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La morte di don Roberto, i senzatetto, l’antipolitica: la contro-lettera di Adduci ad Alessandro Sallusti

Da qualche mese, Roberto Adduci, assieme agli attivisti di “Cominciamo da Como”, è probabilmente l’antagonista più duro della giunta Landriscina sul tema dei senzatetto e dell’accoglienza. Questa volta, però, il tiro si alza e punta dritto sul direttore del “Giornale”, Alessandro Sallusti, peraltro comasco doc. Al centro di una vera e proprio contro-lettera firmata da Adduci ci sono i contenuti dell’intervista rilasciata da Sallusti a ComoZero nei giorni scorsi e incentrata sul tremendo omicidio di don Roberto Malgesini.

Sallusti: “Don Roberto? Un santo fuorilegge. Ma ora preti tornino anche in sacrestia”

Di seguito, il documento di Roberto Adduci.

Gentilissimo Sallusti,

Nell’intervista che ha rilasciato al quotidiano “ComoZero” sono presenti sicuramente molti spunti interessanti: come per esempio l’analisi in cui fa riferimento alla bassezza politica che riguarda sia la cosiddetta destra che la cosiddetta sinistra, ognuno a modo suo, con la propria ipocrisia. Ciò che conta è tirare acqua al proprio mulino, senza considerare i modi.
Approfitto di questo punto per collegarmi ad alcune sue dichiarazione con cui invece non si può essere d’accordo se è una lettura politica che si richiede.

Lei dice: “La politica è un ring e sul ring si combatte”.

In realtà ha appena espresso esattamente il concetto di antipolitica, che è quello che oggi vige.
La politica, se vogliamo richiamarci ad una storia che tutti conoscono per rendere viva l’idea, è la tavola Rotonda di Re Artù; la politica è un luogo in cui si mettono da parte egoismi e interessi personali per perseguire insieme un risultato che non è altro che il benessere e il progresso della società.

Lei dice: “Il problema è che dobbiamo tornare alle responsabilità personali. Chi ammazza è un criminale. Punto”.

Questo secondo me è vero in parte; se sono d’accordo sulla parte del criminale, che tra l’altro lei spiega ancora meglio nella domanda seguente su Don Beretta, non posso esserlo anche sulla parte relativa alle responsabilità personali.

Infatti, queste ultime, sono le uniche responsabilità che vengono considerate, non ve ne sono altre. Avviene così in tutti i casi, non soltanto in questo caso specifico. Un esempio potrebbe essere il cosiddetto femminicidio, chi è il responsabile? Soltanto l’assassino o anche la politica che continua a coltivare una cultura di disparità tra i sessi? Cosa si fa per questo?

Quindi forse potrebbe essere vero proprio il contrario, cioè che dovremmo considerare oltre che la responsabilità personale anche la responsabilità politica e la responsabilità sociale.

Lei dice: “Noi dobbiamo difendere le regole, ma meno male che ci sono i Don Roberto che se ne fottono delle leggi”.
Innanzitutto sembra una frase con poco senso. D’altro canto mi chiedo chi è “Noi” e perché mai si sente il bisogno di difendere regoli o leggi che sono palesemente superate.

Infine lei dice: “Don Roberto è un Santo. Una Santità sfociata nel martirio”.

Una frase decisamente positivistiva e conservatrice, una frase assurda.

Don Roberto è una persona normale. Le sue azioni e i suoi gesti erano quelli di una persona normale, erano gesti semplici e quotidiani. Non vi era niente di soprannaturale o di complicato. Era un comportamento di una persona, il quale (si evince dai racconti che da sempre a Como parlano di lui) probabilmente conosceva la sofferenza e desiderava annullarla negli altri con le sue attenzioni. Questo è un comportamento accessibile a tutti, è un cambio di prospettiva, non serve parlare di Santi.

E non serve parlare di Santi anche perché non serve parlare di martirio.

Ognuno ha le sue responsabilità.

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