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Nessi, Como e i gitanti cannibali: come ridurre un tema reale nell’invettiva al caviale anti-plebe (ma poi: i comaschi in gita non vanno?)

Su una cosa il consigliere Vittorio Nessi ha ragione, anche se pure quest’unico concetto buono è stato espresso poco e maluccio nel discorso in consiglio comunale: il tema delle masse enormi che si riversano nelle località turistiche è importante e lo sarà sempre di più in futuro.

Perché qui non è questione di fare i moralisti o quelli con la puzza sotto il naso: ingorghi apocalittici, viuzze del centro trasformate in torcide brasiliane, servizi sovente inadeguati per far fronte a quantità di persone palesemente esagerate rispetto alla capacità di accoglienza di paesi, borghi e città sono questioni oggettive, che necessitano di riflessioni, gestioni, soluzioni politico-amministrative che devono andare oltre il semplice “eh, ma la gente porta soldi”.

Apocalypse Nessi: “Como cannibalizzata da orde di gitanti domenicali. Niente qualità, abitanti e luoghi snaturati”

Per paradosso, però, l’aver solo sfiorato questo aspetto reale e cruciale senza un minimo approfondimento ulteriore, senza nemmeno un barlume di proposta a corredo, diventa anche la carenza più grave del discorso di Nessi sulla città “cannibalizzata dai gitanti senza qualità della domenica”.

Perché su temi così delicati e importanti, specialmente se si è amministratori, non ci si può limitare a sfiorare l’offesa nei confronti di chi legittimamente la domenica, a Pasqua o a Ferragosto vuole mangiare un gelato in riva al lago perché non ha la fortuna di viverci, affacciata sul beautiful lake.

Lamentarsi con toni vicini alla scomunica del fatto che da Lomazzo, Monza o Pavia nei giorni di festa vengano a Como famiglie, fidanzati, gruppi di amici o pullman di pensionati, senza dare alcun contributo su come affrontare la questione, su come gestirla al meglio, su come controbilanciarne effetti positivi e negativi, relega l’intervento a invettiva al limite del classista (qualità negativa che, peraltro, a Vittorio Nessi proprio è impossibile attribuire, tanto che viene da chiedersi: ma saranno davvero tutte sue le parole di quel discorso? Conoscendo la sensibilità, il tatto, la raffinatezza di pensiero del giudice prima, del consigliere ora e dell’uomo in generale, viene persino da dubitarne, ndr).

Il vero autogol di quel discorso, che – ribadiamo – parte da una questione generale senza dubbio esistente, è aver dato la sensazione a moltissimi del classico bofonchiare altezzoso e malmostoso del comasco radical-chic che disdegna il popolo (anzi, quasi la plebe in alcuni passaggi) e che vagheggia, in fondo in fondo, una sorta di selezione snob all’ingresso della città (per aspetto? portamento? titolo di studio? reddito? Ricordiamo sempre che esiste una Costituzione che tutela la libertà e l’uguaglianza di ciascuno, anche dei gitanti).

Inoltre, quando è da sinistra che il popolo fa alzare lo sdegnato sopracciglio perché insozza luoghi che si ritengono senza alcuna ragione particolare “propri” o perché disturba i nobili sonni dei residenti, la cosa fa doppiamente impressione. Una brutta impressione, anche perché non tutti hanno la casetta isolata in campagna per il weekend, o la villetta seminascosta a picco sul mare o la possibilità fisica di fare chilometriche camminate solitarie sulle creste dei monti.

E poi, scusate: ma non siamo tutti noi “gitanti cannibaili” a turno, in Italia e nel mondo? O quelli così brutti e incivili sono solo quelli che vengono a Como, mentre se si esce da questa città si diventa turisti colti, graziosi e facoltosi?

No, non può essere che il consigliere sogni davvero la Como in bianco e nero di qualche lustro fa, passata giustamente alla storia per anni come la città morta e amorfa degli hotel a 30 stelle, e immagini un turismo per censo o per dogane ai quartieri.

Può essere eccome, invece, che del tema di folle forse eccessive per la conformazione, i servizi, le possibilità di accoglienza della città si parli seriamente, si discuta in maniera concreta e si valutino correttivi applicabili e non discriminatori a beneficio di tutti: residenti e gitanti.

Ecco, magari la prossima volta sarebbe bene farli questi passi oltre l’invettiva. Posando il caviale e abbassando il mignolo. A quelle condizioni, d’altronde, se tra gli amministratori comaschi c’è uno che può farlo e può farlo bene e con argomenti, quello è senza dubbio Vittorio Nessi.

