L’analisi politica del sindaco di Como, Alessandro Rapinese, sul lavoro delle opposizioni a Palazzo (si parla di Pd e Svolta Civica) è il risultato di un uso sapiente del gentil randello: “Le loro proposte quando non sono inutili sono scritte da analfabeti”. Sbam.
LA PREMESSA
Lo apprendiamo oggi, 23 febbraio, quando il giudizio saccagna pesantemente l’operato dei rivali d’aula. Le parole del primo cittadino sono riportate in un articolo della redazione di Quicomo (articolo integrale) e sono la replica repentina alla conferenza stampa del pomeriggio di cui abbiamo dato conto: “Giunta Rapinese arroccata nel castello”. Piscine, nidi, taxi, stadio (e tutto il resto): l’affondo di Pd e Svolta Civica.
I due alleati di centrosinistra, a torto o ragione, hanno contestato i primi 240 giorni di attività amministrativa rapinesiana presentando proprie tesi su casi di specie (piscine, stadio, nidi, Ticosa, etc) e metodi. Per esempio la capogruppo Dem, Patrizia Lissi, ha spiegato: “Nessun dialogo ma sempre e solo delle bocciature senza appello ad ogni nostra proposta, i cittadini devono sapere che noi ci siamo, in consiglio comunale portiamo avanti idee e progetti ma non passa nulla. O meglio, neanche se ne discute, è triste”.
Dialettica politica, toni duri, nemmeno durissimi quelli del centrosinistra. Che finora, dai, non è che abbia proprio fatto, salvo casi singoli, l’opposizione lancia-in-resta, ma può esser pure strategia. Scelte loro. Comunque si tratta di asperità fisiologiche, opposte ragioni, tutto però nella norma della nuance e dei modi dell’agone. Almeno da una parte.
E POI ARRIVA IL SINDACO
A Quicomo Rapinese dunque dichiara: “Bocciare le proposte delle minoranze è un dovere civico: quando non sono del tutto inutili sono scritte da analfabeti e sfido chiunque ad andare a leggersele”. E ancora: “So come si fa l’opposizione e devo dire che non c’è stata una sola proposta degna di essere accolta. Scritte male e con sciatteria, emendamenti sbagliati, addirittura illegittimi. Sono degli improvvisati allo sbaraglio, questo è il vero motivo per cui bocciamo le loro proposte. Grazie a Dio l’elettorato non li ha premiati perché altrimenti avremmo continuato ad avere un’amministrazione di cui vergognarci, come successo negli ultimi vent’anni”.
Ora, pure ammesso che nessuno nel centrosinistra comasco abbia dimestichezza con sintassi e grammatica di base e men che meno con le procedure amministrative formali, è lecito chiedersi se i toni usati dal sindaco siano accettabili. No, non lo sono. L’insulto come metronomo del dibattito, l’umiliazione sistematica dell’avversario che diventa per il primo inquilino del Cernezzi un mero disturbatore del timoniere. Il dovere di bocciare. Così torna alla mente una calda mattina d’estate con le parole (nessuna ironia: sinceramente belle) pronunciate dal sindaco neoeletto in occasione del primo Consiglio comunale (era il 16 luglio: qui integrali). Disse Rapinese:
“Non ho mai preparato un discorso, anche se avevo pensato di farlo. Parlo alla città da 14 anni e lo farò per i prossimi 5. L’unica cosa che mi sento di dire oggi è per la minoranza, dove ho passato tanti anni. Mi piace pensare di essere ancora oggi il 33esimo consigliere e il mio approccio non cambierà di una virgola”. E ancora: “Ricordo ogni singolo giorno di quegli anni e una cosa che non ho mai sopportato era sentir dire quando ero in minoranza che era facile fare opposizione. E’ falso, è anche più duro che governare. Da me non mancherà mai il rispetto per chi lavora per passione verso la città. Viva la Repubblica, Viva la Costituzione e Viva Como“. Sic et simpliciter, chi non sottoscriverebbe?
Pochi hanno la pervicacia di seguire le dirette del Consiglio Comunale su Youtube. Noi ci proviamo, non sempre animati da grande pathos ma a volte sì, e notiamo (e raccontiamo: tipo qui) come toni, modi e lunghissimi (-issimi) interventi del sindaco siano spesso volti alla demolizione sistematica dell’avversario, demolizione che in alcune occasioni diventa sinonimo di umiliazione.
Ma accidenti, signor sindaco, che importa? E’ necessario? C’è una giunta di fedelissimi (ex assessore Lombardi a parte, con il mistero misterioso della cacciata e relegato alla definizione di “cellula tumorale”). C’è una maggioranza granitica, monocolore e inamovibile, i cui interventi in aula si contano sulle dita di poche mani. Insomma, che bisogno c’è di ribadire costantemente il proprio ruolo? Frasi come “siete stati eliminati completamente dallo scenario politico” non solo sono inutili ma sono false – le opposizioni sono e restano nello scenario politico – ed evidenziano una ridondante necessità (bisogno?) di affermare l’investitura che, signor sindaco, lei già ha e che nessuno mette in discussione mai.
