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Politica, Punti di vista

Nel consiglio tra circo, silenzi e livori lo scontro a Como non è più politico ma antropologico

Il sospetto, a dire il vero, viene da lontano, come minimo dalle elezioni comunali del giugno 2022. Ma il consiglio comunale di lunedì sera, trasformato in vari momenti in una caricatura di se stesso tra dramma e circo, ha dato una conferma che probabilmente si può considerare definitiva. E quella conferma – desunta anche da reazioni, commenti, opinioni diffuse recepite nelle ore successive – dice che a Como lo schierarsi dall’una o dall’altra parte non è più una questione politica. E’ un dato ormai antropologico, che prescinde dalla politica e affonda nei caratteri più profondi dei protagonisti.

Lo spettacolo per larghi tratti inaccettabile che ha offerto al pubblico la (teoricamente) massima assemblea cittadina ha dipinto meglio di ogni cosa la spaccatura umana che ormai da un anno e mezzo attraversa una città intera (o almeno quella parte, forse piccola, che ancora si interessa di amministrazione e politica). L’aula, un tempo guida e riferimento istituzionale anche per i cittadini, almeno a livello simbolico, non ha più nessuna caratteristica di alterità rispetto alla strada, al quartiere, sovente al bar (non da oggi, probabilmente, ma ora il fenomeno è certamente al culmine). La sala regina del Comune si limita ormai a riprodurre meccanicamente e sovente con toni grotteschi la frattura inconciliabile che la politica basata sul “con noi o contro di noi” ha già imposto fuori, tra la gente, infilando il dibattito pubblico in una gabbia per la lotta libera.

Da un lato, il sindaco Alessandro Rapinese, la sua giunta, i suoi silenziosi consiglieri, paiono fusi un blocco lanciato contro tutto e tutti, quasi nel pieno di una missione da compiere a qualunque costo, anche quello di travolgere grammatiche istituzionali, rispetto dell’avversario, principi consolidati; dall’altro lato, una specie di “resto del mondo” non omogeneo ma fattualmente confinato dalla sconfitta nella stessa metà campo, reagisce e si difende, a volte con coraggio e lucidità, a volte sprofondando nel gorgo ideologico e inutilmente tattico, con il plauso automatico e incondizionato delle rispettive “basi”. E i due “eserciti” mai come in questa fase storica della città sono rivali acerrimi, forse non è un’esagerazione dire nemici.

Che cosa fa dire questo? Il fatto che in tanti anni, poco meno di 25 per chi scrive, mai si è visto un tale reciproco dogmatismo a separare, spesso con ferocia anche a livello personale (e pensare che minoranza e maggioranza andavano a cena assieme, spesso, fino a pochi anni fa) i sostenitori dell’uno o dell’altro fronte. Un fossato ai cui lati il ragionamento o la riflessione sul merito delle cose trascolorano pallidi all’orizzonte.

Perché non si può spiegare altrimenti il mutismo assoluto di lunedì sera, ad esempio, di assessori e consiglieri di maggioranza mentre il loro sindaco prendeva letteralmente in giro tutta l’opposizione (il famoso e reiterato blablabla con tono caricaturale e offensivo) e poi nello specifico, con un accanimento veramente irricevibile, la consigliera Patrizia Lissi del Pd. Non si riesce a motivare altrimenti, se non con la fede che soffoca la ragione, la sopportazione monolitica del ripetersi di questi atteggiamenti nei confronti di tutte le minoranze (o anche nel caso di un ex compagno di avventura come l’ex assessore Ivan Matteo Lombardi, cestinato in un lampo senza un “beh”). Solo un’obbedienza aprioristica al capo, almeno vista da fuori, può spiegare il fatto che in 16 mesi non si sia mai sentita una voce vagamente dissonante o semplicemente critica verso un qualsiasi provvedimento o atteggiamento di sindaco e giunta. Non è umano, non accade in natura un tale unanimismo totalitario. E del resto, quando si decide di non parlare mai, in nessun caso, per scelta, per ordine o per paura (non esiste, a memoria, un’intervista di un consigliere comunale della lista Rapinese a un qualsiasi media in un anno e mezzo e gli interventi in consiglio si contano sulle dita di una mano), allora è anche lecito azzardare interpretazioni di tanto inverosimile appiattimento.