Como e le “orde di gitanti”. Cioffi (Turismo): “Ingressi selezionati? Impossibile. Il traffico il problema, non le persone”

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13 Commenti

  1. Bravo Emanuele!
    Nessi poteva metterla giù meglio. Anch’io abitando in provincia ogni tanto mordo e fuggo Como.
    Proposte: zero. Preciso che Nessi mi piacerebbe come sindaco 2022-27

  2. Forse Nessi propone un turismo d’élite con almeno due pernottamenti ?
    Interessante, ma allora andrebbe applicato a tutti i comaschi che la domenica fanno la gitarella sul lago, a Madesimo, a Bormio, a Milano …
    Col risultato che, non potendo uscire da Como per ovvie e banali ragioni economiche, avremmo nuovamente una Como intasata di macchine: eh sì, perché se si portano i figli in auto alla scuola distante cinquecento metri, figuriamoci se devono andare in centro.
    Però sembra che per Nessi il problema non sia il traffico quanto l’orda di “plebei” che inondano Como.
    Il che seppellisce il suoi intervento con un profondo senso di tristezza.

  3. Rimini e Como, la differenza…
    Il Turismo e la Cultura sono il nostro petrolio. Dopo 18 mesi senza turisti, senza soldi, con chiusure di negozi, bar e ristoranti, perdite di posti di lavoro, una COMO viva ✌️ vuol dire dare un po’ di agio a migliaia di famiglie. Speriamo che a Roma capiscano quando manchino i vicini della Confederazione elvetica. Abbiamo ricchi americani o da altri Paesi e sabato e domenica il popolo Nazionalpopolare, amato da Gramsci.
    Sentiamo cosa scrive Tondelli dell’ Emilia Romagna, così non siamo arrivati. Allora, conviviamo.
    Grazie a Bompiani andiamo con la memoria agli anni d’oro ricordando un libro che fece scandalo, Rimini di Pier Vittorio Tondelli, ristampato a trent’ anni dalla prima edizione.

    “Voglio che Rimini sia come Hollywood, come Nashville, un luogo del mio immaginario, dove i sogni si buttano a mare, la gente si uccide con le pasticche, ama, trionfa o crepa. Voglio una palude bollente di anime che vanno in vacanza solo per schiattare e si stravolgono al sole e in questa palude i miei eroi che vogliono emergere, vogliono essere qualcuno, vogliono il successo, la ricchezza, la notorietà, la fama, la gloria, il potere, il sesso. È Rimini è l’Italia del ‘sei dentro o sei fuori’ …” . Se c’ è uno scrittore che ha segnato un’ epoca e che è diventato un classico è proprio Tondelli. Ha scritto Padre Antonio Spadaro, gesuita, scrittore e teologo italiano direttore della rivista La Civiltà Cattolica: “La sua opera è già stata inserita tra i classici della letteratura. Anche a prescindere dall’interrogativo sul senso della sua classicità, la narrativa tondelliana appare di robusto spessore, intensamente legata com’è ai nuclei vitali di una vita aperta in maniera complessa alla trascendenza. E tale apertura si realizza in pieno postmoderno italiano: gli anni Ottanta. Solcare i sentieri di quest’esperienza letteraria significa addentrarsi in una vicenda tenera e drammatica. Siamo di fronte a una letteratura che non prende congedo dalla biografia del suo autore: scrivere significa per Tondelli volgere lo sguardo sul mondo per cercare di comprendere in profondità il reale, ora con disincanto, ora con passione, ora con ironia. Così egli abbraccia un’idea forte della letteratura intesa come un “vegliare la vita del mondo e raccontarla”.

