Qualche giorno fa Palazzo Cernezzi ha diffuso le nuove istruzioni sulla fornitura gratuita dei sacchetti e dei bidoni per la raccolta differenziata. Spulciando i vari, ordinatissimi paragrafi, ne manca uno che almeno in queste ultime settimane sarebbe fondamentale: il sacco per il senzatetto.
Nell’elenco dell’amministrazione, tra colori e formati, non è data alcuna indicazione sul contenitore e sulle modalità di smaltimento delle persone senza dimora. Viene dunque il dubbio che sia sfuggita ai più – o almeno a noi – la delibera con cui è stata trasformata in Discarica per l’Umano l’ex chiesa di San Francesco, luogo dove la vita non ha valore a dispetto della centralissima e simbolica collocazione tra i palazzi del benessere e del potere di Como (il Tribunale è a una manciata di passi, il Comune poco più).
Iperboli a parte, l’ennesima notte con il colonnato infame trasformato in giaciglio zuppo e disperato, pone (ancora una volta) la questione: che fare (e chi può fare qualcosa) per le persone-rifiuto che fanno da trait d’union tra i tramonti e le albe, in mezzo a coperte di fortuna, cartocci di vino e idropulitrici?
L’approccio che si intende utilizzare qui – almeno a titolo personale – è del tutto laico, bene precisarlo.
Però, almeno questa volta, un dato di fatto c’è. Un indizio forte, direbbero nel vicino Palazzo di Giustizia: sembra oggettivamente tangibile il legame diretto tra la fine dei servizi legati a Emergenza Freddo e il ritorno in massa sotto San Francesco dei senza dimora. Una causa-effetto che, almeno a prima vista, sembra far pendere la bilancia delle decisioni dalla parte di chi chiede un nuovo dormitorio permanente in città.
Nello stesso tempo, però, non è possibile liquidare come nulla fosse la posizione di fondo di chi a questa ipotesi è contrario (e non c’è soltanto il vicesindaco Alessandra Locatelli, che tra l’altro ha il pregio di sfidare improperi e accuse e di dire apertamente che secondo lei il dormitorio non serve e non arriverà in base a numeri e argomenti; anche dai vertici della Caritas, non è una novità, l’aumento delle strutture che assecondando ogni nuovo picco di emergenza potrebbe rivelarsi una riposta capace di eternare l’emergenza stessa, più che risolverla).
E allora, tenendo presenti i due opposti presupposti appena accennati, che fare?
Sarebbe innanzitutto interessante sentire pubblicamente le voci del sindaco e dell’assessore alla Sicurezza sul tema: troppo comodo, in fondo, ripararsi nel silenzio dietro il solito paravento chiamato Locatelli per esprimere la linea dell’amministrazione sulla questione.
Sarebbe utile, insomma, che la triade al comando reale del Comune dicesse una volta per tutte se la situazione va bene così oppure no. Il vicesindaco l’ha già fatto e rifatto. Si può contestare, detestare, ma la faccia – cosa molto in voga in queste ore – ce l’ha messa. Ma il dilemma resta: è questa la posizione dell’esecutivo nel suo complesso?
O Mario Landriscina ed Elena Negretti, giusto per citarne due le cui parole pesano e molto, hanno punti di vista diversi?
A quel punto si saprebbe con chiarezza almeno una cosa (fondamentale): cioè se il Comune intende occuparsi o no della questione con gli stessi mezzi attuali oppure con risorse e impegni straordinari.
Soltanto con questo quadro chiaro e definito – con una posizione ufficiale e definitiva di Palazzo Cernezzi, auspicabilmente espressa dal sindaco – si potrà affrontare qualsiasi altro potenziale sviluppo.
Sarebbe anche opportuno che una tale chiarificazione arrivasse presto, argomentata e non tramite la solita battuta voltante tra un corridoio e l’altro. Sarebbe bello che si parlasse alla città, non a un taccuino a casaccio.
Sarebbe opportuno – se si volesse scendere di piano – anche politicamente.
Perché si può anche continuare a far finta di nulla, ma tra pochi giorni in consiglio comunale arriverà la mozione trasversale che chiede per l’appunto un nuovo dormitorio in città. Documento in assoluto non vincolante, è vero. Ma che – con Forza Italia schierata per la centesima volta contro l’apparente volontà della giunta – si annuncia foriero dell’ennesima, devastante spaccatura in maggioranza su un tema tanto importante quanto politicamente pesante.
Una crisi ormai permanente, quella del centrodestra a palazzo. Anche soltanto per questo – per farla deflagrare o per ricondurla al seno originario – è venuto il tempo della chiarezza. Anche perché, diciamolo: una città di 83mila abitanti, con tutti i problemi che ha, non può permettersi di inchiodare il dibattito pubblico unicamente su questo tema, per quanto rilevante umanamente e simbolicamente.
Tanto, mal che vada, si finisce tutti a casa. Tranne chi dorme a San Francesco.
5 Commenti
Caro @Antonio tu fai troppe domande a cui mai nessuno ha voluto dare numeriche risposte.
Domanda: i posti letto nel dormitorio comunale e altri (v. ad es. Ozanam) sono pieni?
O queste persone non vengono fatte entrare?
Sono lì perché non c’è posto, perché non vengono amessi dove ci sarebbe posto, o per altro motivo?
Sono pieni. D’inverno viene aperto un altro dormitorio gestito da volontari per poter garantire un posto letto a più persone (anche se a volte non basta neanche quello). Però non si può basare tutto sul volontariato, le istituzioni esistono proprio per prendersi carico e gestire le varie problematiche della collettività.
È opportuno dare a Cesare quello che è di Cesare e dare a Dio quello che è di Dio. La disponibilità dei volontari, il buon cuore della gente e la carità cristiana non devono e non possono sostituire i doveri di un’Amministrazione che fa del decoro e della sicurezza la sua bandiera.
È stato facile far propaganda contro l’emergenza “migranti” criticando chi l’emergenza (che esisteva ed era nazionale per stessa voce delle allora opposizioni) stava affrontando. È stato facile far propaganda elettorale invocando il pericolo dell’immigrazione e inventandosi, per poi smentire quando si è saliti al Governo, milioni di ingressi. È stato facile far leva sulle paure della “gente” di Como inventandosi un incremento di reati poi smentito dalla prima riunione della Commissione Sicurezza. È stato facile dire “prima gli italiani” quando si parlava del Centro Rifugiati e ora abbandonare i disperati italiani di San Francesco (per chi non li conoscesse, gli italiani sono molti e con gli accenti più variegati compreso quelli di casa nostra).
A Como non c’è più la campagna elettorale. Gli amici “baluba” sono al timone e mi sembra che le loro politiche, finalizzate al “decoro” cittadino, stiano affondando come i poveri disperati di San Francesco. Ci facciano vedere se sono capaci di far qualcosa di più efficace di vuoti slogan pronunciati al megafono.
Per ora abbiamo sentito solo quelli….. e nulla più!
L’incapacità di risolvere almeno qualcuno dei molti problemi di Como è una cosa, il rispetto e l’aiuto per le persone in grave difficoltà un’altra.E vista la straordinaria disponibilità di volontari costerebbe pure poco.