Nello stesso tempo, la voragine prodotta dai vincitori ha chiaramente creato un effetto uguale e contrario nel campo delle minoranze sconfitte e spesso delegittimate da chi aveva promesso collaborazione e comprensione il 16 luglio 2022. Hanno molte ragioni, le opposizioni, nel rimanere esterrefatte (peraltro da destra a sinistra) per certi toni e modi del sindaco, quasi mai contenuti da chi di dovere. Ed è forse per questo che a volte affondano nella tentazione dell’attacco aprioristico, a prescindere, senza alcuna mediazione, su tutto (ma almeno in toni civili). Il che può anche essere comprensibile visto il trattamento ricevuto da Rapinese in questo scorcio di mandato, ma nello stesso tempo negare a costo di bendarsi anche alcuni oggettivi risultati operativi della giunta, a volte ricorrendo all’argomento piuttosto inconsistente che “era tutta roba partita prima” (è sempre tanta la “roba” che eredita un sindaco dai mandati precedenti, ndr), rischia di sterilizzare il messaggio. Molto più efficace, piuttosto, puntare sulle singole “vere” battaglie, come ad esempio quella culminata con la rivelazione piuttosto clamorosa del consigliere Vittorio Nessi circa i piedi d’argilla della celebre promessa elettorale del sindaco sulla piscina di Muggiò.

Questi ultimi argomenti però sono sostanzialmente inutili, proprio perché la divisione ai due lati del fossato ormai è antropologica, ha più a che fare con l’essenza stessa degli esseri umani contrapposti che non con le differenze di pensiero o vedute, e pare approfondirsi ogni giorno di più. La sensazione è che i temi materiali, le delibere, i cantieri, le cose giuste e le cose sbagliate, non abbiano più alcun peso in sé e in termini oggettivi. La violenza dello scontro verbale, comportamentale, delegittimante e non di rado insultante (in quest’ultimo caso però non certo in maniera uguale tra le parti) tra le opposte fazioni sembra aver scavato una trincea che la mediazione intellettuale non può più valicare, in una spirale di acredine alimentata dal fuoco del proprio “Credo”.

Si fa veramente fatica a immaginare altri tre anni e mezzo di amministrazione e dibatto pubblico (oddio, dibattito pubblico: il sindaco che parla, l’opposizione che ribatte) in clima di così cieca avversione tra i due campi, sia dentro che fuori le mura del Municipio. E’ difficile credere che si possa continuare così fino al 2027, in un clima dove qualsiasi collaborazione è vista come il demonio, e dove anzi l’approfondimento del fossato è utile a marcare la distanza dall’odiato nemico, alimentando però ulteriormente la spaccatura in un vortice senza fine.

La tradizione civica e politica di Como, che pure ha visto tanti scontri anche accalorati tra avversari, ma su temi reali e non per sfottò o prese in giro, ha goduto di una moderazione e di un senso delle istituzioni che hanno spesso incarnato l’anima migliore della città stessa. Pur comprendendo che tempi, modi e stili cambiano, passare in un lampo dalle pur obsolete liturgie del consiglio comunale paludato alla scazzottata permanente da saloon forse è un po’ troppo. Persino per una Como – anche mediatica – che sembra digerire tutto concedendosi al massimo un ruttino, per stare in tema.

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22 Commenti

  1. È pazzesco quanto assomigli a Ted Levine in quel ruolo pazzesco mentre si specchia con Goodbye horses in sottofondo.. io, fortunatamente da ex comasco, me lo immaginerò per sempre così..

  2. I piagnistei pseudogiornalistici e le mammole politicamente corrette (e moralmente corrotte) se ne facciano una ragione: il così detto picconatore è arrivato dopo decenni di amministrazioni vomitevoli a dir poco di entrambi gli schieramenti. Avete ucciso la politica e adesso ve la prendete con i mostri che si sono impossessati della scena. Dovevate pensarci prima, carissimi.