    E allora in Rimini la fauna, in questo paese delle meraviglie, cosa fa? Si mischia come in una Nashville patriottica e poliglotta, si interseca, si ricicla, si bagna, si asciuga, si dissolve, si droga, si eccita, prova variazioni alla ‘somma idraulica’, si pigia in un caleidoscopio plot che nessun romanziere, o cinematografaro, ha ancora osato minimamente immaginare. E invece questa Italia un po’ sbracata, che culla il sogno di una propria efficienza quantomeno import-export; questa fauna profondamente artificiale che, nell’orgia ferragostana, insegue le mille vibrazioni del coitus mediterraneus; questi ragazzi che limonano e spinellano e si stravolgono di notte e giorno, costituiscono la più ardente, improvvisata e autogestita carnevalata rabelaisiana cui sia possibile partecipare in patria. Per questo, ogni anno si torna a Rimini: perché questo è l’unico luogo in cui è ancora possibile vivere e innestarsi nel continuum del romanzo nazionalpopolare. Per cui voi che siete a Rimini, ora, o siete stati in vacanza in questa estate mandate una cartolina e raccontate. “Siete già, o fortunati, in pieno romanzo. La massa si cuoce e rosola, gli eroi sparano a Dio le loro cartucce”. Ecco cosa è cambiato? E chi scrive è un ex-ragazzo, cattolico, cresciuto in Azione Cattolica e in oratorio. Rimini è tra i libri più venduti dell’estate e diventa soprattutto un fenomeno di costume. La Rai democristiana fa una figura barbina, prima annuncia poi cancella un’apparizione di Pier Vittorio Tondelli a Domenica In allora condotta da Pippo Baudo, nonostante i lettori di TV Sorrisi e Canzoni (pubblico popolare) l’avesse votato come libro dell’anno, come racconta Fulvio Panzeri il critico che Tondelli ha scelto come curatore della sua opera omnia (pubblicata da Bompiani in 2 volumi). Tondelli così commentò : “Nonostante uno degli autori della trasmissione avesse accettato, dopo la solita trattativa, di ammettere il romanzo alla presenza del faraone (Pippo Baudo), nonostante il capostruttura della rete, avesse per tre volte ribadito la presentazione in base agli intrinseci valori del romanzo, all’ ultimo momento pare sia intervenuto il direttore della Rete, o chi per lui, per bloccare la presentazione. Motivo ufficiale: come non presentiamo film vietati ai minori, così facciamo con i romanzi. Più probabilmente, si dice, la storia della misteriosa morte del senatore cattolico (la parola democristiano non viene mai fatta nel libro) e alcune sequenze erotiche hanno turbato i dirigenti televisivi così come nell’80 Altri Libertini turbò l’allora magistrato dell’Aquila Bartolomei, fino a spingerlo al sequestro”.

    Rimini non è solo un romanzo, ma un luogo che identifica gli anni Ottanta, mettendo in scena la riviera romagnola come se fosse lo specchio su cui si riflettono i sogni e i desideri dell’Italia dell’effimero e della leggerezza. Tondelli attraverso il romanzo compie un’operazione che lo porta a tentare la strada della narrazione “tout-court” proprio per essere in linea con il carattere che ritrova nella forte simbologia del luogo: una Rimini che è una città-giocattolo, un grande luna park estivo, vissuta dentro gli eccessi e in quella dimensione dell’immaginario collettivo che la trasforma radicalmente per tutta una stagione, destrutturandone l’identità e amplificando quei caratteri della finzione ad uso del turismo di massa. Ai maestri a cui guardare, come Celati, Isherwood, Kerouac, Chandler, John Fante, aggiunge Piero Chiara, il formidabile, fortunato raccontatore di storie della Lombardia lacustre.

    Infine viene riletta come una “Rimini Compilation” la colonna sonora suggerita da Tondelli, curiosissima se riascoltata oggi, con quel sound degli anni Ottanta tra new wave, elettronica, pop sofisticato che rappresentava l’alternativa internazionale all’Estate al mare di Giuni Russo, ai ballabili dei Righeira e ai fotoromanza di Gianna Nannini. E Lu Colombo, che aveva appena vinto il premio Saint-Vincent, intonava la sua dolce nostalgica Rimini su testo di Denis Gaita.
    Cordiali saluti con Affetto
    Davide Fent
    @davidefent

  4. La mancanza di proposte nel merito è sicuramente un limite oggettivo dell’intervento, ma l’analisi è pienamente condivisibile. Lascerei invece le accuse di radicalismo-chic e stereotipi associati ai disagiati leghisti che ci affliggono quotidianamente, categoria a cui sono certo lei , Dr.Caso, non appartenga.
    Senza mai dimenticare che chi ci amministra è stato scelto dai comaschi (in particolare da chi ha interesse sempre e solo per il proprio orticello e non vede un metro oltre la propria saracinesca o tavolino…….)

  5. Neppure io sono d’accordo. Mi spiace. È indiscutibile che non si può impedire alla gente di passeggiare per Como e godersi per una sola giornata il panorama e le bellezze della città. Non si può impedire a nessuno di non andare al ristorante e di mangiare sulle panchine dei giardini a lago il panino portato da casa. È altrettanto vero però che l’offerta turistica non consente nulla di più e sembra costruita apposta per il gitante domenicale e non il turista. Non è un problema di radical chic o, come detto da altri, di élites, è un problema politico. Una città che non offre nulla è una città che può essere visitata con una gita, in 24ore come dicono le offerte turistiche di cui parlava una brillante commentatrice. Una città che è allestita per fare compere non è una città turistica ma un ipermercato in una location formidabile. Ci vieni una volta e poi torni a quello sotto casa così almeno eviti il bagno di traffico. Bisogna volare più alto senza paura e puntare a trattenere i turisti per qualche giornata in più nella speranza di vederli ritornare al più presto. Altrimenti il turismo non diventa una risorsa economica ma solo un fastidio.

