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Punti di vista

Donne magnifiche, opere emozionanti: “Astratte” a Villa Olmo è la cosa migliore della Giunta Landriscina

Premessa inevitabile: forse nulla come l’arte è soggetta al gusto e alla sensibilità personale. In più questo articolo, come si vede dall'”etichetta”, è un breve testo che rientra espressamente nei “punti di vista”.

Insomma, messe insieme le due cose – e considerando quanto segue come una prospettiva puramente personale – sarebbe del tutto ovvio scoprirsi profondamente in disaccordo. Detto questo, andiamo subito al punto (con un pizzico di iperbole se vogliamo): qual è stata la cosa migliore realizzata in questi cinque anni dalla Giunta Landriscina? La risposta, seguendo i criteri appena elencati, è ovvia: la mostra “Astratte-Donne e astrazione in Italia 1930-2000”, in corso a Villa Olmo, ascrivibile all’assessore alla Cultura Livia Cioffi, al settore Cultura di Palazzo Cernezzi e curata da Elena Di Raddo.

Già soltanto il taglio particolare dell’esposizione, ossia un viaggio tra scoperta e riscoperta delle artiste che si cimentarono e si cimentano con l’arte astratta, è qualcosa di finalmente fuori dagli schemi dei grandi nomi “per forza”.

Ma andando oltre – e ci si permetterà, senza riepilogare qui i contenuti che abbiamo diffusamente descritto in altri articoli – ci sarebbe da approfittare dell’occasione (ancora per poco, purtroppo: fino al 29 maggio) anche solamente per alcuni flash che qui lasciamo come invito a staccare quel biglietto.

Basterebbe trovarsi davanti qualche istante all’inafferrabile delicatezza del dinamismo astratto della comasca Cordelia Cattaneo per provare un’emozione, oppure lasciarsi accarezzare dal vento del lago che Carla Badiali è riuscita a domare nello Studio per un pannello per il circolo della vela di Como.

Oppure sentire echeggiare nelle sale la voce futurista di Filippo Tommaso Marinetti che scandisce l’aerodanza di Giannina Censi e ululerà letteralmente attorno a voi per grande parte del percorso.

Le mani fuse nell’alluminio di Regina Cassolo Bracchi ne “Il paese del cieco” sarebbero già da solo un ottimo spunto per fare tappa a Villa Olmo.

Così come il grande omaggio a Malevic nella “Croce Kazimir” di Lucia Pescador o come le arcaiche e inquietanti “Pagine chiodate” di Franca Ghitti, che in quel brutale accostamento sembrano perfette per questi tempi violenti.

Per assurdo, persino vedere com’era l’intorno di Villa Olmo, nel 1936, ai tempi della Mostra di Scenografia e Cinematografia, sarebbe motivo sufficiente per infilarsi in quelle sale.

Ma davvero è difficile indicare “un” perché vedere questa mostra nei pochi giorni che restano. E’ lasciarsi trasportare dalla eccezionale selezione di opere e artiste, da quel senso di ignoto e mistero che l’astrattismo porta con sé e scava dentro senza mai offilrire una risposta certa, definitiva e perfettamente delineata, il vero motore di questo allestimento.

Ecco, il consiglio può essere questo: non cercare risposte nelle magnifiche opere in mostra, ma infilarci i pensieri e le emozioni vostri aspettando che queste donne straordinarie ve la restituiscano, all’improvviso, quando meno ve la aspetterete, come un lampo astratto ma potentissimo. Quasi carnale.

Si capisce, insomma, il valore della cultura per la Como di domani?

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