    1. L’analisi probabilmente è corretta, ma non cambia la questione: se quattro idraulici mi truffano, la quinta volta non faccio riparare il lavandino che perde alla babysitter 😉

  3. Quando parla di battaglia antropologica, Emanuele Caso dice benissimo.
    In Alessandro Rapinese non c’è niente di politico, la sua è una caratterizzazione totalmente psicologica.
    Da una parte Alessandro Rapinese ha un’arroganza sua propria, che è quella che abbiamo imparato a conoscere da sempre, che si parli del Rapinese d’opposizione o anche del primo Rapinese Polenta Uncia.
    Come scrissi tempo fa, nel suo “chi sono” c’era già tutto.
    Dall’altra, Rapinese sa che la via più semplice per vincere è quella di presentarsi alla gente sfiduciata dalla politica come qualcosa di alternativo alla politica.
    Da qui l’esigenza di aggrapparsi al concetto di differenza (che si fa distanza incolmabile e inavvicinabile, vedi il caso Lombardi) tra noi e loro.
    Concetto che trova sostegno nella narrazione dell’accerchiamento perpetrato dalla “vecchia politica”, riunita in modo trasversale per difendere se stessa dal vento di rinnovamento alzato dal nostro.
    Un po’ ingenuamente, siamo portati a pensare che un politico sia confermato o meno in base a quello che di concreto riuscirà a realizzare nel proprio mandato.
    Rapinese invece sa che è molto più remunerativo quello che nel tuo mandato non riuscirai a fare. A patto che tu riesca a far credere alla gente che la colpa sia degli altri. Meglio se ammantati dello status de “I Poteri Forti”, siano essi la lobby dei tagliatori di cavi elettrici di piscine olimpioniche, gli Amici di Como, la politica amica di Varese e via discorrendo.

  4. we have a dream
    abbiamo un sogno
    é stata una ciul…
    a quelli che…..
    a quelli che dai bravo vai e spacca….
    a quelli che era ora che i partiti….
    a quelli che Noi poi e diventato Lui
    a quelli che ah l’aiula delle rose detto fatto….
    a quelli che hai messo como sui sassi delle rotatorie
    a quelli che era ora la bottiglietta per la pipi dei cani
    a quelli che eh peró gliele dice chiare e tondo
    a quelli che ci voleva uno che ha le idee chiare e sa cosa fa, il rinascimento
    a quelli che decidi tu, noi ci siamo
    a quelli che va bene il tono duro
    a quelli che che cazzo avete fatto fino a ieri
    a quelli che io vi rappresento
    io vi rappresento
    io
    vi rappresento
    a voi
    80 mila
    con 8 mila voti
    i partiti affanculo
    poi la lega ed i cugini mi fanno eleggere e son qui, per voi
    e voi
    chiagnosi
    bocciofili chiagnosi
    skater chiagnosi
    mamme con figli chiagnose
    disabili chiagnosi
    senzatetto e fuggitivi chiagnosi
    bla bla bla
    il mio programma
    bla bla bla
    piscine
    bla bla bla
    disabili
    bla bla bla
    bocciofila bla bla bla
    politeama bla bla bla
    ticosa bla bla bla
    la como rinata bla bla bla
    il rinascimento bla bla bla
    il cielo é sempre piú blu bla bla bla
    Vede sindaco, lei mandava a casa altri con la magliettina…..go home.
    Tenga un angolino libero sotto l’albero. magari trova un dono dalla cittadinanza. Buon Natale.

  5. Purtroppo il clima da stadio ha ormai occupato tutta la politica italiana, a ogni livello; anzi, ha pervaso la società. Il ragionamento corrente, qualunque sia l’oggetto del dibattito, è “se non sei con me, sei contro di me”, senza riuscire a valutare che le vie di mezzo sono sempre possibili, e anzi sono necessarie, se il problema è complesso. Il mondo non è bianco o nero, ma prevalentemente grigio. L’avversario politico è diventato un nemico da abbattere – per il momento solo verbalmente.

  6. Quanto andato in scena ieri sera, peraltro già anticipato in altre circostanze, non è altro che l’ennesima certificazione di una città tremendamente malata, al limite del salvabile. Una città malata si rispecchia in un Consiglio Comunale malato, dove è assente il dibattito, il confronto, la discussione su idee e visioni e dove prevale l’arroganza di un soggetto incapace di vestire gli abiti istituzionali. Un soggetto che ha fatto del l’arroganza e dell’insulto il suo tratto distintivo in minoranza e che oggi, non riuscendo a staccarsi da questa indole, lo ha portato a guidare una setta, non una lista, dove non è tollerato alcun dissenso. In ultimo torno sulla città malata e sulla politica cittadina: spicca l’assenza di qualsiasi forma di analisi da parte della stampa locale, incapace da mesi di stimolare un dibattito. Un esempio è dato proprio dalla Ticosa tema sul quale in passato, anche solo per mettere a confronto posizioni differenti, venivano impostati dibattiti e inchieste: oggi nulla di tutto ciò forse anche per una sorta di venerazione verso il Sindaco da parte dei vertici del quotidiano

