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Neve e scuole. Riflessioni di una prof: “Perché chiudere? Uniamo i banchi e chiacchieriamo”

Valentina Romano ama molte cose (la sua famiglia, i suoi libri, il suo latino e la pallavolo, giusto per dire). Poi, volendo esser dettagliati, bisogna spiegare che Valentina ama smodatamente il proprio lavoro, insegna Lettere al liceo Giovio.

Questo vuole e sa fare: crescere con i suoi studenti in un contesto dove alla norma del sapere s’accompagna la conoscenza del mondo e delle persone che lo abitano. La nozione così diventa umana, riconoscibile, collocabile e, dunque, più comprensibile.

Negli anni (e, credete, nulla le è più lontano della ricerca di visibilità) è spuntata molto spesso fra giornali e telegiornali perché, tra metodo e pura passione, i suoi insegnamenti, appunto, superano con genialità la didattica e diventano modelli di riferimento, storie da raccontare.

D’altronde non c’è studente (o ex discepolo) che non provi, minimo, assoluta venerazione nei confronti della prof.

Così oggi – nelle ore in cui la Provincia, che ha competenza sulle superiori, ha (tardivamente) deciso di chiudere le scuole in vista dell’annunciata neve di domani (qui i dettagli) – LaRomano, stecca nel coro delle consuete polemiche Social, ha offerto un punto d’osservazione libero, seducente, diverso, ragionato, da leggere.

Perché chiudere gli istituti? Cosa può diventare una scuola (magari pure semideserta) nei giorni ovattati e bianchi? Ecco Valentina:

Mah.
A me questa cosa che domani le scuole sono chiuse per la neve (che peraltro ancora non s’è vista, ma mi fido) non mi piace proprio.
Potrei capire il senso di chiudere le scuole superiori, che hanno un ampio bacino d’utenza… Ma gli asili, le elementari, le medie? Salvo eccezioni, dovrebbero essere più o meno sotto casa: il disagio vero non è come raggiungere la scuola, ma è quello delle tante famiglie che non sanno a chi lasciare i propri bambini se le scuole sono chiuse.
Comunque.
Mettiamo pure che cada tantissima neve stanotte.
Facciamo finta che domani non siano chiuse le scuole e pure che la viabilità sia compromessa, ma non poi così tanto visto che magari il Comune, che era allertato, si è organizzato con spazzaneve e sale (si spera).
Mettiamo che Pinco Pallino esca un po’ prima di casa (perché è da una settimana che dicono che nevicherà) E quindi la sveglia l’ha messa prima e si è preparato giacca cappelli guanti e mutande di ricambio.
E mettiamo che a scuola ci arrivi, un po’ dopo, ansante e sudato, ma che ci arrivi: andandoci a piedi con i doposcì o prendendo il suo bus stramaledettamente pieno o in ritardo.
Mettiamo anche che, a scuola, lui e i suoi compagni siano pochi: si uniscono i banchi, si chiacchiera col professore, si conosce meglio il compagno, si fa un bel ripasso, si fa una lezione diversa e fuori è tutto bianco, mai si era vista una scuola così bianca. Strano.
Mettiamo infine che la scuola abbia un cortile e che gli alunni all’intervallo, nonostante le raccomandazioni degli insegnanti, si mettano a giocare furiosamente a palle di neve, tornando fradici in classe…

Ebbene, a tutte queste cose sappiate che io sono orgogliosamente e felicemente sopravvissuta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un commento

  1. Vero, anch’io, che ho 77 anni, ne ho viste tante ma mai le scuole chiuse per neve. I comuni, comunque ai miei tempi, avevano meno mezzi moderni per pulire le strade, usavano camion con lo spalaneve, trattori con la slitta (cala) e gente di buona volontà con i badili, ma a scuola si andava.

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