Che utilità c’è nell’essere villani e irridenti parlando di analfabetismo? Poi qualcuno, magari, interverrà e specificherà (già pare di sentirlo) dicendo che si intendeva “analfabetismo amministrativo”. Ma la definizione è molto chiara: “Chi è incapace di leggere e scrivere”. Quindi, nel contesto, è stato fatto un uso del sostantivo da matitona rossa.
LA DEMOCRAZIA, IL PREFETTO E IL CARDINALE
C’è un altro passaggio riferito da Quicomo: “Se rifiutano il concetto di democrazia possono tornare ancora dal prefetto a lamentarsi, oppure rivolgersi ad altre autorità, come il cardinale. O ancora, possono provare a rivolgersi a qualche mago”. E’ vero, il 23 gennaio le opposizioni (Pd, Svolta Civica, Fratelli d’Italia, Noi con L’italia ma non la Lega) sono andate dal prefetto di Como, Andrea Polichetti (qui il resoconto). Prefetto che peraltro, si leggeva nella nota successiva l’incontro: “Ha preso atto delle doglianze, ha ribadito il ruolo fondamentale delle minoranze nella gestione della cosa pubblica e ha assicurato la propria disponibilità a rappresentare al presidente del Consiglio Comunale la necessità di contribuire al raggiungimento del necessario clima di rispetto reciproco“. Se bisogna rappresentare al presidente la necessità di contribuire al raggiungimento del necessario clima di rispetto reciproco, quantomeno per deduzione, possiamo ritenere che il rispetto sia venuto a mancare. Almeno qualche volta. E nessuno ha mai smentito la nota.
Poi perché le minoranze debbano andare dal cardinale e vescovo di Como, Oscar Cantoni, solo Rapinese lo sa. D’altronde era stato lo stesso sindaco, all’epoca oppositore, a presentarsi sotto le finestre del vescovado con un video che ha fatto storia, questo:
Non si capisce poi come si possa dire: “Se rifiutano il concetto di democrazia”. Fanno opposizione che devono fare altrimenti? Tant’è.
Che dire? Buona parte di questa redazione frequenta il Palazzo da vent’anni o più. Di momenti complicati ce ne sono stati. Ma mai, mai davvero, si è assistito a un periodo come questo. E’ un momento nuovo, diverso, in cui ogni forma del dicibile è legittima, l’insulto sdoganato a metro dialettico. Un periodo in cui alzare la mano e dire “magari no, scusate, magari si può fare diversamente” porta solo ad affastellamenti di improperi e retropensieri. Dove tutto è manicheo: o di qua, o di là. Non è così che funziona, o dovrebbe funzionare, nel consesso civile dove ciascuno vuole stare bene e vivere almeno decentemente.
AGGIORNAMENTO (22:02)
Una lettrice, pubblicato questo articolo, ci invia un estratto dal programma del sindaco quando era candidato. Lo aggiungiamo per completezza (punto 5.6):
8 Commenti
“Improvvisati allo sbaraglio…”
Appunto. Improvvisato, divisivo, egoriferito insomma un superman de noantri.
Speriamo di liberarcene presto
il sig. sindaco è pieno di se stesso. tra un po’ penserà di fare il cardinale…….
si. Rapinese, Como non la merita, vada oltre……….
Dai ComoZero, ancora che andate a vedere cosa Rapinese ha detto alcuni mesi fa?
E pure l’estratto del programma del sindaco? Ahahahha
Avete presente il grottesco caso delle pensiline inutilizzate che qualcuno ha proposto di spostare in fermate del bus ancora sprovviste?
Sia mai che Rapinese potesse dire “buona proposta”, d’altronde arrivava dall’opposizione.
E allora via con mille modifiche e bocciature pur di non dire “ok”.
Inutile perderci tempo.
E’ sindaco di se stesso.
La domanda di fondo, però, rimane: ma davvero tutti i suoi compagni di lista sono sulla stessa lunghezza d’onda? Va a tutti bene così?
Tutti tutti forse no, vedi prima Lombardo e ora Sacconi.
Molti altri sicuramente sì, altrimenti non sarebbero entrati in quella lista.
D’altronde che Rapinese sia così, è palese da anni.
“I cittadini devono sapere che noi ci siamo”, dice la capogruppo PD Patrizia Lissi.
Ma è proprio questo che non vuole Alessandro Rapinese. E tutto è finalizzato al suo progetto. Progetto che – ormai appare sempre più chiaro – non è disegno politico quanto idolatria personale.
Rapinese (lo dice lui stesso) sognava di fare il sindaco da sempre, allo stesso modo in cui un bambino può sognare di diventare calciatore.
Il suo è un sogno totalizzante e ossessivo.
E tutto quello che gli ruota attorno ha senso e dignità solo se funzionale alla realizzazione del suo obiettivo ultimo.
Valori come coerenza, fedeltà alle promesse fatte, il rispetto per le istituzioni e per i compagni di lista, la buona educazione, per lui non hanno alcun senso.
Quello che conta è dilatare il più possibile quel sogno che sembrava impossibile e che poi si è avverato.
E per garantirti un futuro – se da amministratore non sei in grado di fare cose memorabili – anche demolire l’avversario politico fino a farlo scomparire o alimentare la narrazione che il tuo essere un sindaco “qualsiasi” non dipenda da limiti tuoi ma da oscuri nuclei di potere antagonista, sono artifici retorici utili alla causa.
Cheschì a lè andà fora