  7. Como non è mai stata così viva come ora. Una Como populista, forse qualunquista ma finalmente viva! Anche per merito dei numerosi turisti. IL Supremo Cittadino va avanti spedito per la sua strada in maniera autorevole, secondo incarico ricevuto dai pochi che ancora si interessano alla vita politica e sono andati a votare. Le minoranze ricevono sberleffi per i loro comportamenti passati, che non hanno fatto minimamente progredire la città.
    Forse si sveglieranno dal loro torpore e torneranno più battaglieri fra tre anni e mezzo. Intanto speriamo che Superman metta qualche pezza e che la nostra bella città si ravvivi. Più popolusti e meno radical chic o conservatori legati ai vecchi partiti!

    1. Il Sindaco Rapinese, a differenza dei precedenti…non ama le ipocrisie della vecchia maniera di fare politica…alla quale ci siamo abituati anche a livello nazionale…purtroppo.

    2. “Como non è mai stata così viva”? Cioè? “anche per merito dei numerosi turisti “? Solo per merito dei turisti, eventualmente, che c’erano prima di Rapinese, e ci saranno anche dopo, se Como non viene nel frattempo distrutta dall’incapacità di chi la amministra

  8. Maleducato e mitomane . I suoi assessori per 5 mila euro al mese annuiscono senza alcuna dignità. Effettivamente non sono pochi 5 mila euro. Intristisce anzaldo. Dovrebbe essere super partes ma è il pi fedele. Sopporteremo altri 3 anni e mezzo poi questa tristissima parentesi finira

  9. L’abile tattica posta in essere dal Piangina e dal suo ammutolito e compatto esercito di consiglieri fantasmi, guidati da un presidente del consiglio comunale a dir poco inesistente, produce i suoi risultati. Intanto, facendo melina mediatica, si svia l’attenzione dal fallimento della politica posta in essere dal Piangina. Lui parla di Rinascimento, ma più che un rinascimento, sembra un Medioevo di promesse non mantenute e documenti volutamente travisati, nascosti. Una cortina di disinformazione a volte veramente imbarazzante, voluta sempre dal Piangina per non rispondere ai precisi quesiti posti dalla minoranza, e di conseguenza per non rispondere al fallimento della sua azione. Questo certamente non è il miglior modo per far politca, lo è sì, fatto, per mantenere la “cadrega” di tutto questo circo di maggioranza. Ai fans del Piangina, se per voi questo è il meglio che la città ha potuto esprimere…guardate i fatti e non i proclami a colpi di 3/6 mesi!!!

    Un saluto al bla bla bla Piangina

    1. E quella degli esponenti delle amministrazioni degli ultimi tre/quattro decenni la chiama politica? Due parole, Ticosa e paratie. Basta e avanza.
      È arrivato il picconatore, era ora.

      1. Il Mito del Picconatore! Evvai! Picconatori e Rottamatori non hanno mai prodotto nulla di buono, perché sanno solo distruggere, ma non hanno la benché minima idea di come e cosa ricostruire.

      2. Picconatore? Il bulletto del quartiere, vorrai dire. Perfetto per la curva nord di una squadretta di ultima divisione, dannoso per il governo di una città, qualsiasi città.

    1. Però un dubbio c’è. E se il comportamento fuori dalle righe di Rapinese Sindaco fosse calcolato? Alla fine, è riuscito a sviare l’attenzione dall’intervento del Consigliere Nessi. In fin dei conti, da quello che si è capito, Rapinese ha detto una poderosa sciocchezza quando al Sociale affermò, perentoriamente sventolando delle misteriose carte, che il ripristino della Piscina Olimpionica era una cosuccia che si sarebbe risolta in tre-sei mesi. È riuscito perfino a evitare di rispondere alla domanda più che legittima posta dal Consigliere Lissi che ha chiesto quali scuole sarebbero state chiuse? Ha evitato di dirlo per far dispetto a Patrizia Lissi (e ai tanti che rappresenta perché l’hanno votata) o molto più banalmente perché non lo sa neppure lui? E perché non lo sa? Perché deciderà qualcun altro e lui copierà la decisione sugli Atti amministrativi? Mah…. Il dubbio rimane
      Gran bell’articolo. Complimenti.

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