.
Alessandro Rapinese ha infatti minacciato di presentare un documento per chiedere la revoca di Anna Veronelli, presidente del consiglio comunale forzista. Difficilmente la richiesta troverebbe i numeri in consiglio, ma l’ attacco frontale è stato motivato motivato con il fatto che nell’ultima conferenza dei capigruppo (presente Veronelli, assente Rapinese) tutti i rappresentanti degli altri partiti e liste hanno messo a punto un controdocumento sulla situazione dei bagni chiusi da anni nel parchetto di via Vittorio Emanuele. Un modo per superare e depotenziare totalmente già prima della discussione in aula quello dei “rapinesiani” che chiede provocatoriamente di aprire al pubblico il bagno del sindaco a Palazzo Cernezzi per ovviare alla chiusura di quelli ai giardinetti (qui la vicenda nei dettagli).
“Ha un bel coraggio Rapinese a chiedere la revoca di Anna Veronelli, che peraltro non verrebbe mai approvata – affonda il segretario cittadino di Forza Italia, Stefano Vicari – Lui da mesi non viene alle conferenze dei capigruppo e la scopre ora? Lo scorso 26 aprile tutti i capigruppo hanno firmato una mozione alternativa alla sua e forse a Rapinese scoccia essere in minoranza assoluta in consiglio. Spiace, perché Alessandro ha doti politiche indubbie, ma Anna Veronelli finora è stata fin troppo paziente rispetto alle sue intemperanze verbali in aula”.
Fin qui, una polemica politica dura ma classica. Poi, però, la goccia di veleno purissimo: “Tra l’altro – aggiunge Vicari – mi risulta per certo che il resto del gruppo consiliare si sia dissociato dalla richiesta di Rapinese di presentare un documento di revoca per Veronelli…”.
Potenzialmente, una bomba, vista la storica compattezza del gruppo d’opposizione. Ma nei panni dell’artificiere arriva immediatamente Fulvio Anzaldo.
“Non esiste alcuna dissociazione né spaccatura, non esiste nemmeno la necessità di smentire perché è una non notizia all’origine – ribatte con il consueto aplomb Anzaldo – Quelle di Vicari sono affermazioni che non so proprio da dove arrivino. La verità sotto gli occhi di tutti è un’altra: il 26 aprile la procedura seguita nella conferenza dei capigruppo è stata chiaramente scorretta”.
“Si è discusso un documento politico in chiara contrapposizione al nostro e nemmeno iscritto all’ordine del giorno – prosegue Anzaldo – Una mozione che, peraltro, è stata depositata il giorno successivo. In quella sede il presidente del consiglio non doveva chiedere un parere politico ma limitarsi a giudicare se la nostra mozione fosse ammissibile o meno. Il presidente deve tutelare tutti i consiglieri e le minoranze, senza eccezioni. Anzi, avrebbe dovuto farlo in particolar modo verso chi non era presente. E non è accaduto”.