    1. Caro Gioele,
      mi illudo che ‘la brillante commentatrice sia io’….
      Swoon.
      Grazie di cuore.
      Come si dice ‘We have a mutual appreciation thing going on’ in italiano? ?

  6. Condivido il suo pensiero, Carlo. La città in primis deve essere pensato per gli inabitanti. Non è che se una persona chiede per servizi e facilities (e negozi, e spazi per il pubblico e per l’uso comune e non solo per i privati) vuol dire che pecca di snobbismo o disprezza i gitani che ovviamente hanno il sacro diritto di apprezzare le bellezze comasche come qualsiasi altra persona. Chiediamo soltanto di mettere il comasco – ricco o meno ricco che sia – al centro del dibattito e non sempre soltanto gli interessi di pochi. Tutto qua. Poi, sinceramente, tutti queste etichette – sia radical chic / snob sia fascista ecc ecc cominciano a stancare assai. Capisco che abbiano un certo richiamo umanamente tribale e un appeal per i lettori (e di conseguenza per i giornalisti…. o è vice versa?) ma non fanno altro che semplificare cose (le persone, gli eventi, le motivazioni ecc ecc) molto complesse. Sonomolto riduttivi. Il turismo ha i suoi pros and cons. L’overtourism è riconosciuto in tutto il mondo – da Venezia a Barcellona a Cornovaglia a Interlaken per citare qualche esempio eclatante soltanto in Europa – come qualcosa che porta dei seri svantaggi per gli inabitanti e cambiamenti radicali per le zone turistiche. Va gestito, governato. E i residenti non vanno lasciati ai margini del dibatto.

  7. Quando si parla di turismo, forse sarebbe importante una precisazione preliminare: una cosa è il turista che soggiorna per alcuni giorni sul territorio e un’altra è il gitante mordi e fuggi, che in giornata arriva e se ne va.
    Il primo consuma e spende in maniera diffusa e distribuisce sul territorio una (piccola, media, grande) ricchezza.
    Con il secondo ci muoviamo in una forbice che va dal caffè alla pizza margherita.
    Se quindi la critica di Nessi è rivolta a iniziative promozionali della giunta rivolte ad affascinare il turista “di giornata”, il suo intervento ha sicuramente un certo fondamento.
    Rimane il fatto che il discorso finisce davvero per scivolare su toni decisamente ambigui. E da sinistra sarebbe lecito aspettarsi qualcosa in più fine.
    Un’occasione persa è anche in richiamo a Venezia, che proprio sulla gestione del turismo “mordi e fuggi” aveva trovato una soluzione decisamente originale: i tornelli e gli ingressi contingentati.
    Idea di destra? Di sinistra? Di semplice buon senso? Parliamone.
    Sicuramente chi vive a Como sa benissimo che gli accessi in città si strutturano su 3 assi principali (la Pasquale Paoli da sud, Borgovico da nord/nord ovest e la Briantea per chi arriva da est).
    Se vuoi limitare le macchine in centro non basta certo scoraggiare gli automobilisti con la prospettiva di posteggi a prezzi esorbitanti.
    Devi pensare ad aree di sosta di cintura e mezzi pubblici che fanno la spola tra il centro e la periferia.
    Tutto sommato, un pendolino Lazzago-Como Lago avanti e indietro senza soluzione di continuità mi sembra ancora la soluzione migliore.

  8. Questa volta caro Emanuele non condivido assolutamente quanto scrive, che francamente mi sembra più una posizione politica “contro” Nessi che pragmatica, posizione che dovrebbe essere finalizzata a come meglio gestire il compromesso tra cittadini, rispetto dei luoghi, economia e il sacrosanto desiderio da parte dei gitanti di vivere anche solo per poche ore una bellezza come Como.
    Lo snobismo e i radical chic nulla centrano, il modello é una città Lunapark (come ahimè moltissime altre) oppure una città dove innanzitutto si VIVE, e possibilmente al meglio, perciò con infrastrutture e servizi principalmente finalizzati ai residenti, dopodiché anche infrastrutture dedicate ai gitanti, ma con una visione e soprattutto infrastrutture che devono avere un corretto corrispettivo economico.
    i parcheggi? Certo, ma con un congruo pagamento, oppure si pensa di offrire vuole ad 1€ ora il parcheggio a tutti?

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